Il saggio Studiare
giornalismo di Carlo Sorrentino ed Enrico Bianda è un tentativo di analisi
del mondo giornalistico come campo di negoziazione all'interno del quale si
muovono vari attori.
Il volume (edito da
Carocci, Roma, 2013) si apre con una riflessione sulla comunicazione: sono analizzati
i vari fattori presenti nell'atto comunicativo, e si conferma che la selezione
è caratteristica ineliminabile di ogni atto comunicativo. Qualsiasi atto
comunicativo infatti, anche quello più banale, è frutto di una selezione:
scegliamo l'argomento da trattare, l'interlocutore e il contesto. E' proprio
questa la base per fare giornalismo. E nel giornalismo, più che in ogni altro
ambito comunicativo, dalla descrizione della realtà ne scaturisce per forza una
ricostruzione: la notizia non è mai il fatto, non è quanto avvenuto, bensì il
suo resoconto. I media infatti selezionano, gerarchizzano e presentano i fatti
che accadono. Gli autori precisano più volte nel corso della prima parte che il
giornalismo non rispecchia la realtà, bensì la seleziona e la riproduce,
attraverso varie modalità di ricostruzione. Sorrentino arriva quindi a
introdurre il concetto di negoziazione giornalistica, illustrando quali sono i
soggetti che ne fanno parte (media, pubblico e fonti) e quali sono i loro
ruoli.
Gli autori analizzano poi
le origini della nozione di sfera pubblica e gli sviluppi della nozione stessa,
con particolare riferimento al contributo del sociologo britannico Thompson e
del filosofo tedesco Habermas, e si arriva all'affermazione dell'importanza del
giornalismo in una società così complessa come la nostra. E' vero, sì, che il
giornalismo è una di quelle cause principali di affollamento di fatti e idee
che complessificano il mondo sociale, ma è altrettanto vero che il lavoro di
ricostruzione dei fatti prevede una messa in ordine di una realtà che si fa
sempre più densa e affollata.
Ma un mondo così vasto
come quello giornalistico si può spiegare solo attraverso il concetto di campo?
Non rischia in qualche modo di essere appiattito/banalizzato? Sorrentino e
Bianda tentano allora di spiegare il giornalismo attraverso il concetto di
ecosistema superando quello di campo. All'interno di un ecosistema, dal punto
di vista scientifico, i soggetti sono tra loro in relazioni interdipendenti: nello
stesso modo sono i componenti dei processi comunicativi. Essi operano
all'interno di una struttura complessa, estesa, dinamica: le relazioni tra loro
sono continue, così come possibili sono le relazioni tra loro e qualsiasi altro
ambiente esterno. Grazie a questo punto di vista l'approccio ci permette di
superare il discorso di campo come spazio circoscritto all'interno del quale
gli attori agiscono solo in un quadro di relazioni pre impostato, e di
accogliere la tecnologia come dimensione estremamente incidente sulla
negoziazione giornalistica.
L'attenzione si sposta poi sul tema italiano, proponendoci una riflessione sulla nostra
storia: a causa della tardiva alfabetizzazione e del lentissimo sviluppo del
mercato pubblicitario, in Italia non si è sviluppata come negli altri paesi la
caratteristica distinzione manichea tra stampa popolare e stampa di qualità,
bensì un modello unico elitario, che progressivamente grazie
all'alfabetizzazione del paese e la crescita economica ha finito per costituire
un modello unico elitari in cui sono confluite le caratteristiche di entrambi i
tipi di stampa: si spazia infatti dalla vera stampa di qualità, con commenti e
opinioni espressi attraverso gli editoriali, alla così detta soft news, ovvero
quelle notizie leggere pubblicate per suscitare la curiosità popolare piuttosto
che per la sua effettiva rilevanza.
Gli autori poi delineano
in modo chiaro e conciso quella che è stata la storia del giornalismo italiano:
la storia di un mestiere che fa fatica a stare allineato con i modelli di
giornalismo che si affermano nelle altre nazioni europee a causa di una
popolazione che è in ritardo e con il fiato corto. L'alfabetizzazione tardiva e
l'industrializzazione lenta non permettono all'Italia di svilupparsi come vorrebbe,
sino all'avvento del fascismo, che, volente o nolente, accentua il profilo
pedagogico ma soprattutto politico di un giornalismo ancora acerbo.
Sorrentino e Bianda sono
molto esaustivi nel "raccontarci" la ricerca dell'avvenimento e i
compiti di colui che la cura sino a farla diventare notizia (gatekeeper), la
redazione di un articolo (dall'abc nelle fasi preparatorie alla messa in pagina
dell'articolo finito) e l'organizzazione del lavoro all'interno delle redazioni
italiane. Essi analizzano, infatti, la rilevazione di nuove logiche nel
processo produttivo, e trattano della nascita di nuove figure all'interno delle
redazioni: il cronista, l'inviato, la figura del deskista. Oltre al
professionista vi sono anche altri soggetti, ovvero le fonti e il pubblico.
Secondo gli autori, tuttavia, da qualche anno a questa parte possiamo parlare
anche di quarto soggetto: l'apparato tecnologico, sempre più presente
all'interno di redazioni, e sempre più utile al fine di ri-mediare le notizie.
Gli autori
non dimenticano di elencare i criteri di notiziabilità mettendo in luce
soprattutto quelli legati al mezzo, al prodotto, alla concorrenza e al target
di riferimento.
L'ultima parte del volume
analizza i principali ambiti del giornalismo: la cronaca (distinguendo
attentamente quella bianca da quella nera, arrivando a quella rosa); lo sport,
come principale esempio di giornalismo popolare altamente portato per le
logiche giornalistiche in quanto comprende insieme il carattere della
programmabilità dell'evento ma anche quello dell'imprevedibilità del risultato;
la cultura, il nostro merito per la terza pagina da quel lontano 10/12/1901
fino ad arrivare agli approfondimenti odierni di costume e società; e la
politica, da sempre gioia e dolore del giornalismo italiano.
Con continuo riferimento
alla tecnologia, vista come un aiuto piuttosto che come una sostituzione, il
manuale pone l'accento su un mondo veloce, in continuo aggiornamento, così come
lo sono le notizie, che cambiano giorno dopo giorno. Un volume a quattro mani
minuzioso ma non stucchevole, chiaro ma non banale, sicuramente utile a chi
vuole fare del giornalismo un mestiere senza convinzioni obsolete.
Giorgia Russo
Carlo Sorrentino - Enrico Bianda
Studiare giornalismo
Carocci, Roma, 2013.
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