Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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23 gennaio 2012

...Azzurro, grigio e verde: Raffaella Marinacci....

Un alone di luce fioca attraversa, come d’incanto, le tapparelle semisocchiuse del suo studio, illuminandole il volto per un preciso istante…. un quadro. Il sorriso dietro la tela, il suo odore inconfondibile di acquaragia: questa era Raffaella Marinacci, in arte Lella Ciccone, una tavolozza sempre in mano, i pennelli ordinati e il cavalletto a vista, la sua pennellata distinta e riposante.
Lella nasce ad Avezzano il 6 agosto 1920, ultimogenita di 4 figli. Il padre, Luigi Marinacci, è uno dei tre capofabbrica dello Zuccherificio di Avezzano. La mamma di Raffaella, Giulia Galletti, muore di tifo qualche settimana dopo averla data alla luce. Raffaella, incomincia a prendere in mano i pennelli fin da piccola, e nonostante non riesca a seguire gli studi che avrebbero desiderato fare, inizia a disegnare e a dipingere, esercitandosi per anni e anni nella copia delle opere di altri artisti. All’età di 18 anni copia una natura morta ottocentesca molto bella, unica tela della sua giovinezza che viene conservata.
Dopo essersi sposata interrompe la pittura per qualche anno, riprendendola dal 1955, per non abbandonarla mai più. E’ in questa epoca che inizia a produrre dal vero tutto ciò che la colpisce: “fiori in vaso”, “tavola con pesci”, “riva del mare con stelle marine”, “ricci e gambero”, “tavolo con selvaggina”, sono alcune delle sue prime opere. Dal 1960 vive con la famiglia a Treviso, dove il ricco paesaggio veneto di verde e di acque la ispira a produrre paesaggi, case, viali alberati, marine veneziane. Numerosi sono anche gli interni con figure. Trasferitasi con la famiglia a Padova nel 1972, inizia a viaggiare e a trarre ispirazione dai paesaggi di regioni italiane del sud e della Liguria. Nel 1979 consegue il Certificato di Studio dell’Accademia di Roma in “Storia e tecnica del disegno e delle arti grafiche”. Studia la tecnica del nudo e l’arte dell’incisione, iniziando a produrli. In quel periodo è massimala sua partecipazione a mostre e concorsi. Con uno di questi nudi vince nel 1979 il primo premio assoluto di corrente al Concorso Nazionale Gran Premio Veneto che si svolge a Vicenza.
La sua pennellata è carica di calde e dense tonalità di una tradizione figurativa paesaggistica, che oltre alle nature morte, ai fiori e agli scorci urbani, si esprime nelle intense vedute di Venezia e della riviera ligure, palpitanti di colori caldi e di luce, nonché di una grande carica emotiva.
L’immagine in questi casi porge contorni quasi magici e al classicismo elegante si innesta una vivace sintassi impressionistica. L’eleganza formale, la preziosità cromatica e il sapiente gioco dei riverberi luministici in lei non sono mai in termini di un freddo descrittivismo accademico ma spesso connaturati ad una sincera sensibilità poetica ed emozionale, ad una ispirazione spontanea, ad una serena affabilità umana e sentimentale. Azzurro, grigio e verde: nei suoi oli possiamo ammirare lo spettacolo incantevole di paesaggi luminosi come il Brenta, Asolo e dintorni, dove Lella Ciccone rivela l’amore per la semplice ma vera poesia utilizzando un linguaggio pittorico intriso di un fascino e una sensibilità fuori dal comune. Ogni sua opera è frutto di una elaborazione impegnata e costante, un’innata purezza tecnica e concettuale da cui nasce un quadro pulito, sereno, non privo di malizia, ma dolce, leggero ed elegante. La disinvoltura del tocco, la vivacità della tavolozza e l’aderenza alla realtà sono un’ esigenza spirituale del profondo animo della pittrice che dimostra, con evidenza, il suo profondo anelito a realizzare un mondo sereno, pacato,libero.
Alla prematura età di 74 anni, un male oscuro offusca la luminosità dei suoi occhi e spegne la dolcezza del suo sorriso, ma fallisce nell’intento di portare via con sé quel frammento della sua interiorità, riconducibile a una foto, un ricordo, un’immagine o meglio un quadro … cantore dell’anima, rapsodo di una speranza immortale. Era mia nonna.
Stefano Ciccone

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