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05 febbraio 2013
Il giornalismo coraggioso de "L'Ora" di Palermo
Gli spunti che lo studio di storia del giornalismo ci offre sono molteplici e variegati. Nel corso della trattazione delle varie tematiche, però, mi è parso strano che non sia stato affrontato un esempio di giornalismo impegnato e militante (alla faccia di chi ci ha detto che il giornalismo è solo quello da Gossip!). Un esempio di giornalismo espletato con passione, con la stessa passione che, seppur in modo diverso, contraddistingueva Albertario, che "impugnava la penna come una spada".
Abbiamo avuto modo di prendere atto di quanto sia stato difficoltoso il permeare di una effettiva e funzionale macchina della stampa al sud italia, per tutti i problemi connessi al territorio e all'ingerenza della chiesa. Eppure, dopo Il Mattino di Edoardo Scarfoglio, anche a Palermo, agli albori del '900, nasce un giornale che farà la differenza, e del quale lo stesso Scarfoglio fu direttore.
Il primo numero de L'Ora esce il 22 aprile del 1900, per iniziativa ella famiglia Florio, e con il monito di farne espressione del malcontento della borghesia siciliana dinanzi la sordità della capitale e, più in generale, del nord Italia. A dirigere il giornale venne nominato Vincenzo Morello, uno dei più autorevoli giornalisti politici italiani del tempo. Prima di dirigere L'Ora, Morello aveva scritto sulla Tribuna di Roma, all'epoca il giornale più diffuso nel centro-sud. Accanto a Morello, sulle colonne dell'Ora scrissero Napoleone Colajanni, Francesco Saverio Nitti, Luigi Capuana, Antonio Borgese e Rosso di San Secondo.
Dal 1904, con la direzione di Scarfoglio, L''Ora divenne un giornale di respiro europeo, e vennero stipulati accordi per lo scambio di informazioni con altri grandi quotidiani stranieri tra cui Le Matin di Parigi, il Times di Londra ed il quotidiano statunitense New York Sun. Venne inviato un corrispondente a Tokyo ed aperti uffici di corrispondenza a Vienna e a Berlino. Sulle pagine culturali del giornale apparvero molte firme prestigiose tra cui quelle di Matilde Serao (moglie di Scarfoglio), Luigi Pirandello, Salvatore Di Giacomo e Giovanni Verga.
Continua, indomita, le pubblicazioni, fino all'applicazione delle leggi fascistissime che ne impongono la cessazione. Rinasce per diventare organo ufficiale del PNF siciliano. Passa poi, sotto la guida di Crispi, nipote del governatore.
L'aspetto, sicuramente, più importante, emerge a partire dagli anni '70 del '900. L'Ora è il primo giornale che osa intraprendere la pubblicazione di una serie di documentati e dettagliati articoli di inchiesta sul fenomeno mafioso in Sicilia, che riportano tra l'altro vicende legate all'ascesa del potere di un pericoloso delinquente dal nome di Luciano Liggio, ed ai legami sempre meno occulti tra il potere politico locale e la malavita organizzata. La prima puntata dell'inchiesta vede la luce il 15 ottobre del 1958, e prosegue con regolarità pubblicando foto e nomi di personaggi di spicco delle cosche siciliane, concludendosi due mesi dopo con un promemoria in dieci punti all'attenzione del Presidente del Consiglio dell'epoca, Amintore Fanfani, affinché venisse costituita una Commissione Parlamentare d'inchiesta sul fenomeno mafioso. La risposta della mafia all'avvio dell'inchiesta non si fa attendere: alle 4:52 del 19 ottobre 1958 la storica sede del quotidiano sita in piazzetta Francesco Napoli 5 venne devastata dall'esplosione di una carica di 5 chili di tritolo, che danneggia parte delle rotative. Il 20 ottobre il giornale è di nuovo in edicola con un titolo di testa a nove colonne in caratteri cubitali: "La mafia ci minaccia, l'inchiesta continua". L'attentato infatti, lungi dall'ottenere il suo obiettivo intimidatorio, aveva invece portato la coraggiosa iniziativa del giornale alla ribalta dell'opinione pubblica nazionale, e persino l'interesse della stampa estera sulle ramificazioni del fenomeno mafioso, rivelandosi per i malavitosi un clamoroso "boomerang". In seguito lo stesso Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat dichiarerà in Parlamento: «Ci voleva l'attentato all'Ora per scoprire che in Sicilia c'è la mafia».
Nel luglio del 1960 vi furono in tutta Italia manifestazioni di protesta contro il governo presieduto da Fernando Tambroni, e sostenuto dai voti del MSI, che furono represse con la violenza dalle forze dell'ordine. In Sicilia si contarono sei morti, di cui quattro nella sola Palermo. Il quotidiano L'Ora documentò con dovizia di particolari le violenze della polizia e dei Carabinieri contro la folla inerme dei manifestanti, fatti segno a colpi di arma da fuoco. A causa di queste cronache il giornale diventa protagonista di un clamoroso caso giudiziario: nel gennaio del 1961, per la prima volta nella storia della Repubblica, un quotidiano viene processato su iniziativa di un Procuratore della Repubblica e deve rispondere in Corte d'Assise dell'imputazione di "vilipendio del governo e delle forze di polizia"Il giornale prosegue nell'opera di documentazione dei fatti di cronaca, degli abusi e dei misfatti della pubblica amministrazione e delle gesta sempre più efferate dei malavitosi. I casi più rilevanti della cronaca siciliana, dalla strage di Ciaculli del 1963, al terremoto del Belice del 1968, al massacro mafioso di viale Lazio del 1969, trovano ampio risalto e documentati approfondimenti sulle pagine dell'Ora, che nel 1972 apre una seconda redazione a Catania. La rinomanza del giornale non è solo dovuta alle inchieste sulla mafia, ma anche alle numerose collaborazioni con giornalisti, artisti e scrittori del calibro di Renato Guttuso, Leonardo Sciascia, Salvatore Quasimodo, Felice Chilanti e Giuliana Saladino. Negli anni sessanta e settanta il giornale seppe gestire un incessante attività critico-culturale che culminò nelle battaglie civili ingaggiate dai suoi giornalisti, nonostante le minacce e gli attentati della mafia che giunse ad assassinare tre suoi cronisti: Cosimo Cristina (ucciso il 5 maggio del 1960), Giovanni Spampinato (ucciso il 27 ottobre del 1972) e Mauro De Mauro, quest'ultimo scomparso misteriosamente mentre stava lavorando ad un'indagine sul caso Mattei.
Il quotidiano cessò definitivamente le pubblicazioni il 9 maggio del 1992 salutando i propri lettori con un "Arrivederci" in prima pagina.
Melania Scrofani
*cfr. Giuliana Saladino, Chissà come chiameremo questi anni, a cura di Giovanna Fiume, Sellerio, Palermo, 2010, pp. 580.
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