Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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21 giugno 2012

La fine dei giornali (scadenti)

La crisi degli imperi di carta! Gli ultimi giornali! La scomparsa delle riviste! La fine del giornalismo! Le cavallette!
È vero, vari fattori – tra tutti l’impatto considerevole di internet – hanno decretato una discesa nella vendita di giornali; se si guardano i numeri è chiara una drastica diminuzione di vendita dei quotidiani cartacei a partire dal 2000. Questo non vuol dire né che il giornalismo sia morto, né che i quotidiani abbiano perso quella importanza e quella funzione sociale che hanno avuto durante ‘800 e ‘900. Semplicemente nel XX secolo abbiamo visto quello che è stato l’apice di successo dell’informazione su carta. I giornali sono vivi, alcuni morenti, altri meno. Possiamo iniziare a decretare morto un giornale quando veramente non sarà più possibile acquistarlo in edicola (il resto sono allarmismi di pseudo-nostalgici).
Perchè alcuni sopravvivono ed altri no? Penso al Manifesto, il giornale indipendente e comunista, dalle magnifiche prime pagine e dalla curiosa situazione in cui i giornalisti erano anche editori e proprietari. La testata che nel 1996 vendeva oltre 34mila copie nel 2010 è scivolata a 19mila; nel 2006 aveva iniziato a chiedere soldi ai lettori con donazioni ed aumenti di prezzo del quotidiano, operazione riproposta due anni dopo quando la legge sui fondi all’editoria aveva ridimensionato gli aiuti pubblici. Donazioni, aumenti di prezzo (fino a 5 euro il giovedì) e fondi pubblici (4 milioni e 3 nel 2010) non sono bastati a tenere in vita un giornale simbolo dell’informazione di sinistra della seconda metà del ‘900. Perchè? Perchè nessuno lo leggeva più. È la più semplice legge di mercato, se nessuno è interessato a comprare, non si vende.
È inutile non rendersi conto di come internet, l’informazione immediata su tablet e smartphone, il giornalismo dal basso dei blog e i servizi su you-tube abbiano dato, e stiano dando, una scossa notevole all’equilibrio del giornale cartaceo. Eppure un buon prodotto continua a vendere, come? Offrendoti qualcosa che gli altri non possono darti. Penso alle riviste allegate, ai libri ad un euro, a cd, dvd e coltelli da cucina non vendibili singolarmente, all’inserto viaggi, cucina, salute, auto, orologi, a tutte le proposte che invitano il lettore ad andare in edicola la mattina. Penso all’idea geniale di De Bortoli (o chi per lui) della collana ‘I classici del pensiero libero’ che portò in edicola ad un euro Kant, Locke e Cartesio insieme al Corriere della Sera, o la rinascita dell’allegato domenicale (gratuito) della Lettura, con copertine ‘regalate’ da grandi artisti contemporanei. Penso alla collana ‘cucina facile’ di Repubblica - ogni venerdì e sabato un libricino colorato con ricette tematiche (un euro) - o alla collana dei racconti d’autore del Sole 24 Ore in allegato con la splendida Domenica. Queste cose su internet non si possono trovare, un giornale per resistere nella giungla dell’informazione telematica del 2012 deve riuscire a vendersi bene, ad allegare, a regalare, ad offrire qualcosa che gli altri non possono darti neanche sul web. È la dura legge del mercato.

Giulio Silvano

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