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1932-2007 |
Nella storia della letteratura e nei luoghi comuni, il giornalista viene rappresentato come un uomo senza scrupoli, freddo e legato alle forze del potere. Ne sono un esempio la figura di Georges Duroy in Bel Ami di Maupassant, Riccardo Joanna nel romanzo della Serao o Lucien Chardon di Balzac e di esempi così se ne potrebbero citare molti altri. Queste rappresentazioni letterarie ci offrono un’immagine del giornalismo disincantata. In contrapposizione a questa visione negativa del giornalismo, Maria Nadotti ci propone l’immagine di un buon giornalista:
Ryszard Kapuściński, reporter polacco. La tesi di fondo sostenuta dal reporter è che per fare del giornalismo bisogna essere dei buoni esseri umani. È importante saper distinguere il cinismo dallo scetticismo, dal realismo e dalla prudenza, qualità necessarie per fare un grande giornalismo. La bontà d’animo permette al giornalista di ascoltare con sincerità gli altri e di raccontare storie; in fondo il giornalista deve essere anche un po’ psicologo, capire i problemi del proprio interlocutore e cercare di stabilire un rapporto empatico con esso. Per realizzare un reportage è fondamentale l’aiuto degli altri, per cui bisogna sapersi relazionare con il prossimo; il lavoro del reporter è un lavoro collettivo, in cui è necessario uno spirito di cooperazione, di buona volontà e di comprensione reciproca.
Il libro Il cinico non è adatto a questo mestiere - ora ripubblicato - documenta le conversazioni tenutesi da Kapuściński in tre occasioni: il primo incontro si è tenuto a Capodarco di Fermo (Ap) il 27 novembre 1999 nell’ambito del Convegno Di razza e di classe. Il giornalismo tra voglia d’élite, coinvolgimento, indifferenza. La seconda occasione è un’intervista condotta dal giornalista e fotografo, Andrea Semplici, il giorno seguente e infine il terzo incontro è avvenuto in occasione del convegno Vedere, capire, raccontare: letteratura e giornalismo alla fine di un secolo” nel 1994, in cui Kapuściński discute con lo scrittore e critico d’arte inglese John Berger, coordinati da Maria Nadotti. Attraverso il dialogo, la riflessione metagiornalistica è scorrevole e di grande attualità. Vengono dibattute le difficoltà, le responsabilità e le regole di chi lavora nel mondo dell’informazione oggi. Lo sviluppo delle nuove tecnologie, come l’avvento di Internet, sta rivoluzionando il modo di comunicare e di fare informazione. Il giornalismo sta attraversando una grande rivoluzione elettronica. In un’epoca in cui tutto è digitale, la domanda che tutti ci facciamo è: un computer potrà sostituire il lavoro di un giornalista? Cosa succederà al giornalismo ora che c’è Internet? Le risposte che ci fornisce Kapuscinksi sono positive e ricche di speranza, il lavoro del giornalista non finirà qui: “le nuove tecnologie facilitano enormemente il nostro lavoro, ma non ne prendono il posto”.
Kapuscinski racconta con grande dignità il mestiere del giornalista, mostrandone i compiti e i doveri e ridando spazio alla dimensione etica del mestiere, dimensione che oggi sembra dimenticata. Il giornalista è come uno storico e in quanto tale, oltre a descrivere un fatto, deve essere in grado di fornirne una spiegazione; l’obiettivo di chi scrive un articolo è far capire al lettore cosa è successo. I continui riferimenti alle sue esperienze di vita, come il racconto di quando lavorava come corrispondente in Africa, rendono le sue parole e i suoi insegnamenti più reali, più umani e poco accademici.
Questo libro, ricco di consigli di un uomo che si può considerare un vero e proprio maestro del giornalismo, è come una guida alla professione giornalistica, utile per tutti coloro che si vogliono avvicinare a questo mestiere e anche per tutti coloro che invece nutrono forti pregiudizi.
Maria Vittoria Dapino
Ryszard Kapuściński
Il cinico non è adatto a questo mestiere. Conversazioni sul buon giornalismo
a cura di Maria Nadotti
Roma, Edizioni e/o, 2011, 107 pp..
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