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30 gennaio 2016
Raccontare Cernobyl
“Noi siamo l'aria non la terra” (M. Mamardasvili)
Il libro più noto del Premio Nobel Svetlana Aleksieviç racconta il disastro di Cernobyl’. Il titolo che l’autrice ha scelto per
descrivere un mondo profondamente sconvolto e avvolto in un misterioso male di
cui l’uomo ha poco conoscenze è Preghiera per Cernobyl. Perché preghiera?
Non sono le credenze religiose della scrittrice ma è un invito di umile compassione
e di una totale rassegnazione di fronte al grido del dolore che la gente di
Cernobyl’ ha affrontato, appunto una preghiera poiché l’uomo è incapace di
risolvere la catastrofe che ha creato a
se stesso. Ci sono due esplosioni
globali; una la discesa dell’impero comunista e l’altra Cernobyl’. Nell’intervista
che l’autrice fa a se stessa dichiara le sue intenzioni più sincere del perché
si è presa il disturbo di raccontare un tema trascorso, un evento
irraccontabile. Avrebbe potuta intitolarla “La storia mancata” racconta, il ché la dice
lunga di come è rimasta nell’ombra un avvenimento così sconvolgente nonché il grande
investimento che si è fatto per dimenticarlo. Da qui il genio e il coraggio
della scrittrice di risorgere una realtà sepolta.
Accanto alle
diverse testimonianze delle vittime della tragedia nucleare c’è una realtà stereotipata, come si vede
Cernobyl’, cosa credono che sia stato, come si presenta al mondo? La vita di
tutti i giorni della gente che abita accanto al centrale nucleare sta per
essere cambiata per sempre, le loro abitudine più banali, come fare il pane,
uscire per strada giocare con i sassolini, mungere la mucca, i loro affetti per
le persone, per gli animali, per la terra, per le loro case, altri oggetti
saranno stravolte. Non avendo equivalenti nella storia tutto viene comparato
alla guerra, non sapendo a cosa riferirsi, l’evacuazione di notte di bambini,
la demolizione delle case, essere circondati dagli soldati. Poi si accorgono
che il nemico da combattere è un disastro radioattivi con cui bisogna senza
alcun scelta, conviverci. All’inizio si comportano come se nulla fosse
cambiato. Nessuno capisce cosa realmente stia accadendo. Tutto viene nascosto
tra patti militari segreti e una superficialità spaventosa. Poi la pioggia nera, bambini malformati,
piaghe nel corpo.
“Volevo
dimenticare. Dimenticare tutto. Pensavo di aver già vissuto la cosa più
terribile che potesse capitarmi … La
guerra.. Ma poi sono andato nella zona di Cernobyl’. È il futuro non il passato
a distruggermi” Psicologo (p. 43).
Cernobyl’ si è
trasformato in un mito, i giornalisti hanno rivelato il lato terrificante senza
mai indagare sul destino delle singole persone, del loro stato fisico ma
soprattutto psichico, della loro vita prima e dopo la disgrazia. Svetlana apre
davanti al lettore un mondo estraneo fino a quel momento, con un stile semplice
e attraverso la voce di chi ha vissuto in prima persona. Una scrittura polifonica valicata da diversi
personaggi, dall’intellettuale alla casalinga, dall’ufficiale dell’esercito al
registra e fotografo, madri, mogli, mariti, anziane, bambini, animali, natura,
cibo, persino la polvere delle terra, le strade, gli alberi tutti elementi che
sono state vittime dell’esplosione hanno potuto aver voce nel libro, nessuna cosa
è stata trascurata per riflettere una realtà ampia e più vicina alla
verità. Spalanca davanti al lettore
diverse scene vissute, storie approfondite, descrizione dettagliata dello stato
mentale e sentimentale delle persone coinvolte
tanto che sembra esserci dentro. Come hanno vissuto la notizia che il centrale
nucleare è esploso, che idee avevano, come sono cambiate queste idee e
sentimenti dopo aver visto morire in modo disumano i propri cari, gli animali,
la fauna e flora, le strade, le loro case. Com’è stata trasformata la loro
vita, la loro psiche dopo che le cause di Cernobyl non ritardarono a farsi
sentire.
Attraverso
monologhi, pochi dialoghi si dà voce alle storie della gente e piano piano si
costruisce un panorama sempre più ampio di quello che è Cernobyl’. Non lascia in ombra nulla e naturalmente si
chiede se si poteva evitare l’incendio o se si poteva comportare diversamente,
se potevano risparmiare tante vite? Ma quell’evento unico nel suo genere ha
trovato impreparati tutti. La politica e il forte nazionalismo con oscura tenacia insistevano che tutto
andava per il meglio, che avevano tutto sotto controllo. Unione Sovietica
voleva dimostrare la sua forza anche di fronte alle leggi della fisica. L’ordine di mettere una bandiera rossa sopra il tetto
della centrale senza minimamente preoccuparsi di chi ogni volta saliva sul
tetto era un condannato ad una morte bruttale. Una descrizione dettagliata e senza retorica
della tragedia da un lato e dall’insensibilità dello stato.
“il decadimento
dell’uranio ha un tempo di dimezzamento fa conto 1 miliardo di anni.”
Scienziato (p. 143).
Cercavano di
trovare la causa, alcuni pensavano fosse il terrorismo ma nessuno sapeva come andava
affrontato la situazione, sapevano solo le sue devastanti conseguenze.
Viviamo in un mondo editoriale in cui c’è un
numero sempre più crescente di libri “bestseller” e sempre un numero
decrescente di capolavori. I primi sono concentrati sul sensazionalismo,
attenti alla sceneggiatura, ricchi di colpi di scena, intrighi, gli eventi
scorrono in modo da attirare l’attenzione del lettore "pigro". Un
linguaggio pieno di retorica, calcolato e pensato per fare colpo sul lettore,
spesso frasi fatti e giri di parole. Poche volte ci imbattiamo in un
capolavoro. “Preghiera per Cernobyl” è la testimonianza che in mezzo al mondo
frenetico e commerciale che ci regala una realtà superficiale, personaggi
stereotipati, storie simili e adatti ai film c’è un romanzo in grado di tirare
fuori “l’anima” di un evento, di un popolo, di una grande sofferenza, di una
verità che non possiamo ignorare. Un romanzo coraggioso che indaga,
approfondisce, scava e rivela il vero volto di Cernobyl’. Attraverso un
linguaggio forte e diretto, poche
metafore, niente ironia o sarcasmo, con una scrittura obbiettiva e
asciutta è stata in grado di raccontare
la realtà in modo trasparente, una realtà complessa,poco chiara, perfino
misteriosa per certi aspetti. Svetlana è
una cronista, una giornalista che attraverso la letteratura ha raccontato la
realtà politica e sociale di Cernobyl’ in questo caso, della guerra in
Afganistan, dei suicidi in massa dopo lo scioglimento della Unione Sovietica
che ha costato la scrittrice la fuga dal paese di nascita e lo ha costretto a
vivere in esilio. La stessa impresa che ha intercorso Roberto Saviano nel suo romanzo
d’inchiesta “ Gomorra” nel quale descrive la realtà della criminalità organizzata.
Eralda Xibraku
Svetlana
Aleksieviç
Preghiera per
Cernobyl,
Edizioni e/o, 2015, 300 pp. (prima edizione 2004)
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