Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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24 aprile 2015

Diversamente liberi


Viviamo in un regime di libertà controllata.
La parola “genocidio” provoca sconcerto a molti. La parola “differenza” risulta sempre più incompatibile con le attuali polemiche politiche.
Il genocidio di massa che si sta perpetuando ogni giorno nei nostri mari, non basta a far scuotere le teste dei potenti. E nemmeno quelle dell’opinione pubblica.
A migrare verso terre ignote non sono solo i milioni di profughi in fuga dalle guerre, dalle violenze, dalla fame. Migra anche la nostra capacità di discernere cosa sta capitando intorno a noi. In poche parole, migra la nostra coscienza di esseri umani.
Esiste la libertà di essere “diversamente” liberi?
Se il vertice straordinario di Bruxelles fosse stato convocato su un vecchio gommone al largo della Libia, forse, le decisioni sul come affrontare la tragedia umanitaria che ci sta coinvolgendo sarebbero state molto diverse. Probabilmente qualcuno degli insigni partecipanti al vertice, impeccabile nella sua giacca e cravatta, si sarebbe reso conto che in mezzo al mare fa parecchio freddo e si fanno sentire pure la fame e la sete. Sarebbe stato più facile per loro signori intuire che chi affronta un viaggio del genere non lo fa per turismo, ma per estrema necessità. Anzi, per disperazione. Così come sarebbe parso ovvio che le innumerevoli peripezie affrontate dai migranti nei giorni o mesi precedenti sono il frutto di lunghe fatiche, violenze subite, soprusi perpetuati. Si scappa. Si scappa e basta.
Si scappa da tutto l’orrore che porta con se la guerra. Si scappa anche dalla stessa idea di disperazione. Si rincorre il sogno di una dignità perduta. Si brama un futuro per i propri figli. Ma scappano anche i governi dalle proprie responsabilità.
Sicuramente sul “gommone della speranza” ci sarebbe il tempo di fare tutte queste considerazioni, mentre loro signori attendono con ansia lo stimolo giusto per trovare una soluzione al problema. Nel frattempo, poco importa a tali distinti signori se, in mare, in centinaia naufragano e muoiono. Vite inutili, per loro. Vite senza memoria, schiavi in balia di mercanti privi di scrupoli. 
Forse, basterebbe un viaggio nel buio, di notte, in mezzo a quel mare e la luce dell’accoglienza avrebbe un altro significato. Passerebbero freddo e stanchezza. Su quel gommone potrebbe nascere l’Europa, la grande comunità internazionale capace di cooperare per offrire solidarietà e integrazione. Ma per nostra sfortuna il vertice straordinario di Bruxelles si è tenuto in un grande e modernissimo palazzo, con tutti i comfort possibili, in un clima tranquillo e rilassato.
Una riunione quasi conviviale fra vecchi amici dove certamente nessuno rischiava la pelle.
Così si sono decise misure definite “straordinarie” per affrontare l’emergenza, come il blocco navale, i bombardamenti dei barconi, la lotta agli scafisti, ecc…
Ma di straordinario in questo vertice c’è stata solo la totale indifferenza per chi in questo momento sta morendo. Laggiù, nel mare, su uno sgangherato gommone. “Uomini come noi” ha detto Papa Francesco. Donne e bambini come i tuoi. Semplicemente, persone.
Ecco che, mai come in questo momento, essere cittadini della comunità europea vuole dire essere “diversamente liberi” dalle decisioni dei vertici ordinari o straordinari. Diversamente capaci di cogliere questo momento storico come una grande opportunità di crescita sociale e culturale. Diversamente abili nel comprendere la differenza delle culture di questa gente per  esaltarne le peculiarità come un valore. Per costruire una libertà diversa. Mentre per distruggerla basta continuare con l’ipocrisia del minuto di silenzio in ricordo delle vittime.
 Anna Scavuzzo   


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