La guerra e le false notizie.
Roma, Donzelli, 2014, 105 pp.
Nel 1914 Marc Bloch va in guerra. Sergente di fanteria, dopo quattro anni memorabili e tremendi, ne uscirà col petto arricchito di cicatrici e di decorazioni, ma anche con una più piena consapevolezza del proprio mestiere di storico. Nei Ricordi di guerra 1914-1915 è proprio lo storico a impugnare la penna: in pagine che echeggiano Tolstoj, il caos delle battaglie viene evocato attraverso i particolari: gli sciami di pallottole delle mitragliatrici, le 'melodie funebri' delle granate, la morte anonima e vicina dei compagni, la stanchezza dei sopravvissuti e il 'segreto piacere' di chi ammira il proprio cappotto forato dai proiettili. Come il Fabrizio della Certosa di Parma di Stendhal a Waterloo, così Bloch nella battaglia della Marna si ritrova protagonista di un evento grandissimo, di cui non riesce a vedere e dominare che un microscopico frammento. Ma la sua testimonianza può diventare generale proprio perché l'autore ha scelto di non dire niente che non abbia personalmente visto e vissuto. L'esperienza individuale della guerra viene ripensata da Bloch nelle Riflessioni sulle false notizie della guerra (1921), all'interno di un ragionamento sulla critica delle testimonianze e sulla vecchia opposizione tra verità ed errore. La guerra è stata un 'esperimento immenso di psicologia sociale' e lo storico deve imparare a studiarla come tale. Il 'rinnovarsi prodigioso della tradizione orale, madre antica delle leggende e dei miti', ha creato un ambiente favorevole alla fabbricazione e diffusione delle 'false notizie' che hanno circolato nelle trincee. Bloch ne svela i percorsi, individuando nei grandi stati d'animo collettivi il sostrato che consente ai pregiudizi di trasformare una cattiva percezione in leggenda: una strada feconda, che lo porterà più tardi a concepire il grande affresco storico dei "Re taumaturghi".
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