Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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21 maggio 2011

La manomissione delle parole

Manomissione è una di quelle parole polisemiche che, grazie alla caratteristica di essere portatrici di più di un significato, sono dotate di una particolare ricchezza, cosa che permette di giocare con loro, esplorandone i diversi piani.

Manomettere, nel suo primo significato, vuol dire forzare, alterare, violare; nel diritto romano assume invece il significato di restituire la libertà a uno schiavo. In questo saggio, che Carofiglio per modestia preferisce chiamare “gioco di sconfinamenti, antologia anarchica, ricerca di senso”, i due volti della parola sono entrambi protagonisti, perché l’autore si propone di restituire alle parole, e ad alcune di esse in particolare, il loro significato perduto; il suo obiettivo è ripristinarne la pienezza dopo che, per troppo tempo, deliberatamente o inconsapevolmente, ne è stato fatto scempio, dopo che sono state svuotate, distorte, abusate, piegate al servizio del potere, che, in ogni epoca, compresa la nostra, tende a plasmare il linguaggio per i propri scopi. Il fenomeno non risparmia neppure le parole del diritto, un lingua oscura, “sacerdotale piuttosto che tecnica”.
La prima lettura di questo saggio mi ha richiamato alla mente l’osservazione di Umberto Eco contenuta nelle Postille a Il nome della rosa, in cui Eco sottolinea come i libri parlino sempre di altri libri, come in un gioco di specchi. Qui i libri citati, e “presi a prestito” per costruire e puntellare e un percorso di grande coerenza e complessità, sono tanti, e per una strana combinazione, molti sono testi in cui mi sono imbattuta in questi ultimi mesi, nel mio percorso di studi: Carofiglio cita la Retorica di Aristotele, a proposito del sentimento, oggi desueto, della vergogna; c’è Orwell, con la neolingua di 1984, che rimanda al pericolo dell’eliminazione delle parole importanti, insieme ai concetti a cui si riferiscono; poi troviamo due filosofi del linguaggio, Wittgenstein (“I limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo”) e Austin (Come fare cose con le parole) che pongono l’accento su due concetti: che il sapere sulla lingua è un sapere sul mondo e che il dire è un fare; per finire, c’è Italo Calvino, con l’articolo Per ora sommersi dall’antilingua, che denunciava, nel 1965, la pervasività del burocratese, caratterizzato dal “terrore semantico”, ovvero dalla fuga davanti alla concretezza delle parole e dei significati. Molti altri i riferimenti, tratti da opere diverse tra loro nel tempo e nello spazio, tra gli altri: la Bibbia, Dante, Skakespeare, Primo Levi, Giorgio Scerbanenco, lo stesso Carofiglio di Ragionevoli dubbi, fino alla poesia in musica di Bob Dylan e Bob Marley. Le parole importanti, preziosi congegni che Carofiglio manomette, smonta e ci restituisce nuovamente funzionanti sono: Vergogna, Giustizia, Ribellione, Bellezza e Scelta. Tutte indissolubilmente legate fra loro. Sono le tante facce dell’essere Uomo.
Elisabetta Ferrando



Gianrico Carofiglio

La manomissione delle parole
Milano, Rizzoli, 2010, 198 pp.

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