Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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11 ottobre 2011

Il film "americano" di Paolo Sorrentino

Esce il 14 ottobre nelle sale cinematografiche italiane il nuovo film firmato Paolo Sorrentino, This must be the place. Dopo il grande successo de Il Divo, suggellato da un' ottima critica italiana e straniera e dalla vittoria del Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes 2008, il regista partenopeo torna dopo tre anni sul grande schermo e lo fa con un film internazionale. Girato tra l'America e l'Irlanda, interamente in lingua inglese e con un cast eccezionale capitanato da Sean Penn, il film, dopo aver ottenuto un riscontro positivo alla sessantaquattresima edizione del Festival di Cannes, è senza dubbio una delle novità più attese dagli appassionati di cinema e c'è già chi mormora una sua candidatura agli Oscar 2012.
Sorrentino, nonostante abbia potuto contare su un budget impensabile per un film italiano, 28 milioni di dollari, in gran parte assicurati dalla produzione italiana (Indigo Film, Lucky Red e Medusa), in parte frutto di accordi di co-produzione con Francia e Irlanda, non ha rinunciato ad alcuni dei suoi più fidati collaboratori come Umberto Contarello per la sceneggiatura, Cristiano Travaglioli per il montaggio e Luca Bigazzi per la fotografia.
Il regista sceglie Sean Penn come protagonista del suo film. I due si incontrarono durante il Festival di Cannes 2008 in cui l'attore ricopriva il ruolo di Presidente della giuria, promettendosi reciprocamente di lavorare al più presto insieme. Nonostante la volontà di concedersi un anno di pausa dopo la vittoria del suo secondo premio Oscar con il film Milk, Penn decise ugualmente di prendere parte al progetto di Sorrentino. Lo troviamo così immortalato sulla locandina del film, con una chioma nera cotonata, le labbra truccate di rosso e gli occhi bistrati di nero alla Robert Smith dei Cure. Interpreta Cheyenne, un ebreo cinquantenne ed ex rockstar depressa e annoiata che va a trovare il padre in fin di vita ma trovandosi dall'altra parte del continente, arriva troppo tardi per dargli l'ultimo saluto. Scopre solo in quel momento, sfogliando le pagine di un diario del padre, che era stato prigioniero in un campo di concentramento e tra le terribili azioni di cui fu vittima ricorda, con grande rancore, l'umiliazione subita da una guardia del lager. Per tutta la vita aveva cercato invano di vendicarsi dando la caccia al criminale nazista. Cheyenne decide così di proseguire l'opera mettendosi alla ricerca di quell'uomo che tanto aveva segnato la vita del padre.
Uno degli elementi chiave del film è la musica, come peraltro accade spesso nei film di Sorrentino. Il titolo del film è tratto da un pezzo dei Talking Heads di David Byrne e la colonna sonora è firmata proprio da lui che ritroviamo anche nel cast insieme a Frances Mc Dormand, Harry Dean Stanton e Eva Hewson, figlia di Bono degli U2.
Sorrentino dopo il successo delle sue precedenti pellicole, L'Uomo in più, Le conseguenze dell'amore, L'amico di famiglia e Il Divo, torna a far parlare di sé dimostrando, non solo al pubblico nazionale ma anche a quello straniero, che il cinema italiano non è un cinema spazzatura incapace di attraversare i confini nostrani e convincere la critica fino a strappare premi e riconoscimenti importanti, ma un cinema maturo, capace, ricco di elementi interessanti incorniciati in uno stile eclettico e sofisticato fatto di immagini e inquadrature vorticose da capogiro.
Resta solo l'attesa di pochi giorni per scoprire se il debutto americano del regista napoletano sarà ritenuto all'altezza delle aspettative ed entusiasmerà il pubblico italiano.
Camilla Andrianopoli
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