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15 maggio 2015
Benvenuto deportato
Caro naufrago,
tu sei il nostro mistero: lo sarai sempre.
Che tu sia profugo o clandestino poco importa, sarai sempre
l’ombra silenziosa delle ore nascoste, deluse, stanche, passate in un centro di
“accoglienza” in attesa dell’identificazione e del conseguente smistamento. Se
sei fortunato ti chiameranno profugo, altrimenti l’etichetta da clandestino non
te la leverai più di dosso. Come la polvere che hai respirato nel deserto prima
di raggiungere una certa spiaggia. O come la salsedine che ti ha seccato la
gola durante la burrascosa traversata su un barcone. Tu sarai un implacabile
punto interrogativo.
Non sappiamo come accoglierti, ma nemmeno come respingerti.
Non sappiamo chi sei, ma di te abbiamo paura. Non sappiamo come integrarti, ma
intanto ti mandiamo via.
Tu che, forse, saresti un semplice uomo pago di vivere,
capace di soffrire per la conquista della tua dignità, destinato a graffiare
appena il palcoscenico del mondo. Tu che ti accontenti di essere riconosciuto
come essere umano, in fuga dalla fame e dalla guerra. Ancora non sai dei talk
show in tuo onore. Non conosci la forza mediatica che la tua tragedia è capace
di generare. Neppure immagini il peso politico che riscontri nei sondaggi e in
campagna elettorale.
Tu che sei disperato, sarai per sempre un deportato.
Noi che siamo civili ed evoluti ti abbiamo ucciso prima che
i tuoi occhi vedessero i fondali delle nostre coste. Senza neppure voler
conoscere il dono che ci avresti portato, il messaggio che ci avresti
trasmesso, il futuro che avresti determinato. È una responsabilità sociale
immensa che non si scarica semplicemente con una finta “operazione umanitaria”.
Tu sei scappato dal tuo paese, sei rimbalzato sulle nostre
coste, hai vagato un po’ ovunque, rimpallato e sballottato durante un gioco di
parole. Un gioco che è meno di un dono, meno di un progetto. È qualcosa di
leggero, di superficiale, neppure divertente. Soprattutto un gioco che esula da
qualsiasi responsabilità. Quindi non conta. Perché tu non conti.
Ma si può salvare una vita e lanciarla nella dimensione
della deportazione solo per gioco?
I naufraghi che ci vantiamo di salvare in mare sono molto
spesso vittime dei nostri giochi di parole. O di potere. O di razzismo. Perché
l’accoglienza, quella vera, è anche responsabile e generosa. E il profugo
diventa dono, risorsa culturale, prolungamento sociale oltre i confini di una
nazione. Non un peso, un inciampo, un pericolo, un’emergenza comunitaria o,
peggio, una disgrazia umanitaria.
Lo sai? Tu che sei un fastidio devi sparire. Dalle nostre
città, dalle nostre coscienze. Non ci vuole molto. Basta un tragico incidente,
un rimpatrio veloce, una scrollata di spalle, un rimorso soffocato. Ognuno si
sceglie la propria vita. E la nostra è stata scelta al prezzo della tua morte o
della tua deportazione perenne.
Certo. Il problema esiste, è intricato, di non facile
soluzione.
Ma la morte o la continua deportazione può forse diventare
una soluzione positiva, dignitosa, umana? Cerchiamo altre soluzioni perché
altre ne esistono. La nostra follia è di non sapere come compensare i nostri
saperi con quelli degli altri popoli. Siamo degli insensati.
Così uccidiamo il futuro dell’umanità, dell’Europa,
dell’Italia. Dov’è stata gettata quella civiltà in divenire? In un bombardamento
di un presunto barcone? Nell’arresto di una manciata di disperati sul treno che
porta all’estero? Nei giochi retorici del marketing televisivo? Nelle false
polemiche politiche? In una discarica per rifiuti tossici? La civiltà, gettata.
Come un rifiuto pericoloso.
E tu, caro profugo, che sei un condensato di energie,
un’esplosione di vita, un miracolo della speranza, una promessa di futuro, solo
per il fatto di avere avuto il coraggio e la determinazione di soffrire -non
sapremo mai quanto- per arrivare fino a noi, ti accogliamo in un campo, in
attesa di organizzare la tua umiliazione di esiliato, perseguitato, rifugiato,
clandestino. Tu che sei brivido di vita che passa per le mani di chi la vita la
comanda, devi sapere come si salvano i poteri. La politica dei Grandi è spesso
diametralmente opposta e sideralmente lontana dalla tua.
Hai coraggio da vendere? Opponiti al nostro presente.
Diventa un difensore del diritto alla vita.
Benvenuto, caro deportato.
Anna Scavuzzo
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