Se è vero, come diceva Baricco nel 1998, che ciò che rende speciali i grandi scrittori è la loro capacità di «nominare le cose», il libro Liberi di crederci. Informazione, internet e post-verità (Codice edizioni, Torino 2018, 15€) può a buon diritto essere considerato un libro speciale. Il saggio scritto a quattro mani da Walter Quattrociocchi e Antonella Vicini, infatti, è una sorta di odierno dizionario dell’informazione, in grado di battezzare tutti i processi che caratterizzano la comunicazione contemporanea. Vi si ritrovano precise definizioni di termini ormai noti ai più, come fakenews, troll ed echo chamber, ma soprattutto vengono “nominati” e spiegati alcuni meccanismi per i quali fino a pochi mesi fa non esistevano nomi: newsfeed, backfire effect, webete, debunking, mysidebiase così via.
Muovendo dalla delusione dell’aspettativa che l’avvento di internet potesse garantire «la nascita
di un mondo aperto, che rendesse la conoscenza accessibile a tutti
indiscriminatamente e portasse alla costituzione di una società finalmente
globale e realmente interconnessa» (p. 11), gli autori analizzano le reali
conseguenze che il web ha prodotto sulle tecniche della comunicazione:
l’informazione è sempre più spesso affidata ai social network, dove gli utenti
prendono il posto dei giornalisti, i post sostituiscono i giornali, i tweet si ergono a notizie. Il primo
evidente effetto di questa tendenza è la disintermediazione,
«cioè il venire meno della figura dell’intermediario» (p. 26), dell’esperto
d’informazione, che poteva garantire la verità delle notizie e l’attendibilità
delle fonti. Ne deriva non solo l’imprecisione delle informazioni, con la
conseguente proliferazione di fake news,
ma soprattutto la semplificazione delle notizie che conduce ad un’irrimediabile
polarizzazione delle posizioni: per quanto delicata e complessa sia una
questione, si assiste oggi alla radicalizzazione delle opinioni tipica delle
ideologie forti. Vero o falso, buono o cattivo, bianco o nero, giusto o sbagliato:
non esistono più vie di mezzo e soprattutto non esiste confronto, dialogo fra
le fazioni. I dibattiti sui social media si riducono al muro contro muro, alla
testarda difesa di una posizione estrema che si oppone ad un’altra posizione
estrema, altrettanto difesa e supportata.
Quattrociocchi e Vicini
non si limitano a descrivere questi processi con definizioni ed esempi tratti
dai più recenti avvenimenti socio-politici, ma si impegnano ad elencare tutti i
fattori che stanno alla base della cosiddetta post-truth, definita dall’Oxford Dictionary come «ciò che è
relativo a, o che denota, circostanze nelle quali i fatti obiettivi sono meno
influenti nell’orientare la pubblica opinione rispetto agli appelli
all’emotività e alle convinzioni personali». Tra questi fattori figurano in
particolare alcuni bias cognitivi che svolgono un ruolo determinante «nella
nostra capacità di informarci, nella formazione dell’opinione pubblica e nella
propaganda» (p. 48); ad essi, si aggiunga la naturale tendenza al narcisismo
che viene scatenata dai meccanismi dei social network anche negli individui
meno vanitosi, e si avrà un quadro completo dell’informazione nell’epoca della
post-verità.
Evitando di accanirsi
acriticamente contro le moderne tecniche di comunicazione, ma tentando
piuttosto di ricercarne le cause e di studiarne gli sviluppi, Liberi di crederci non è un banale libro
di denuncia contro i social network, ma un’approfondita analisi delle nuove
frontiere dell’informazionee delle relative problematiche, che arriva addirittura
a fornire una “giustificazione” dell’apparente scomparsa di una verità
oggettiva: «post-truth forse è solo
l’emergere dell’essere umano nella sua più totale e profonda esigenza di
emanciparsi dalla dipendenza dagli altri, dagli intermediari. Adesso che tutta
la conoscenza dell’umanità è a portata di click, vogliamo
esercitare il nostro diritto di scegliere liberamente [a cosa credere]» (p. 130).
Alessandro Rio
Walter Quattrociocchi e Antonella Vicini,
Liberi di crederci. Informazione, internet e post-verità
Codice edizioni, Torino 2018.
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