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30 maggio 2012
Social network e organizzazione democratica del consenso
I social network fucina di una nuova tipologia di organizzazione del consenso? Laboratorio sperimentale di una modalità inedita di proporre un’offerta politica? Prossimi sostituti delle democraticissime urne? Fidi collaboratori di una collettività che mal tollera gli ormai vecchi e antiquati metodi di legittimazione della leadership? Ebbene, la composita e colorita famiglia di Facebook & co. potrebbe andare oltre questi rivoluzionari intenti, arrivando persino a rimodulare in versione 2.0 la classica teoria del cittadino come detentore della reale sovranità e delle autentiche prerogative statali, per secoli minacciate, vilipese e sfregiate dall’orda autoritaria di dittature, totalitarismi, partiti-pigliatutto e (il)legittimi monopoli politico-corporativi.
Sulle reti sociali è facoltativo ribadire i concetti salienti che ne hanno decretato il successo planetario: il crollo dell’intermediazione fra emittente e destinatario, la perenne interscambiabilità degli attori-comunicatori, la nascita di un nuovo codice di lettura (se non tramite il mezzo stesso), scrittura e interpretazione dei contenuti, la moltiplicazione delle ideologie sociali espresse, i molteplici canali tecnologico-meccanici atti a ospitare le interazioni (computer, telefono cellulare, tablet, palmare, lettori musicali...) ed altri ancora. Una sovversione che ha riguardato pressoché tutti gli adepti della cultura occidentale e simil occidentale i quali hanno inaugurato una nuova era, l’era della condivisione: condivisione di contenuti, notizie, elementi, file, ma anche di etiche, di ideologie, di cause, di movimenti, di dinamiche sociali prima costrette alla continua latenza. Ed è così che da una specifica idea, propugnata da uno o pochi, possono nascere gruppi, comunità, associazioni virtuali decise ad abbattere ogni limite spazio-temporale e interagire dietro ad uno schermo e davanti ad una multimedialità di canali, linguaggi e scelte culturali-ricreative possibili.
Si parlava comunque dei network sociali come fabbrica di un inedito modo di “fare politica”, novità che sta investendo persino l’Italia del dominio imperituro dell’oligarchia dei mass media, del declino del giornalismo su carta stampata e della sempre più efferata spettacolarizzazione televisiva. E proprio dall’Italia provengono due recentissimi esempi di come Facebook e Twitter siano in grado di valicare la virtualità del web e giungere a bussare alle porte delle istituzioni repubblicane, esecutivo in primis.
Il “casus belli” di tale mobilitazione via internet è stato il sisma che ha colpito l’Emilia-Romagna domenica 20 maggio e martedì 29 maggio: di fronte alla calamità del terremoto, ai morti sotto le macerie nei comuni di Mirandola, Finale Emilia e San Felice sul Panaro, agli edifici (storici, commerciali e residenziali) gravemente danneggiati, il popolo 2.0 non si è sottratto alla “consueta” commemorazione e al cordoglio generale nei confronti delle vittime e ha prodotto, diffuso e condiviso fra gli utenti messaggi di speranza, immagini rappresentative, simboli del dramma, fotografie, inviti al soccorso via denaro o via volontariato. Impensabile, dunque, una presa di posizione opposta a questo “spirito” dominante, infrangibile.
Eppure c’è chi ha avuto il coraggio di scherzare e burlarsi della calamità in corso: Stefano Venturi, segretario leghista del comune di Rovato (Brescia), ha difatti pubblicato tramite il suo profilo Facebook la seguente frase “Terremoto nel Nord Italia...Ci scusiamo per i disagi, ma la Padania si sta staccando (la prossima volta faremo più piano)”. Un’affermazione di uno squallore allucinante che ha provocato lo sdegno furioso di migliaia di utenti; questi hanno riempito il post di Venturi con una mole impressionante di insulti e spergiuri tale da portare lo stesso bresciano, sommerso da un inarrestabile tam tam di aggressioni verbali, alle dimissioni da segretario del Carroccio di Rovato.
Un ultimo esempio di attiva mobilitazione virtuale “dal basso” ha riguardato l’ultima violenta scossa tellurica di martedì 29 maggio. I danni alla popolazione emiliana già colpita dal terremoto del 20 maggio sono aumentati a dismisura, le cifre necessarie alla ricostruzione sono volate alle stelle. Di fronte a tali impellenti necessità economiche, il popolo di Facebook ha protestato contro gli enormi sprechi delle istituzioni, invitando il sindaco di Milano Giuliano Pisapia a sospendere la visita del pontefice Benedetto XVI in occasione del Settimo Incontro mondiale delle famiglie previsto dal 1° al 3 giugno e il governo Monti ad annullare la tradizionale parata militare di sabato 2 giugno, 66esimo anniversario della nascita della Repubblica Italiana. A tal riguardo, i “facebookiani” hanno altresì consigliato di consegnare i cospicui fondi stanziati per l’organizzazione di entrambi gli eventi (si parla di svariati milioni di euro) a favore dei territori devastati dal sisma.
L’invito informale proposto sulle bacheche delle utenze si è tuttavia trasformato in una vera e propria petizione: il sito firmiamo.it ha difatti “ufficializzato” la proposta di annullamento delle manifestazioni e il dirottamento del denaro all’Emilia tramite una rigorosa raccolta di firme digitali eseguibili anche tramite accesso dal proprio profilo Facebook. La petizione, intitolata “Pro terremotati: stop alla parata del 2 giugno”, alla mezzanotte di mercoledì 30 maggio aveva già raccolto 12.219 adesioni a fronte di un obiettivo di 50.000 firme.
Paolo Giorcelli
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