Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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12 settembre 2016

Giornalismo a “stelle e strisce”

Nel libro Il giornalismo americano l’autore, Fabrizio Tonello, professore di Scienza dell’opinione pubblica presso l’Università di Padova (e VisitingFellow alla Columbia University di New York), ripercorre l’evoluzione storica del giornalismo a “stelle e strisce”.
Dalla nascita ai giorni nostri, ciò che viene messo in luce sono le trasformazioni tecnologiche e ovviamente economiche che la stampa americana ha dovuto non solo affrontare, ma anche subire. 
Tonello si sofferma sul  netto cambiamento emerso a partire dagli anni 70’, periodo storico in cui nasce quello che lui definisce “giornalismo interpretativo”, che si trasformerà, più avanti, in “frammentario”.
Si assiste all’abbandono di pilastri quali “verità” e “credibilità”, da sempre elementi ritenuti imprescindibili e valori su cui la stampa, da sempre, ha fondato la propria identità, messi da parte e sostituiti in nome del nuovo format che si andava affermando: l’informazione-intrattenimento o, per dirla all’americana, infotainment.
Finisce l’era dei giornalisti come Pulitzer e Hearst, anche se restano tutte le novità introdotte, a livello grafico, i grandi titoli su tutti, per far posto ad un giornalismo investigativo davvero “pesante” e “profondo” i cui fautori vengono definiti muckrakers, dove la precisione e l’ispirazione politica ispiratrice degli anni 70’ cessa di esistere.
Con il progresso tecnologico che porta ad una drastica riduzione di prezzi di vendita e di stampa aumenta il peso e la presenza della pubblicità. A farne le spese non sono più solo i giornali, e quindi la carta stampata, ma anche i nuovi mezzi che si stanno diffondendo: la radio e la televisione. 
Non importa come i mezzi di comunicazione fossero utilizzati, negli Stati Uniti fino alla guerra del Vietnam, questi ricoprono un ruolo quasi sacro. L’obiettivo era uno solo: difendere i valori americani.
Ed è proprio il Vietnam, insieme anche allo scandalo del caso Watergate, che si sviluppa durante gli anni della guerra, a lasciare un segno indelebile sul mondo del giornalismo statunitense. Anche se, forse, si è trattato più di una vittoria della magistratura e del Congresso rispetto a quella della stampa.
Con lo sviluppo dell’infotainment gli standard tipici della TV iniziano ad imporsi anche alla carta stampata. È l’era delle soft news, della personalizzazione delle notizie e delle storie-spazzatura che avevano il solo obiettivo di accrescere gli introiti. Quello del caso Watergate fu anche un periodo in cui maturarono nuovi strumenti come la tv via cavo o il McPaper, un quotidiano “facile e veloce da consumare come un hamburger”. Successivamente nacquero Cnn nel 1980 e Usa Today nel 1982. Tonello afferma che lo scandalo dell’hotel divenne un mito proprio nel momento in cui i fattori strutturali della crisi successiva della crisi americana iniziavano a manifestarsi. 
Interessante anche la spiegazione data da Tonello sulle proposte di John Edgar Hoover, capo dell’Fbi pronto a tutto pur di eliminare Martin Luther King dalla scena politica. Il direttore del Bureau of Investigation fece preparare un dossier in cui venivano provate le scappatelle di
King, con tanto di rumore dei rapporti sessuali. L’Fbi offrì il materiale a varie testate nazionali tra cui il Times. Tutti i giornali contattati si rifiutarono di pubblicarlo. Tonello sostiene una tesi alla base di questa scelta: “L’unica spiegazione possibile è che il giornalismo di allora considerava la politica come una cosa seria, un campo i cui temi (un conflitto nucleare o un’esplosione di violenza razziale che finisse in una guerra civile) apparivano così importanti a chiunque da relegare le storie di adulterio al di fuori del perimetro delle notizie pubblicabili.” Notizie di infedeltà matrimoniali erano impubblicabili anche per John Kennedy, ma non, di fatto per
Bill Clinton, che ha dovuto affrontare lo scandalo Lewinsky, lanciato non da un medium tradizionale, ma da un sito “pettegolo”, Drudge Report. Sulla testata online di Matt Drudgevenne detto che Newsweek era incerto se pubblicare o no la storia. La mattina dopo il Washington Post
dedicò la prima pagina all’episodio.

Anche la politica viene trasformata in spettacolo, le sorti del paese ora sono messe in secondo piano, tutto ruota attorno alla figura del politico a cui, per ottener consensi, viene richiesta più una buona dote da oratore rispetto a vere e proprie competenze in materia. Tonello si sofferma, in particolare, su una caratteristica dell’opinione pubblica americana nei confronti dei giornalisti: il legame tra media e patria. O, ancora meglio, tra media e amore per la patria. Una buona metà degli americani – afferma Tonello – vuole dei media patriottici ed è disposta a considerarli credibili e professionali solo quando lo sono, rispecchiando così un tratto sociale della realtà americana.

Guglielmo Mazzola


Fabrizio Tonello
Il giornalismo americano
Carocci, Roma, 2005, 144 pp.

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