Temperino rosso, Brescia, 2016
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29 novembre 2016
Il gran spettacolo della cronaca nera
Davide Bagnoli, autore di un recente saggio sui più noti casi di cronaca nera degli ultimi anni, è giornalista, addetto stampa ed educatore, il cui ultimo lavoro è proprio questo preso in considerazione. Il suo intento è quello di ripercorrere passo, passo i casi entrati a far parte della cronaca nera che hanno suscitato una particolare attenzione mediatica tanto da essere definiti come una "spettacolarizzazione" dell’evento stesso, facendo quasi passare in secondo piano la tragicità della morte che è il vero fulcro della notizia. Analizzati cinque casi emblematici che sono entrati ormai nel cuore e nella memoria di chi li ha vissuti, anche se indirettamente, quasi in prima persona, Bagnoli tenta di trovare una spiegazione all’inevitabile domanda strettamente connessa a quanto appena detto: perché siamo così inconsciamente attratti dalla morte e dal macabro? E successivamente: Perché, da un certo momento in poi, la cronaca nera ha assunto toni mediatici tendenti alla sua spettacolarizzazione facendo perdere il senso della notizia e diventando sempre più un mero argomento di cui chiacchierare tra una notizia di gossip e un’altra di politica?
L’autore struttura il suo discorso presentando cinque casi ben noti, il primo dei quali è la tragedia di Vermicino del 1981 che vede protagonista Alfredino, un bambino di sei anni precipitato in un pozzo alla profondità di trentasei metri. Da quel momento in poi le sorti della cronaca e il modo di vivere la notizia (e la tragedia) sarebbero cambiate per sempre. Infatti per la prima volta nella storia le emittenti della Rai decisero di trasmettere ininterrottamente la diretta tenendo davanti allo schermo per settantadue ore ben trenta milioni di ascoltatori che, quando venne deciso di interrompere le riprese per far allontanare l’immensa folla giunta sul posto, chiesero insistentemente di riprendere immediatamente il collegamento per poter in qualche modo essere vicini al bambino. Purtroppo il fiato sospeso non solo degli italiani ma anche del resto del mondo si spense con la notizia che, nonostante i molteplici tentativi, non erano riusciti a trarre in salvo Alfredino. Si aprì però una nuova era perché da quel momento in poi casi affini a quello di Vermicino sarebbero stati seguiti con una partecipazione dei media e del pubblico molto più intrusiva. Si è discusso molto infatti sulla presenza di un pubblico che, pur essendo nella propria abitazione, sembrava aver assistito sul posto ai tentativi di salvataggio del piccolo e del fatto che il caso avesse assunto una portata mediatica mai vista prima. E quello fu soltanto l’inizio di una nuova era del giornalismo.
Gli altri casi descritti riguardano rispettivamente la vicenda di Cogne, il rapimento di Tommaso Onofri, l’omicidio di Meredith Kercher e quello di Sarah Scazzi ad Avetrana. Rappresentano esempi che vanno dagli anni 2000 a pochi mesi fa e che, quindi, hanno certamente risentito delle nuove innovazioni tecnologiche per quanto riguarda la comunicazione e la sua diffusione. Se dunque il processo di spettacolarizzazione della cronaca nera era già iniziato nei primi anni ’80, non ha fatto altro che espandersi ancora più rapidamente, rendendo i casi di cronaca vere e proprie "fiction" seguite dal pubblico in ogni sua sfaccettatura. Un pubblico che da spettatore è passato ad essere giudice tanto quanto quelli nelle aule dei tribunali, influenzato dai giornalisti a prendere parte ed essere colpevolista o innocentista e a trovare addirittura lui stesso il colpevole dei gialli più discussi. Si è visto molto bene nei confronti di Annamaria Franzoni, per cui l’opinione pubblica si è letteralmente divisa in due, e ancora di più nei confronti della famiglia Misseri su chi avesse ucciso Sarah. Tutto questo processo mediatico, in cui la notizia tragica si è fusa con la sua pubblicizzazione in ogni aspetto, ha condotto ad una spettacolarizzazione della cronaca nera alla portata di tutti; chiunque può dare il suo parere, tutti si vedono chiamati in causa per un aspetto o per l’altro, non esistono più confini di distinzione tra il giornalista che riportava la notizia e il pubblico che la recepiva. E la spiegazione di questo fenomeno Bagnoli la ricerca nel fatto che l’uomo è per natura attratto dal macabro; fin dall’antichità siamo stati a contatto con la morte e tutto ciò che attiene ad essa, oggi ci siamo solamente abituati di più a considerarla come la normalità, non scandalizza ma al contrario attrae, essendo sempre più presente nella quotidianità sotto svariate forme. Non è però l’unica motivazione, altri invece creano una sorta di alienazione tra il carnefice e la vittima, si rivedono in uno e sono grati di non essere l’altro. Inoltre, sostiene sempre l’autore, avvertiamo proprio la necessità di essere a contatto con il macabro e ciò che porta con sé perché consente a molti di ottenere una sorta di beneficio personale confrontando i propri problemi personali con la gravità che invece è propria di altri.
Il saggio di Bagnoli risulta quindi di estrema attualità e interesse proprio perché tratta di vicende a cui abbiamo assistito con i nostri occhi, anche se da dietro uno schermo, su cui abbiamo espresso il nostro personale parere. L’impostazione con cui struttura il saggio è schematica e segue un filo logico tale che il lettore riceve prima le basi e poi ci riflette sopra; il lessico utilizzato rende scorrevole la lettura e, personalmente, visti i temi trattati, ho trovato interessanti gli spunti e le prospettive proposte su una tematica così quotidiana e in costante evoluzione.
Maria Eugenia Sabbadini
Davide Bagnoli
La cronaca nera in Italia.
I perché della sua spettacolarizzazione
Temperino rosso, Brescia, 2016
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