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31 agosto 2017
La scomparsa del corrispondente di guerra
Corrispondente di guerra per La Stampa, Mimmo Càndito pubblica presso la Baldini & Castoldi (2016) il testo critico sulla storia dell’informazione giornalistica in territorio di conflitto. Il reporter italiano segue nel volume la nascita e l’evoluzione dei colleghi dalla guerra di Crimea ai giorni nostri, dominati dall’informazione informatica universale.
L’autore stila una didascalia della comparsa e cambiamento degli inviati dei giornali per seguire i conflitti bellici e redigere le cronache. Del primo esempio di reporter, William H. Russell, durante la guerra in Crimea, Càndito descrive l’invio e correzione degli articoli redatti prima della pubblicazione molto più lenta e sobria rispetto a oggi. In particolare Russell mantiene nelle sue stesure una forma di presentazione quanto più oggettiva possibile, e, nonostante le fotografie montate di Roger Fenton, le ripercussioni sull’opinione dei lettori portò alla caduta del primo ministro inglese. L’informazione è oggigiorno l’arma più importante di un esercito, perché il consenso di un’opinione pubblica è essenziale per qualsiasi strategia bellica: «Nel nostro tempo iperconnesso e perduto in una rete dove la potenzialità della costruzione della conoscenza è senza limiti, l’uso dell’informazione è centrale».
L’autore tratta del ruolo del reporter come ricettore di informazioni sul campo di battaglia. Questo rapporto è però soggetto alle modifiche dei sistemi di pubblica informazione. Come riporta lo stesso Candito nel sottotitolo del suo volume, il reporter più conosciuto è Ernest Hemingway. Inviato in Spagna durante la guerra civile, lo scrittore documentò le battaglie e i bombardamenti nelle varie città iberiche. Hemingway, in quanto cittadino di una nazione non coinvolta nel conflitto, si dimostrò alla pari di Orwell una penna dalla prospettiva super partes.
Ma già da anni precedenti, l’informazione era sotto sorveglianza e correzione da parte del sistema statale con lo scopo di controllare e modificare l’opinione pubblica. Candito non tralascia di applicare gli insegnamenti di McLuhan imponendo una riflessione su una comunicazione: è sempre più veloce, ma meno corretta nel dettaglio. Se un tempo l’inviato straniero era più libero di documentare la realtà bellica secondo come si mostrava, successivamente la verità in tempo di guerra è compromessa per mezzo di condizionamenti. Questo processo è dovuto ad accordi internazionali tra i vari stati: quando un inviato scrive riguardo un paese straniero, l’articolo deve mantenere un clima di benevolenza che condizioni il lettore. A modificare gli articoli redatti dagli inviati sono i titolari delle testate giornalistiche, soggetti al volere degli organi di Stato. Come scrivono Chomsky e Foucault, lo stesso fine del condizionamento umano vige in tempo di guerra così come in tempo di pace: per conseguire i propri fini, le autorità statali impongono alla Stampa di diffondere l’informazione secondo le loro volontà. Da molti anni l’informazione è strumentalizzata per il controllo Statale del pubblico lettore, grazie anche al tono drammatico del raccontare i fatti. Articoli stampa o servizi televisivi sono narrati in maniera tale da suscitare compassione in chi riceve la notizia, così da lasciarsi coinvolgere.
Negli ultimi anni è utilizzato un nuovo elemento di trasmissione in tempo reale dei fatti di guerra: il social network. Chi è presente sul luogo dello scontro può utilizzare il proprio cellulare o computer per mostrare e raccontare gli eventi bellici senza filtro o censura. Tuttavia questa rappresentazione è parziale e semplicistica della realtà. Come per le cineprese in Vietnam, anche per mezzo di questo nuovo sistema di trasmissione dà possibilità di condizionamento grazie alle modifiche dei documenti. La Stampa «informa i fatti, non su i fatti», scriveva Derrida: l’elaborato giornalistico è redatto in maniera tale da coinvolgere lo spettatore, piuttosto che informarlo sul realmente accaduto. Il reporter è una figura della stampa andata perduta: come scrive Càndito, c’era un tempo.
Niccolò Antichi
Mimmo Càndito
C’erano i
reporter.
Storie di un giornalismo in crisi da Hemingway ai social network,
Baldini & Castoldi, 2016, Milano, pp. 768.
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