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27 gennaio 2016
Shoah: spunti per la persistenza del ricordo
In occasione della Giornata della Memoria mi è parso
interessante portare qui di seguito alcune testimonianze di sopravvissuti al
campo di sterminio di Auschwitz i quali
raccontano la loro esperienza in ambito scolastico e l’idea che hanno maturato della
Shoah, e come questa venga presentata oggi nelle scuole dopo 71 anni.
Una delle testimonianze presentate da Repubblica per la commemorazione della Shoah è quella di Alberto
Mieli ebreo di Roma che nel 1943 venne fermato dalla Gestapo, mandato ad
Auschwitz e liberato nel maggio del 1945 dopo una lunga marcia verso l’Austria.
Un particolare della sua testimonianza è stato il racconto
di un giorno di scuola qualunque in cui fu chiamato dal preside il quale piangendo
gli disse che non poteva più frequentare il corso. Quello fu il suo ultimo giorno di scuola. I bambini
ebrei non potevano più accedere alle classi.
Alberto Mieli,oggi novantenne, ha appena pubblicato un libro di
testimonianza individuale: Eravamo ebrei.
Questa era la nostra unica colpa.
Questa testimonianza nasce dagli incontri con i ragazzi
delle scuole, dai ricordi evocati con dolore e sofferenza. Alberto Mieli,
infatti, non è mai tornato nei luoghi della sua deportazione, bensì ha scelto
il dialogo con i giovani ai quali dice “per avere rispetto di noi stessi
dobbiamo imparare ad avere rispetto per gli altri”.
Un’altra “immagine” che ritengo significativa presentare è
quella di Liliana Segre, ebrea di famiglia laica milanese segnata dalle leggi
razziali del 1938, in seguito alle quali venne espulsa da scuola. Dei 776
bambini italiani di età inferiore ai 14 anni che furono deportati ad Auschwitz,
Liliana è tra i soli 25 sopravvissuti.
La donna, la quale di solito offre la sua testimonianza
nelle scuole, sollecitando gli insegnanti a spiegare ai ragazzi cosa sia
accaduto, fa notare quanto i giovani siano disabituati al dolore, tenuti al riparo
sia dalle famiglie sia dall’ambiente scolastico. Ciò che è necessario, invece, è
conoscere ciò che è accaduto e rialzarsi, andare avanti.
Un’ulteriore testimonianza rilevante è quella di Aharon
Appelfeld, scrittore israeliano, sopravvissuto alla Shoah in cui perse i suoi
familiari, dove riuscì a fuggire da un campo di sterminio nazista in
Transnistria e si unì all’Armata Rossa dove prestò servizio come cuoco.
Oggi, ci rende edotti della sua tragica esperienza con i
suoi romanzi che hanno come centro la Shoah, come ad esempio “Oltre la
disperazione”. L’autore racconta la sua fuga dal lager a 8 anni e l’esperienza
da sopravvissuto.
Nell’intervista rilasciata a Repubblica gli viene chiesto
cosa ne pensa del modo in cui viene onorata la Shoah oggi, con gite scolastiche
e lezioni in classe. Lo scrittore, che vive a Gerusalemme, spiega come per i
ragazzi israeliani le visite nei campi di sterminio non siano un’esperienza
accettabile in quanto quei luoghi sono ancora fonte di dolore, dove hanno perso
i propri familiari. Sugli europei si riserva di rispondere, dicendo come sia
difficile da spiegare il genocidio e il disprezzo per gli ebrei che i tedeschi
avevano inculcato nella popolazione.
Queste testimonianze di alcuni bambini privati della loro
istruzione, di altri addirittura delle loro vite, di altri ancora distrutti
nell’anima da esperienze travolgenti e inenarrabili per la loro brutalità, certamente
svolgono un ruolo preponderante nella conservazione e memorizzazione di uno dei
passi certamente più indimenticabili della storia dell’umanità.
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