Le bugie hanno le gambe corte, ma in rete un po’ meno
Se la
disinformazione esistite da sempre, perché solo oggi prende il nome di fake
news? Giuseppe Riva, professore di
Psicologia della Comunicazione e direttore del Laboratorio dell’Interazione
Comunicativa e delle Nuove Tecnologie (LICENT) di Milano, decide di rispondere
a questo e ad altri interrogativi nel suo libro Fake news. Vivere e
sopravvivere in un mondo post-verità (Bologna 2018).Il
testo mira a chiarire un concetto che, come più volte ribadito dall’autore, è
stato inserito nel linguaggio corrente solo a partire dal 2015; infatti, le
fake news appartengono ad una realtà del tutto nuova, o per utilizzare un
termine coniato dallo stesso Riva, ad un’«interrealtà». Quest’ultima emerge
come risultato della fusione fra mondo concreto/offline e
mondo virtuale/online, due dimensioni che influenzandosi l’una con l’altra
possono generare particolari effetti psicologici sugli individui. Ma procediamo
con ordine, così come ordinata appare la riflessione di Riva.A
partire dal primo capitolo del saggio, Riva fornisce una panoramica dettagliata
sulle modalità con cui nascono le fake news e sul significato che esse
assumono, in modo tale che ai lettori risulti possibile comprenderne la
profonda diversità rispetto alla comune disinformazione. La differenza, spiega
Riva, è segnata soprattutto dalla odierna presenza dei social network, luoghi
in cui, senza troppa fatica, una fake news può essere divulgata e condivisa,
oltre che ripercuotersi sulle credenze degli individui.L’autore
sottolinea più volte il mutamento avvenuto con il passaggio dai vecchi ai
nuovi media, in seguito al quale il click per sottoscrivere un
«mi piace» ad un post non può essere ritenuto equivalente al click per
cambiare un canale della televisione. Un click sui social network
comporta conseguenze, può fornire informazioni sulla personalità degli utenti,
può essere sfruttato per la diffusione di contenuti inappropriati. Da qui, Riva
presenta un’analisi strettamente psicologica dei mezzi tramite i quali prendono
campo le fake news e dei fattori umani che ne incrementano la riuscita, tra cui
un recente, e scientificamente provato, calo della soglia d’attenzione. Nell’ultimo
capitolo, Riva illustra quali escamotage sono stati messi in atto dalle
istituzioni e dalla rete stessa per tutelare gli utenti dalla valanga di fake
news che giornalmente invadono le pagine web, ma il focus maggiore viene posto
sul singolo: secondo l’autore, siamo noi, a livello individuale, i principali
responsabili incaricati di prendere misure di sicurezza. Pertanto, dobbiamo
imparare a sviluppare un adeguato senso critico ed a seguire precise norme
comportamentali, da applicare ogniqualvolta ci accingiamo a leggere o ad
intervenire online.Alla
luce di quanto esposto, ci accorgiamo che l’attuale rischio di incorrere in una
visuale distorta della realtà ci attende dietro l’angolo e, come evidenzia lo
studioso, ciò non mette a repentaglio soltanto la nostra percezione inerente
alla sfera politica, economica e sociale, bensì influisce addirittura sulla nostra
emotività. Il presente saggio, dunque, rappresenta un’occasione per riflettere
sul mondo virtuale nel quale ormai siamo immersi e ci dimostra propriamente
come le bugie online non abbiano sempre le gambe così corte.Nel
corso del libro, Riva raggiunge gli obiettivi che si era prefissato, ovvero
fornire valide risposte ai quesiti riguardanti le fake news e presentare i più
complessi meccanismi che le caratterizzano, il tutto con grande capacità
esemplificativa. Di fatto, la scrittura vivace, ordinata e pungente dell’autore
colpisce dritta alle coscienze dei lettori e consegna nelle mani di ciascuno
gli strumenti per ricercare la verità anche laddove quest’ultima viene offuscata da
una subdola – e forse più alla moda–post-verità. Ragion per cui, bisogna
prestare attenzione: abbassare la guardia è questione di un attimo.
Giulia Marino
Giuseppe Riva
Fake news. Vivere e sopravvivere in un mondo post-verità
il Mulino, Bologna, 2018.
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