Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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29 gennaio 2011

Gli specchi della memoria

La fotografia è uno strumento che consente di conservare la memoria, di documentare eventi e di rimanere sempre uguale a se stessa, pur essendo soggetta ad interpretazioni personali.
L’utilità e gli obiettivi della fotografia delle origini sono stati snaturati dal fiume visivo che invade quotidianamente tutti i media e che rende i fruitori sempre più insensibili ed incapaci di cogliere le sfumature di significato più profonde.
Allo stesso tempo, però, le immagini sono capaci di suscitare emozioni, di svelare inganni e di crearli, di racchiudere al loro interno una serie di implicazioni che il destinatario non sempre riesce a spiegarsi.
Il fotogiornalismo nasce all’interno di una società non ancora avvezza all’uso delle immagini, soprattutto se accompagnate ad un testo scritto. La diffidenza nei confronti della fotogiornalismo è stata, in alcuni casi, deleteria per lo sviluppo della materia e il lavoro dei professionisti di questo settore è stato spesso disprezzato o sottovalutato.
Lo sviluppo del fotogiornalismo non è stato però uguale dappertutto; i centri nevralgici per lo sviluppo della fotografia e per i futuri fotogiornalisti negli anni ‘30, sono stati soprattutto la Francia e la Germania.
Gli Stati Uniti, invece, si sono serviti della professionalità degli stessi fotogiornalisti europei, soprattutto durante la seconda guerra mondiale, per sperimentare la funzione delle immagini all’interno delle redazioni giornalistiche, come nel caso del settimanale Life.
Diversamente dalle nazioni citate, in Italia l’attività del fotogiornalismo attecchisce tardivamente e diventa centrale soprattutto negli anni della nascita dei grandi settimanali. Infatti, lo sviluppo del fotogiornalismo e quello dei settimanali vanno in un certo senso di pari passo; questo tipo di pubblicazione nasce come approfondimento e viene aiutato proprio dal fotogiornalismo a sviluppare nuove tematiche, contribuendo alla crescita dei lettori e delle testate.
La figura del tutto innovativa del fotogiornalista inizia ad essere fondamentale all’interno delle redazioni e svolge un’attività del tutto nuova, a cui vengono commissionati reportage e servizi fotografici per ampliare l’offerta del prodotto editoriale. Alcune testate si fanno grandi anche grazie al lavoro eccelso di alcuni fotogiornalisti, capaci di immortalare scene suggestive provenienti da ogni parte del mondo.
Le biografie di alcuni dei più importanti reporter del mondo, fanno capire come siano necessarie l’esperienza e la professionalità per comprendere l’importanza di scattare delle fotografie, che avranno poi la responsabilità di mostrare ai posteri le realtà del passato o quelle geograficamente lontane.
Gli aspetti tecnici e gli strumenti utilizzati per produrre le immagini risultano di grande essenzialità, soprattutto per la qualità e lo sviluppo della professione.
In questo periodo, il fotogiornalismo vive una stagione non troppo felice, perché non viene più riconosciuto al professionista di questo mestiere e al suo lavoro un ruolo primario nelle redazioni e soprattutto non si dedica più alla fotografia d’autore uno spazio privilegiato.
Neri Fatigati nel suo libro Il mestiere di vedere parte dalla storia della fotografia ricordandoci che lo sviluppo delle prime strumentazioni di riproduzione dell’immagine viene fatto risalire ai tempi di Aristotele, per poi passare al genio di Leonardo da Vinci e alla sua invenzione della camera obscura. Il problema del fissaggio delle immagini fu risolto, invece, da Niépce insieme al francese Daguerre nei primi dell’800. La storia della fotografia si avvale anche di nomi come quello dei noti fratelli Lumiere, di Talbot e di George Eastman, fondatore della Kodak.
La fotografia suscitò molti dibattiti riguardanti il suo uso e accese polemiche sul suo rapporto con l’arte. Infatti, molti pittori e letterati come Baudelaire, Barthes , Zola, Degas si interessarono alla fotografia, accostandola a stili pittorici e della scrittura come l’impressionismo e il naturalismo. Nel contesto della definizione di un linguaggio per la fotografia, nacque anche la corrente del pictorialism, tendenza artistica che cercava a tutti costi per la fotografia un riconoscimento culturale. Negli anni ’30 si sviluppò la corrente della straight photography, che sperimentava una fotografia pura, diretta, teorizzata da Alfred Stieglitz e praticata da Paul Strand. Alcuni nomi come Edward Weston e Ansel Adams hanno contribuito in maniera massiccia alla crescita del linguaggio fotografico. The Family of Man è l’opera fotografica di Edward Steichen del 1955 che fa parte della corrente della concerned photography (fotografia impegnata), ed ha come scopo quello di mostrare l’espressività della fotografia.
Nel secondo e nel terzo capitolo del suo libro Neri Fadigati ripercorre in breve la storia del fotogiornalismo internazionale, accennando a fotografi come Jacob A. Riis, e Lewis W.Hine. La nascita del fotogiornalismo si deve a fotografi internazionali come Erich Salomon, Felix H. Man e Stefan Lorant. L’esperienza del setimanale Life fu invece iniziata da Henry R. Luce, anche co-fondatore di Time; lo stesso Fadigati ammette che “queste riviste segnarono profondamente la trasformazione sociale che nel secolo scorso portò al formarsi della società di massa e del moderno sistema della comunicazione”. Il settimanale puntò molto sul fotogiornalismo, servendosi dei rappresentanti del fotogiornalismo mondiale come André Kertész, Robert Capa e W.E. Smith, di cui poi descrive anche la vita avventurosa e le numerose collaborazioni. L’autore si sofferma anche su brevi biografie di altri fotogiornalisti come Alfred Eisenstaed, W. Eugene Smith e Margareth Bourke-White, una delle prime donne ad affrontare il mestiere. Degno di menzione è anche il gruppo parigino composto da David Seymour, Robert Capa ed Henri Cartier-Bresson, fondatori nel 1937 di una delle prime agenzie fotografiche al livello mondiale, la Magnum Photos, tutt’oggi ancora in attività. Le vite di questi fotogiornalisti sono accomunate dalla voglia di documentare scene della vita reale, come le guerre mondiali, che in quegli anni affliggevano l’Europa; si spostavano come vagabondi, a volte al seguito delle truppe e catturavano alcune delle immagini che hanno poi fatto storia, mostrando a tutto il mondo gli orrori della guerra, la povertà, le macerie secondo un loro personale punto di vista. Alcuni di loro hanno pagato con la propria vita questa volontà di ritrarre la realtà in tutta la sua crudezza, ma il loro ricordo vive in quelle che sono considerate dei veri e propri “specchi della memoria” e cioè le loro foto.
Lo sviluppo del fotogiornalismo italiano è ampiamente trattato nei capitoli quarto e quinto. Fadigati riprende lo sviluppo storico-tecnico della fotografia italiana, per poi passare alla nascita dei rotocalchi partendo da Omnibus e Tempo, che lanciarono il modello del rotocalco puntando sulla i due fotografia sociale riscuotendo grande successo di pubblico.
Omnibus è il settimanale di Leo Longanesi, che usava la fotografia a fini espressivi o satirico-polemici; Tempo edito da Arnoldo Mondadori, ebbe un interesse straordinario per i “fototesti” e soprattutto fu il primo rotocalco ad usare regolarmente immagini a colori. Tra i fotogiornalisti che collaboravano con Tempo, ci fu Federico Patellano, comunemente considerato il padre del fotogiornalismo italiano, il quale viaggiò per tutta Italia, documentando la ricostruzione post- bellica e la situazione meridionale, e poi, una volta diventato free-lance, girò tutto il mondo con il figlio Aldo.
Elio Vittorini, invece, ha il merito di aver fatto conoscere in Italia i lavori dei maestri americani della fotografia e di averla introdotta nel linguaggio culturale italiano. Lo scrittore pubblicò un suo articolo sul settimanale Cinema nuovo, che introdusse in Italia i “foto documentari” e alternava immagini di set cinematografici ai ritratti dei divi più in voga.
Fadigati svela anche l’etimologia della parola inflazionata “paparazzo”, che si presuppone sia il soprannome dato al fotoreporter Tazio Secchiaroli, sempre in cerca di qualche personaggio famoso da cogliere in flagrante.
Nel secondo dopoguerra si fece strada un nuovo tipo di settimanali, più interessati ad un certo tipo di target e anche più inclini a trattare tematiche sociali legate alle rivoluzioni sociali in atto soprattutto negli anni ’60. Epoca fu il più importante tra quei rotocalchi perché segnò una svolta all’interno del fotogiornalismo italiano. Infatti, si occupò di molti eventi storici come la ricostruzione post-bellica, la guerra nel Vietnam, grandi servizi monografici sull’Africa, la vicenda di J.F. Kennedy. Il merito di Epoca fu quello di aver trovato una buona sintonia con i suoi lettori e di seguire con abilità vari tipi di tematiche, da quelle più impegnate a quelle più frivole, allargando il target dei suoi lettori abituali. Fadigati passa poi in rassegna le diverse modalità di raccontare l’alluvione del 1966 su tutti i rotocalchi già citati, aggiungendone altri, tra cui L’Espresso, Specchio, l’Europeo e la Domenica del Corriere.
Nel sesto capitolo l’autore affronta la tematica relativa alla fotografia e il suo rapporto con la comunicazione, offrendo scenari futuri sullo sviluppo del fotogiornalismo. Nella sezione dedicata all’appendice troviamo anche consigli pratici per l’uso corretto della macchina fotografica e delle note per un corso di fotografia.
Nel suo complesso il libro di Neri Fatigati è scritto con uno stile semplice e di immediata comprensione, anche se di tanto in tanto, sono presenti degli errori di stampa. L’argomento è trattato con coerenza e linearità, ma forse sarebbe stata utile la presenza di molte più fotografie ed immagini, vista la tematica affrontata; infatti, il lettore dovrebbe ritrovare un riscontro tra la descrizione delle opere e le immagini, per poter apprezzare tutti gli autori citati nella loro interezza e poter offrire un proprio punto di vista sulle opere. La disamina degli autori può sembrare a volte solo un lungo elenco di nomi, ma si pone come necessità per la trattazione generale dell’argomento; il libro è, quindi, solo un’introduzione della materia e rappresenta solo uno spunto per l’approfondimento sul tema del fotogiornalismo e dei suoi esponenti.
Francesca Moramarco

Neri Fadigati
Il mestiere dei vedere. Introduzione al fotogiornalismo.
Pisa, Plus, Pisa University Press, 2009, 182 pp.
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