Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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26 ottobre 2012

I giovani “choosy”

La monotonia del posto fisso e la decadenza giuridica del lavoro: ovvero il governo dei non-retori

Se si dovesse consegnare un “pagellino” di valutazione pseudo-scolastica agli attuali inquilini di Palazzo Chigi, la sezione “retorica/dialettica/espressività” riceverebbe una bella insufficienza, con tanto di biasimo da parte della commissione giudicatrice. Ebbene, in questi quasi dodici mesi di governo tecnico Monti e compari hanno fatto pressoché di tutto per smuovere l’opinione pubblica (peraltro neanche troppo tenera nei loro confronti) con trovate, pensieri, riflessioni, dichiarazioni e battute a dir poco sconvolgenti e scioccanti, sentenze da far rabbrividire persino il peggiore degli imbonitori. Mattatori per eccellenza di questo delirio comunicativo sono stati il premier e la solita Elsa Fornero: a loro, difatti, va attribuita la teoria dell’impiego fisso monotono e il postulato del dinamismo del precariato, il nuovo scandaloso assioma giuridico del lavoro come non-diritto (presentato in anteprima in un’intervista all’Economist) e, ultimo in ordine di pronunciamento, la condanna inquisitoria dei giovani italiani, definiti con un pizzico di inappropriata estero-anglofilia, choosy, ovvero “schizzinosi” e capricciosi di fronte a un mercato del lavoro elastico, flessibile e in perenne movimento che non permette scelte discrezionali e arbitrarie. Insomma, il consesso ministeriale post-Berlusconismo è sempre più una desolante miniera di illazioni, offese, parole confuse, vilipendi, fraintendimenti, minacce velate e demagogia di terza scelta e le dovute conseguenze di questi atteggiamenti retorici, ovvero la moltitudine di indignati – specie giovani – che affollano le bacheche dei network sociali con violenti contro-insulti al mittente, dimostrano che questo Governo, già aspramente criticato per i cospicui tagli, il pressing fiscale e le varie ghigliottinate al sistema degli enti locali, non sappia neanche parlare ed esprimersi correttamente, perlomeno con una terminologia adeguata a rapportarsi con l’odierno complesso contesto sociale. Fallimento professionale di portavoce, addetti stampa, manager della comunicazione e filosofi-retori al servizio del sovrano? Chi può dirlo.
Le carenze espressive di Monti, Fornero & co. non sono tuttavia uno strumento subdolo e velato per mobilitare, facendola infuriare e scatenare uno tsunami di tweet, share, post e creazioni artistico-grafiche di protesta, l’opinione pubblica, né rappresentano la metamorfosi verbale delle loro teorie. Chi mai avrebbe il coraggio di affermare, intenzionalmente e consapevolmente, che il lavoro non è un diritto? Quale sarebbe l’individuo capace di bollare impietosamente come “schizzinosi” (oppure, à la mode anglaise, choosy) una moltitudine di under-30, fra cui brillanti laureati, ingegnosi dottori, elastici freelance e menti raffinate, impantanati nel baratro della disoccupazione e del precariato? E fatemi il nome del politico di turno fermamente convinto della monotonia del posto fisso e della necessità di una migrazione professionale da un impiego all’altro. Nessuno, infatti. Nessuno.
La questione è invece più semplice. Presidente e ministri sono solo pessimi retori, scarsi parlatori, latori di un’espressività verbale carente, inadeguata, ambigua e aperta alle più svariate interpretazioni. Il chiosare che “il lavoro non è un diritto” indica la mancanza – in questo caso della sig.ra Fornero – di chiarezza nella stesura di un discorso ben più articolato e argomentato, mal riassumibile nella forma base soggetto-verbo-complemento, l’accoppiata posto fisso monotono e precariato “divertente” suggerisce d’altro canto un maldestro tentativo di soffocamento degli allarmismi e delle preoccupazioni sociali, come pure il “famigerato” choosy tenta (senza successo) la strada anglofila (e modaiola) della mitigazione linguistica di un concetto considerato poco assimilabile se espresso nell’idioma nazionale.
Dunque, dobbiamo ancora inorridire di fronte a un Governo poco cauto persino nel risolvere problematiche unicamente orali e retoriche? L’unica soluzione è forse l’attesa di un nuovo esecutivo capace almeno di parlare bene e di esprimersi correttamente, notabili che possano dimostrare – in mancanza di altre doti – il minimo senso della lingua, il suo utilizzo e le sue strategie. Anche con l’ausilio di pratici manuali consultativi per demagoghi principianti.
Paolo Giorcelli
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1 commento:

Antonio Bovetti ha detto...

Sempre critiche a questi giovani: Prima erano bamboccioni ora sono schizzinosi! Mi schiero a favore degli attuali ventenni perché hanno molte difficolta causate dagli industriali italiani ed europei che, in questi ultimi 25 anni, hanno portato il lavoro in oriente senza pensare alle nuove generazioni. So che è squallido criticare un defunto ma non dimentico la battuta del banchiere Tommaso Padoa Schippa) che definiva i giovani “ bamboccioni!” perche stavano a casa con i genitori fino a eta avanzata. Mi sono documentato scrupolosamente e risulta che Tommaso Padoa Schioppa esce di casa a 20 anni, da Trieste va all’ università Bocconi per 5 anni (quasi sei per la precisione) poi va alla MIT di Boston negli Stati Uniti, per altri 5-6 anni. Tra le due prestigiose scuole fa il militare nell’esercito italiano con il grado di ufficiale e nei 18 mesi di naia 12mesi le sono pagati con regolare stipendio di sottotenente. Facciamo due conti 12 anni per gli studi universitari, più due di militare si arriva a 14 anni sommati ai 20dell’età si arriva all’ età di 34 anni. Mi chiedo: Chi ha pagato vitto, alloggio, viaggi (treno + aereo) e vestiario per i 12 anni di studi a questo Bamboccione? E’ semplice: Il papa Fabio Padoa Schippa amministratore delegato delle Assicurazioni Generali. Gli unici quattrini che guadagna il diligente Tommaso sono lo stipendio da militare. La sua carriera professionale inizia nell’anno 1968 alla Brenninkmeyer per poi passare alla Banca d’Italia e all’università in qualità di professore. Il signore in questione( nato nel 1940) si fece mantenere da papa fino a 38 anni circa, anche se da Fabio Fazio, ha detto che il bamboccione lo ha fatto fino a 20 anni. !! Morale: ragazzi quando vi insultano con questi nomignoli sorvolate e studiate più di chi vi critica. Questa è la migliore risposta!
Antonio Bovetti.

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