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18 febbraio 2012
Il film "Diaz" premiato dal pubblico a Berlino
Diaz, Non pulire questo sangue, film di Daniele Vicari in concorso alla 62esima edizione della Berlinale è uno dei tre film della sezione Panorama ad aggiudicarsi il premio del pubblico. Co-produzione Italia-Francia-Romania, il film ripercorre le vicende della scuola Diaz, verificatesi in occasione del G8 del 2001.
Ecco le parole del regista, intervistato sull' "Unità" lo scorso 8 febbraio, alla vigilia dell'inaugurazione del "Filmfest" tedesco.
«Fin dai primissimi giorni della preparazione eravamo preda di un dubbio atroce: ci crederanno? Non solo gli spettatori, ma anche coloro che il film dovevano farlo, assieme a noi italiani. Mi sono premunito in due modi. Il primo è di metodo: nel film non c’è una battuta, una frase, un gesto che non vengano dalle oltre 10.000 pagine di documenti processuali che mi sono letto in due anni di scrittura del copione. Il secondo è stato strategico: ho preparato un video di 15 minuti ad uso “interno”, con tutti i dati necessari (numero dei feriti, numero dei poliziotti coinvolti…) e una selezione delle tante immagini girate a Genova in quei giorni, tutte reperibili in internet. Soprattutto quelle filmate da un ragazzo che si era nascosto sul tetto di un palazzo davanti alla Diaz, e che aveva girato l’arrivo e l’irruzione della polizia".
Un vero e proprio docu-film, dunque, quello girato da Vicari, che attendiamo di vedere anche sugli schermi di casa nostra (uscita prevista per il prossimo 13 aprile 2012). Vicari ha cercato di raccontare le vicende così come sono accadute, di portare sugli schermi la verità di una vicenda estrema, sconvolgente per la sua atrocità, in modo sempre non forzato né inasprito per crudezza e violenza. Solo a lavoro terminato, come previsto, si è potuta capire la portata di questa docu-fiction: quella della Diaz non è una vicenda solo italiana, bensì la sua eco esce dal territorio nazionale ed interessa tutti coloro che hanno il coraggio di non voltare lo sguardo altrove.
Commenta ancora Vicari: "Per l’Italia è uno snodo storico, perché quella notte si rompe un patto consolidato fra i cittadini e le istituzioni. Comincia la strada che ci ha portato ad una crisi che non è soltanto economica, ma anche istituzionale. Ma poniamoci una domanda: nei giorni successivi, per molte ore, alcuni cittadini di paesi della Comunità europea scompaiono letteralmente nel nulla, senza che le loro famiglie vengano avvertite, senza che ci siano accuse precise nei loro confronti. In altri momenti questo avrebbe comportato problemi diplomatici enormi. Perché non succede? Perché la vicenda è più grande dell’Italia stessa. Perché tutto il mondo sta prendendo una piega che diventerà evidente due mesi dopo, l’11 settembre 2001".
Anche per il fatto che, in quei giorni, tra i giovani della Diaz ci fossero anche molti stranieri (ben una quarantina di tedeschi, tra i 65 stranieri, su un numero totale di 90 giovani), il film ha avuto tale riscontro a Berlino, in una Germania che, è risaputo, non ha l'abitudine -ahimè più che altro italiana- di voltare le spalle al revisionismo storico. La sensibilità del pubblico tedesco ha premiato Vicari e il suo coraggio di raccontare una storia, la storia di tutti, della rottura del patto sociale a fondamento della nostra democrazia. Non a caso già nel trailer del film compare una citazione da Amnesty International: "La più grande sospensione dei diritti democratici in un paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale". Diaz racconta fatti analoghi a quelli che erano già stati raccontati da altri (per esempio nel film del 2003 Ora o mai più, di Lucio Pellegrini, con Jacopo Bonvicini e Violante Placido, sulle violenze nella caserma di Bolzaneto), ma lo fa in modo nuovo, forte, senza paura di dire come sono andate realmente le cose.
Lo aspettiamo sui nostri schermi.
Elettra Antognetti
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