Più giornalismo meno ideologia
a cura di Alberto Marchi
Torino, Aragno, 2013.
«Più giornalismo, meno ideologia», raccomandava Arrigo Benedetti. Lo udirono i grandi giornalisti cresciuti alla scuola del suo «Europeo»; loriudirono quelli che lo seguirono o che incontrò al suo «Espresso»; lo ribadì, lui laico, liberale e radicale, assumendo la direzione del filocomunista «Paese Sera» negli anni del terrorismo e della violenza diffusa. L’«ordine di servizio» appare in questo volume, rigoroso prontuario di buona scrittura giornalistica, rispettosa della grammatica e delle regole del mestiere, che Arrigo Benedetti seppe tessere con l’impegno civile e la necessità morale.
Arrigo Benedetti (1910-1976), un protagonista dell’informazione italiana del Novecento, esordì come scrittore sulla rivista «Il Selvaggio» diretta da Mino Maccari con racconti ambientati nella Prima guerra mondiale. Intrecciò presto l’impegno letterario con il giornalismo. Benedetti accanto a Mario Pannunzio, suo concittadino, amico e coetaneo, si formò con Leo Longanesi a «Omnibus», il primo rotocalco italiano, chiuso dal fascismo nel gennaio 1939. Con Pannunzio tentò allora di rilanciare il femminile «Tutto». Insieme andarono a dirigere «Oggi», anch’esso chiuso tre anni dopo dalla censura del Duce. Arrestato sull’Appennino Tosco-emiliano, dove aveva dato soccorso ad alcuni soldati alleati, nel carcere di Reggio Emilia Benedetti condivise la cella con il padre dei fratelli Cervi. Nel 1945 con l’editore Mazzocchi fondò l’«Europeo». Se ne andò nel 1954 in dissenso con il nuovo editore, Rizzoli, che voleva il settimanale più popolare. Scrisse allora sul «Mondo» e divenne inviato della «Stampa». Finché, grazie all’impegno economico di Adriano Olivetti, nell’autunno del 1955 fondò l’«Espresso». Tra i suoi romanzi, Paura all’alba (1945), Il passo dei Longobardi (1964), L’esplosione (1966), Il Ballo angelico (1968).
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