Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

_________________

Scorrendo questa pagina o cliccando un qualunque suo elemento acconsenti all'uso dei cookie presenti nel sito.



30 maggio 2009

La "seconda umanità"

"[....] L’immigrato non deve essere solo “aiutato”, ma considerato nella sua irriducibile umanità uguale alla mia. In termini né religiosi né di assistenzialismo, ma di uguaglianza psichica tra gli esseri umani.
È una questione urgente e di fondamentale importanza. Il Sud del mondo sta approdando in Europa a ritmi sempre più veloci, senza che noi siamo capaci di guardare, oltre al barcone stracolmo, le dinamiche politico-economiche - dittature, guerre, nuova fame - che spingono queste donne e uomini a emigrare; senza contare il vero “colonialismo mentale” che abbiamo innescato. Arrivano, ma solo per essere ridotti all’esclusiva ricerca quotidiana di cibo e tetto, una sopravvivenza che li deruba della possibilità di un’identità e dei loro sogni. Ecco la domanda che esploderà prima o poi: come possono coesistere uomini liberi con uomini-bisogni, uomini-rifiuti? E quanto può durare questa non esistenza, anzi “dis-esistenza”, senza fare implodere la nostra stessa umanità?
Le grandi questioni politiche e culturali degli anni a venire si giocano forse in questo abisso, che si scava ogni giorno nel nostro Paese, dove è in formazione una specie di normalmente accettata "seconda umanità". Occorre, al contrario, chiarezza su cosa sia un uomo, affinché la politica non resti assistenzialismo cristiano o, peggio, diventi inaccettabile gestione di due umanità disuguali."
Flore Murard-Yovanovitch,
"'L'Unità, 30 maggio 2009
_______________________________
"[...] Per fortuna la storia umana non si arresta: le culture del mondo si mescolano e rivivono poi in forme nuove e inattese. Non è necessario aspettare il futuro: possiamo (e dobbiamo) agire ora, per rafforzare i legami di amicizia e comprensione reciproca tra le diverse culture. Dobbiamo, se possibile, eliminare l´idea preconcetta dell´estraneo, dello straniero, come potenziale nemico anziché possibile ospite. Noi guardiamo lo straniero con una sorta di strabismo: proprio quando il globalismo spinge verso l´universalismo, nasce un impulso parallelo all´isolamento. Siamo in grado di trovare, oggi, su scala internazionale, forme di "universalismo" ospitale, aperto e non-fondazionalista, pluralistico e costantemente in evoluzione, capace di accogliere culture diverse, rendendone compatibili le differenze senza ghettizzarle?
Una cosa è certa: abbiamo bisogno di promuovere e sviluppare modalità di pensiero in grado di tenere insieme la fune dell´umanità, che tanto più si rinforza quanto più intesse fra loro i fili delle storie particolari. Oggi le idee di "civiltà", "umanità" e "umanesimo" sono viste con sospetto, accusate come sono di confondere irrimediabilmente l´essenza dell´umanità con quella di una sua forma storica particolare, la giudeo-cristiana. E l´accusa è che il vero universalismo è stato sostituito da un universalismo imposto con secoli di violenza e sfruttamento. La sfida è dura e richiede coraggio su due fronti: da un lato, nella determinazione a considerare le critiche mosse dalle altre culture, ascoltando le loro voci; dall´altro, nella volontà di scrutare il lato in ombra dell´universalismo europeo e occidentale, chiedendoci se e dove sia in errore".
Remo Bodei
"la Repubblica", 30 maggio 2009.
____

28 maggio 2009

Sofia Basso, Pier Luigi Vercesi
Storia del giornalismo americano

Milano, Mondadori Università, 2008, 224 p.
scheda del libro
I giornali aiutarono gli Stati Uniti a conquistare l’indipendenza almeno quanto le armi dei patrioti. Prima che sui campi di battaglia, il Nord dimostrò la sua superiorità sul Sud schiavista con la carta e l’inchiostro. Culla del giornalismo di massa e del reporting investigativo, la stampa d’oltreoceano fu determinante per l’entrata in guerra del Paese nei due conflitti mondiali, per far cessare la guerra in Vietnam e destituire Nixon. Dal primo foglio coloniale del 1690 alla crisi successiva all’11 settembre, i giornalisti Usa hanno sperimentato molte forme di servizio e di seduzione del pubblico, alternando impegno civile e sociale a periodi di decadenza. Ogni volta, però, hanno lottato per ritrovare la coerenza con i propri principi. Combinando rigore accademico, stile divulgativo e richezza di informazioni, il volume, che viene incontro a un’esigenza del panorama editoriale italiano, privo di un’opera analoga, tocca il rapporto tra fatti e notizie, e fa luce sul difficile compito di chi oggi è chiamato a “raccontare” in presa diretta una realtà tanto varia e mutevole.
*Link all' Indice del libro

25 maggio 2009

Un pubblico di indifferenti

"Non serve pensare a presidenti democratici assistiti da generali o a capipopolo attorniati da pretoriani, per vedere all'opera l'innocenza omicida. C'è un altro entusiasmo più moderato, e anche più diffuso: quello che possiamo a ragione chiamare del pubblico.
Sicuri nelle loro poltrone, certi delle proprie ragioni, efferatezza dopo efferatezza, capita che questi criminali indiretti e pigri se ne riempiano gli occhi. Senza scomodarsi i lettori di giornale applaudono, come pubblico, quando tutto è fatto (...). Poi quando e sè prevarrà l'orrore (sempre postumo), ognuno troverà facile e del tutto "senza costi" confermarsi nella presunzione d'essere stato in ogni caso innocente (...). Quanto a lui (cioè lo spettatore o il lettore) non ha fatto che leggerne la cronaca. Oppure, non ha fatto che vederne le immagini (...). Indifferente è chi non si specifichi, chi non si "misuri" rispetto a qualcuno o qualcosa".
Un pubblico di indifferenti per dirla con le parole di Roberto Escobar (La libertà negli occhi, Il Mulino Bologna, 2006). Così sembrerebbe l'Italia oggi. Un pubblico che acriticamente e passivamente si nutre di tutto ciò che gli viene "imboccato" da mamma-tv. Anche i giornali, nonostante richiedano una partecipazione più attiva, ci imboccano; e noi ci saziamo e la pancia si gonfia. Ma è una pancia malata come quella dei bambini del Biafra, se mi è concesso il cinismo. In Italia per creare scandalo c'è bisogno che intervenga la stampa internazionale o il gossip, si pensi agli articoli di oggi del “Financial Times” e di altri quotidiani internazionali e si pensi alla triste vicenda coniugale del premier e di sua moglie Veronica. Anche se il polverone è alzato, la pioggia dell'indifferenza cancellerà nuovamente tutto, come è successo per diversi gravi accaduti politici della società italiana contemporanea (conflitto d'interesse, Lodo Alfano, Secessione leghista e via dicendo).
I giornali, i giornalisti, perché stiamo parlando di uomini, scrittori, letterati e non di vaghe istituzioni, hanno le loro gravi colpe. Ma noi, dall'altra parte dello schermo, seduti comodi sulle poltrone, abbiamo le nostre responsabilità. Ogni uomo può il Bene o il Male.
"Il nemico è sempre fuori" dice Spinelli. Eppure se ci pensiamo bene, il nemico ce lo portiamo dentro di noi e lo proiettiamo sul diverso, perché ci viene più comodo, è forse addirittura una questione atavica quella dell'additare l'Altro, il Diverso, quindi l'Unmensch, come il male. A pensarci bene quanti immigrati si vedono in giro a stuprare le donne, a imbrattare le città, a rubare, a rendere invivibile il nostro spazio? Io non ne conto tanti quanti ne contano i media. Anzi conto tanti italiani che non hanno a cuore i propri connazionali, le proprie città, il proprio Paese. Ed è questo il problema, perché a dare l'esempio sono coloro che dovrebbero essere impeccabili, i governanti. Dunque usciamo dall'indifferenza, parliamo tra di noi, parliamo con gli immigrati (anche noi lo siamo stati e avremmo voluto che qualcuno ci fermasse e ci chiedesse "come stai?"), svincoliamoci dalle catene mediatiche e viviamo le nostre città senza pregiudizi,"misuriamoci" rispetto a qualcuno.
Giancarlo Briguglia

24 maggio 2009

Tesi di laurea in Storia del giornalismo europeo

Francesco Bottino, Le battaglie europeistiche di Radio Radicale (1992-2008), tesi di laurea specialistica in Editoria, Comunicazione multimediale e Giornalismo, Università degli studi di Genova, rel. M. Milan / correl. S. Monti Bragadin, a.a. 2007-2008.

23 maggio 2009

In libreria

Michele SmargiassiUn'autentica bugia. La fotografia, il vero, il falso
Milano, Contrasto, 2009 , 318 p.

scheda del libro dal sito dell'editore
Una divertente e acuta digressione sui temi del vero e del falso nella fotografia nata sulla scia delle accese discussioni intorno al digitale e alla sua estrema manipolabilità. Smargiassi tenta di dimostrare che la “rivoluzione digitale”, almeno in termini di rovesciamento del dogma referenziale della fotografia, della sua assunzione di veridicità, non esiste, perché quel dogma è stato sfidato con successo più volte anche nel secolo e mezzo della fotografia analogica. Con una serie di esempi e tanti gustosi aneddoti, il volume spiega “come” la fotografia abbia saputo mentire nella storia (in modo volontario e involontario), come la catena di decisioni umane e “inconscio-tecnologiche” che produce un’immagine implichi inevitabilmente un’alterazione della realtà percepita. Infine, affronta il “perché” l’immagine fotografica sia stata costretta o tentata di mentire. Michele Smargiassi è giornalista professionista da vent’anni, prima a l’Unità poi a la Repubblica, dove è inviato di cronaca e cultura, coltiva la sua passione per la storia e l’antropologia sociale della fotografia scrivendo articoli e saggi (uno dei quali, sulla fotografia familiare, è apparso sugli Annali della Storia d’Italia Einaudi), curando mostre e pubblicazioni, collaborando con musei e istituzioni, tenendo conferenze e corsi. Da uno di questi, dedicato al rapporto fra fotografia e realtà, è scaturita l’idea di questo volume. Vive a Modena.
*link alla Recensione di Federico Della Bella pubblicata sul sito di Foto.info:
[....] Riassumendo, il suggerimento è di riconoscere il contesto, alzare le difese, porsi delle domande, guardare con attenzione e ragionare di conseguenza. Né credulità, né totale scetticismo dunque, rispetto allo statuto di prova del racconto fotografico. (Leggi tutto ...)
____

Democrazia ed Informazione

Nadia Urbinati
Democrazia. Cosa si rischia senza l’informazione.
Riflessione su un sistema e sui suoi nemici
"Repubblica" 19 maggio 2009
I regimi liberi non danno la certezza di buone decisioni, ma solo quella di poterle cambiare senza distruggere tutto. E, nonostante resista il diritto di voto, senza il controllo dei giornali, essi sono gravemente in pericolo. Nella strategia di autodifesa è fondamentale la protezione di quel potere informale e insensibile che è il giudizio pubblico.
La democrazia non ha un altrove nel senso che i suoi fondamenti non stanno fuori o al di sopra di essa e nel senso che in nessun altro sistema come in questo è cruciale che mezzi e fini non siano in disaccordo. È questo il senso della massima che Alexis de Tocqueville ricavò dal suo viaggio in America: la democrazia non ci dà la certezza di ottime o anche buone decisioni (spesso anzi le sue decisioni sono pessime); ciò che ci dà è la certezza di poter emendare e cambiare quelle decisioni senza il rischio o il bisogno di revocare l´ordine politico. In questo senso quello democratico è un sistema che ha dentro di sé il suo punto archimedeo, che non ha un altrove. Tuttavia, solo la democrazia rappresentativa è riuscita a realizzare la massima di Tocqueville e a vanificare i suoi nemici. Il demos ateniese non è mai riuscito a incorporare gli oligarchi e l´anti-democrazia ha condizionato la sua identità ideologica e istituzionale. (...)
La democrazia dichiarava la propria autorità oltre l´imperium; dichiarava che fuori di essa non c´era ordine legittimo e che la sua legittimità era etica non solo istituzionale. Questo scopo, le democrazie moderne lo hanno raggiunto scrivendo costituzioni, costruendo le loro istituzioni su premesse che tutti nella condizione ipotetica dell´atto fondativo possono comprendere e accettare: come scrisse Hannah Arendt in On Revolution, i Padri fondatori americani pensarono al loro ordine in termini di eternità non di una temporalità definita. Seguendo questo stesso criterio, John Rawls ha congetturato la posizione originaria sub specie aeternitatis. (...)
La collocazione dei pochi è il problema. Lo aveva ben compreso Niccoló Machiavelli, quando nei Discorsi ricordava ai nemici del governo della multitudine che non sono i molti ad avere il desiderio di esercitare il potere e prendere parte attiva alla politica, ma i pochi. Ai molti è bastante sapere di essere sicuri nella libertà personale, nei possessi e nella tranquillità domestica e del lavoro. Essere non dominati è per i molti sufficiente. Ma non lo è per i pochi o i grandi. Questi devono poter soddisfare la loro passione per il potere; e i buoni ordini, ammoniva Machiavelli, sono quelli che sanno contenere l´hybris dei pochi attraverso un sistema di controllo e di partecipazione che coinvolga i molti; o, per ripetere James Madison, attraverso i checks and balances e la rappresentanza.
Se, come ha con chiarezza analitica dimostrato Robert Dahl, i pochi, non i molti sono il problema, allora sembra legittimo pensare che i moderni siano riusciti a vincere la loro battaglia contro i nemici politici della democrazia meglio degli antichi. La loro strategia vincente è stata, più ancora che la costituzione scritta (che, come ben sappiamo, può essere ignorata e violata), la rappresentanza. Perché, come ben compresero i federalisti americani, essa soddisfa l´interesse dei molti a controllare e quello dei pochi a non vedersi fatalmente in minoranza.
Il potere deterrente delle elezioni sta nel fatto che esse hanno la capacità di stimolare attivismo decisionale in coloro che possono essere resi responsabili (accountable): nei rappresentanti cioè, non nei cittadini. I politici eletti sono sufficientemente controllati, dice la teoria elettoralistica della democrazia, dalla preoccupazione dei sondaggi e dal desiderio di essere rieletti. Ecco perché, come ha osservato Giovanni Sartori, «una volta che ammettiamo il bisogno di elezioni, minimizziamo la democrazia per la semplice ragione che riconosciamo che il demos non riesce da se stesso a far funzionare il sistema politico». Il meccanismo elettorale rende la partecipazione diretta inessenziale per il funzionamento e la sicurezza delle istituzioni. Tuttavia, la politica democratica non è solo partecipazione diretta.
Dunque, con la rappresentanza, i pochi hanno trovato la loro collocazione e ciò ha contribuito a stabilizzare la democrazia. La differenza tra antichi e moderni è qui notevole. Perché le nostre costituzioni sono riuscite a preodinare, regolandole, tutte le forme di dissenso e a rendere la lotta per il potere una strategia stabilizzante. (...) Sembra dunque di poter dire che la democrazia moderna non ha più nemici perché è riuscita a renderli parte del giuoco politico. Vista da questa angolatura, la rappresentanza non è una violazione della democrazia, ma invece il mezzo che l´ha rafforzata liberandola da quell´antitesi radicale che per secoli l´ha tenuta sotto scacco ? moderando non solo o tanto il potere dei molti ma in modo particolare quello dei pochi. (...)
Alcune costituzioni sono più attrezzate di altre. L´articolo 5 della Costituzione della Repubblica federale tedesca dichiara che «ognuno ha diritto di esprimere e diffondere liberamente le sue opinioni con parole, scritti e immagini, e di informarsi senza impedimento attraverso fonti accessibili a tutti». La nostra Costituzione non è altrettanto esplicita nel proclamare la libertà dei cittadini di essere informati, benché l´evoluzione della nostra giurisprudenza (anche grazie allo stimolo di quella comunitaria) è andata nella direzione dell´affermazione della libertà di informazione, sia come libertà di esprimere opinioni che come diritto a essere informati (una libertà che leggi improvvide hanno vanificato permettendo la formazione di fatto di un sistema di monopolio privato dell´informazione e non liberando il servizio radiotelevisivo pubblico dal dominio del parlamento e quindi della maggioranza).
L´informazione mette in atto due forme di libertà: quella civile o dell´individuo e quella politica o del cittadino. Essa sta insieme al processo di formazione dell´opinione: come cittadini democratici abbiamo bisogno di sapere per poterci formare un´opinione e decidere; e abbiamo bisogno di sapere per controllare chi decide. Diceva Thomas Jefferson che è preferibile una società senza governo ma con molti giornali a una con un governo ma senza giornali.
L´informazione è un bene pubblico come la libertà e il diritto (e come libertà e diritto non è a discrezione della maggioranza); un bene del cittadino, non soltanto dell´individuo. È soprattutto un bene che ci consente di avere altri beni: di monitorare il potere costituito, di svelare ciò che esso tende a voler tener segreto. L´informazione fa parte perciò dell´onorata tradizione dei poteri negativi o di controllo, anche se il suo è un potere indiretto e informale.
Senza questo controllo le democrazie moderne sono a rischio, anche qualora il diritto di voto non sia violato; anche qualora non ci sia più, nemmeno nell´immaginario, l´idea di un altrove rispetto alla democrazia; anche qualora la democrazia non abbia più nemici politici.
___

22 maggio 2009

Presentazione di libri a Genova


PROFONDO NOIR
dacci oggi il nostro orrore quotidiano...
di Adriano, Cacace, Cambosu, Zito, Caturano, Ceccarelli, Chierchia, Coglitore, Cosentino, Gironi, Monteverde, Paoli, Taffarello, Zucchi, Varotti, Zazzara,
edizioni 9muse, 2009

LADRO DI SOGNI
Storia noir di una Milano marginale

di
Sergio Paoli
Fratelli Frilli Editore

Interverranno
Stefano Termanini, Editore Travel2Liguria, Simona Calissano, collaboratrice di web magazine e blogger Liliana Cosso, leggerà alcuni brani tratti dai due volumi
Saranno presenti gli autori: Giorgia Rebecca Gironi, Sergio Paoli, Sara Monteverde

venerdì 22 maggio - ore 18,00
la passeggiata librocaffè
piazza S. Croce, 21 R - Genova
*Presentazione a cura de La Maona. Centro internazionale di Cultura per lo Sviluppo dei Popoli .

*segnalato da Simona Calissano
____

21 maggio 2009

In libreria

«Le frontiere dell’alterità». Le parole e cose
Palermo, Sellerio, 2009, 232 p.
Il prossimo, l'estraneo, l'esotico: sono le tre filiere che circoscrivono, oggi, la contemporaneità del dibattito sull'identità e, per converso, sul multiculturalismo. Ciascuna di esse ha il suo focus nella relazione mutevole, che fonda l'ontologia stessa del rapporto tra un Io immaginario e un Altro immaginario, soggetti e oggetti contestuali di una dialettica aporetica, dove la domanda è fondativa di una risposta muta. Il tessuto connettivo della relazione è la struttura portante di tutto questo discorso: l'Immaginario. Questa ricerca, mettendo a confronto temi ed autori di scuole e di formazioni diverse, offre un panorama equilibrato e aderente allo stato dell'arte della situazione internazionale, pur cosciente della sua «funzione strumentale» rispetto alla complessità della materia. (dalla Prefazione di Gianni Puglisi)
Scritti di: Alberto Abruzzese, Maria Tilde Bettetini, Renato Boccali, Corin Braga, Ionel Buºe, Mauro Ceruti, Francimar Duarte Arruda, Patrizia Nerozzi Bellman, Daniel-Henri Pageaux, Federico Pellizzi, Mario Perniola, Maryvonne Perrot, Paolo Proietti, Aldo Trione, Fabio Vittorini, Myriam Watthee-Delmotte, Jean-Jacques Wunenburger, Ilana Zinguer.
*segnalato da R.C.

17 maggio 2009

Sri Lanka, l'ennesimo conflitto dimenticato

Nell’isola dell’Oceano indiano da circa trent’anni continui scontri tra esercito governativo e le “tigri” Tamil. Questa settimana bombardato un ospedale: 49 morti. Perché sta accadendo e perché nessuno interviene?
Per capire i problemi odierni di questo paese non si può ignorare la sua storia. Ceylon è stata dal 1505 prima colonia portoghese poi olandese e infine inglese; dal 1815 proprio l’Inghilterra qui inizia a coltivare tè e caffè, importando manodopera indiana a nord e est dove si sviluppa la minoranza Tamil, di fede induista, mentre la maggioranza del paese è di fede buddista. I rapporti tra Tamil (dell'India e dello Sri Lanka) e singalesi sono sempre stati complessi, talvolta pacifici, talvolta bellici, con invasioni in entrambe le direzioni e fusioni tra i due popoli.
Nel 1948 Ceylon acquista l’indipendenza diventando una nazione unica, ma con molte minoranze emarginate ed attaccate continuamente. Infatti quando nel 1959 il primo ministro Solomon Bandaranaike manifesta un’apertura verso i Tamil viene ucciso; gli succede la moglie Sirimavo (prima donna al governo al mondo) e così si torna alla chiusura verso le minoranze. Nel 1965 nasce il movimento delle “tigri del Tamil” per liberare l’Elam (che è la patria Tamil) mentre nel ’76 si forma il movimento L.T.T.E. (Liberation Tigers of Tamil Eelam) nel nord-est del paese. Nel 1972 il nome ufficiale del paese cambia da Ceylon in "Repubblica libera, indipendente e sovrana dello Sri Lanka". La crescita di un più sostenuto nazionalismo singalese dopo l’indipendenza ha fomentato la divisione etnica fino alla guerra civile scoppiata negli anni ‘80 tra i Tamil che vogliono autogovernarsi e il governo singalese; i continui scontri tra esercito governativo e l’esercito separatista sono stati senza esclusione di colpi: attacchi aerei, mine su strade, attacchi suicida, battaglie per terra e mare hanno provocato la morte, in soli tre giorni, a Colombo di un migliaio di Tamil, e di migliaia di rifugiati. Nel 1987 l’India ha inviato dei pacificatori nelle aree Tamil ma essi hanno fatto ritorno nel ’90 senza aver risolto le controversie in atto. Infatti nel ’93 il presidente Premasada viene ucciso da una bomba lanciata dalle “tigri”, il cui movimento (L.T.T.E.); anche per questo gesto, è stato riconosciuto come organizzazione terroristica da USA, Regno Unito e in seguito dagli altri 26 paesi dell'UE, Australia, India e Canada; questo movimento è ritenuto inoltre la prima organizzazione terroristica con un proprio modulo terroristico. I Tamil nel nord-est hanno costituito uno stato “de facto” con propri organi di polizia, giustizia e fisco; hanno appena 10.000 combattenti (contro i 250.000 governativi), ma sono finanziati dalla grande diaspora Tamil in America, Canada, Regno Unito ed Australia.
Nel 2002 vi è stato un accordo di “cessate il fuoco” tra governo e ribelli ma, nonostante i mediatori di pace norvegesi, esso è stato violato da entrambe le che avevano però accettato per la prima volta di scambiare prigionieri di guerra; è stato il momento di maggiore vicinanza del paese di sempre ad un accordo di pace duraturo. Tuttavia le “tigri” hanno rotto i negoziati e nonostante la situazione di enorme difficoltà creata dallo tsunami del 2004, gli scontri tra le Tigri Tamil ed i militari non sono cessati, e stanno continuando anche oggi, dopo essere già costati 70.000 vite.
Nel 2005 Mahinda Rajapaksa è diventato presidente, ha escluso l’autonomia per i Tamil nel nord-est e ha promesso di rivedere il processo di pace e così nel 2006 è ripresa la guerra; nel 2009 l’esercito singalese ha conquistato le principali basi tamil e il maggiore ospedale nel territorio dei ribelli è stato colpito dalle bombe-grappolo (cluster bombs) causando la morte di 52 civili, in violazione delle leggi umanitarie, anche perché avvenuto quando l'esercito aveva comunicato la vicina liberazione di migliaia di persone rimaste intrappolate dalla ripresa dei combattimenti da parte delle Tigri Tamil dopo la fine di una tregua di 48 ore dichiarata dal governo. Governo e ribelli hanno ricevuto molte pressioni per dichiarare una tregua che permetterebbe ai feriti di essere evacuati dalla zona di guerra nel nord est e agli aiuti umanitari di intervenire; tuttavia il governo ha escluso ogni tregua e ha promesso di sconfiggere i ribelli. L’ultimo tragico fatto è il bombardamento di un ospedale la scorsa settimana (maggio 2009), ennesima dimostrazione della guerra senza regole attuata dalle due parti che, peraltro, si sono rimbalzate la responsabilità dell’accaduto accusandosi a vicenda.
Si registrano gravi violazioni dei diritti umani da entrambe le parti del conflitto, regolarmente accusate di evidenti abusi dei diritti umani da organizzazioni come Amnesty International e Human Rights Watch. Tuttavia questo non è un conflitto tra due stati con propri governi ufficialmente riconosciuti e quindi vi è un problema di interpretazione del diritto internazionale in quanto non si può parlare in questo caso di occupazione coloniale, ma di un conflitto interno non-internazionale che è quindi disciplinato dal diritto umanitario ma anche dalla tutela internazionale. La situazione è dovuta anche ad un altro grande problema che il diritto internazionale sembra ancora ben lontano dal risolvere, cioè quello legato al concetto di sovranità perché il diritto internazionale è definito come il diritto della comunità internazionale che riconosce la sovranità degli stati; ciò vuol dire che esso interviene solamente laddove la sovranità del singolo stato non riesce a porre rimedio ai propri problemi; da qui l’ovvia difficoltà di applicazione degli standard dei diritti internazionali, perché la comunità internazionale non può, come in questo caso, intervenire in quelle che sono (dato che non si tratta di conflitto internazionale) vicende nazionali interne, ma non può neanche ignorare le migliaia di morti che esse stanno generando. Lo Sri Lanka ha firmato le Convenzioni di Ginevra tuttavia, come molti altri paesi, rispetta le loro disposizioni ma solo volontariamente, non ritenendosi obbligato in alcun modo; ciò rappresenta un “cortocircuito” del sistema del diritto internazionale in quanto se non si è obbligati a rispettare delle regole, le sanzioni derivanti dalla loro non osservanza non hanno alcun valore vincolante, ma solo morale.
Edoardo Buganza

15 maggio 2009

In libreria

Enrico Mentana
Passionaccia
Milano, Rizzoli, 2009, 183 p.

scheda del libro
Conoscere il mondo per cambiarlo, o perlomeno per spiegarlo: è la vocazione di quelli che il giornalismo lo hanno preso da giovani, come una malattia. Enrico Mentana ne racconta il decorso, che nel suo caso coincide con tutte le storie che in questi anni hanno segnato la vita pubblica nazionale. Che si parli della stagione di Tangentopoli o del dramma di un sequestro, di una nuova testata giornalistica o di una "discesa in campo", c'è sempre nel risvolto di ogni vicenda un insegnamento per la libertà di informare e per il dovere civile di tutti. Tra guerre, sfide politiche, lotte giudiziarie, errori e orrori di cronaca. Mentana ha vissuto faccia a faccia con i fatti e i personaggi che sono entrati in tutte le case d'Italia, depositario della responsabilità di mostrare giorno per giorno la realtà e i suoi lati oscuri. Ognuna di queste storie è specchio dei tempi, dei poteri che governano, degli equilibri che li legano. Raccontate da chi si è trovato, mentre accadevano, nei luoghi forti del giornalismo, disegnano un ritratto originale, con i tic e meschinità, ma nonostante tutto anche l'emozione, che appartengono tanto alla quotidianità di spettatori quanto al mestiere di chi informa. C'è chi lo fa per noia, o per professione. E chi lo fa per "l'ebbrezza di avere in mano il potere della notizia, e di diffonderlo senza usarlo per nessun altro fine". La morale è una sola: che non è questione di buoni o cattivi, di giusto o ingiusto, ma di obiettività o no, di rigore o no, di "passionaccia" o no.
*segnalato da R.C.
___

14 maggio 2009

In libreria

Sergio Splendore
Sociologia del format. Dall'idea al prodotto televisivo
Milano, Unicopli, 2009, 303 p.

scheda dell'editore

La storia della ricerca inside image factory - dentro la fabbrica delle immagine - si sempre è costruita intorno a una specifica domanda: chi ha il potere di influenzare il processo tramite cui vengono costruiti i testi mediali? Insomma: chi è che decide le notizie di apertura dei quotidiani? Chi decide di mostrare uomini politici ai fornelli durante trasmissioni di approfondimento e attualità? Rispondere a questo tipo di domande riferendosi a un format televisivo significa analizzare, studiare e osservare un complesso percorso di produzione che va dalla nascita di un idea, passando dalla sua distribuzione, fino alla sua localizzazione nei diversi palinsesti nazionali, evidenziando i diversi rapporti di potere che si stabiliscono fra tutti i molteplici attori che partecipano alla sua produzione. In sostanza non significa altro che sottolinearne tutte le sue caratteristiche prettamente sociologiche.
Sergio Splendore è dottore di ricerca presso il Dipartimento di Studi Sociali e Politici dell'Università degli Studi di Milano. È stato visiting Fellow nel Department of Social Sciences della Loughbough University. È redattore della rivista ComPol-Comunicazione Politica ed co-autore del volume Giornalismo in Mutazione (Genova 2005).
___

13 maggio 2009

FLORIDA STUDIO

Notevole...sconquassante.
Guardate questo cortometraggio su http://www.floridastudio.net/, troverete anche ulteriori notizie.
Teodora Cristalli

12 maggio 2009

In libreria

Alberto Manguel
Una storia della lettura
Milano, Feltrinelli, 2009, 312 p.

scheda del libroUna storia della lettura non è “la storia” della lettura, ma è, appunto, “una storia” della lettura – soggettiva, unica, parziale, passionale, intima. Con rigore e con una leggerezza che è sempre affabilità, Manguel parte da annotazioni personali, passi autobiografici, aneddoti che dissacrano la letteratura in quanto scienza e arriva a celebrare la superiorità della lettura e, soprattutto, dei lettori. A questo scopo chiama in causa Plinio, Dante, Cervantes, sant’Agostino, Colette e l’amatissimo Borges, di cui in gioventù è stato fedele lettore ad alta voce. Manguel parla della forma del libro, dei libri proibiti, del valore delle prime pagine, di cosa vuol dire leggere in pubblico e, al contrario, dentro la propria testa, e ancora, del potere del lettore, della sua capacità di trasformare e dar vita al libro, quanto e forse più dell’autore stesso, della follia dei librai e del fuoco sacro che divora ogni vero appassionato di storie. E lo fa attingendo a immagini della sua infanzia a Buenos Aires, quando passava ore e ore nella libreria vicino a casa, o sotto le coperte, eccitato e rapito da quel tempo segreto rubato alla notte e consegnato all’immaginazione.
*segnalato da R.C.

10 maggio 2009

Giornalismo e democrazia

«So che sono tempi difficili per molti di voi, che ci sono grandi giornalisti che stanno perdendo il lavoro a causa delle difficoltà del settore. Sono tempi di rinnovamento tecnologico, di cambiamento. Ma ci tengo a dire che il vostro servizio è essenziale per la tenuta della democrazia. L'ipotesi di un giorno in cui non vi sia una forte critica nei confronti del governo non è un'opzione contemplata per gli Stati Uniti d'America. Voi a volte peccate di approssimazione. Ma ogni giorno ci aiutate a renderci conto della complessità del mondo in cui viviamo. Questa è una stagione di rinnovamento e di cambiamento. Per questo, sinceramente, vi offro il mio ringraziamento e il mio supporto».
Barak Obama
*fonti: Rainews24
L'Unità", 10 maggio 2009
____

09 maggio 2009

Il Giornalismo d'Inchiesta "A Chiare Lettere"

Nei giorni 8, 9, 10 maggio si terrà a Marsala il primo Festival del giornalismo d’inchiesta. Tre giorni di incontri e dibattiti con giornalisti, fotoreporter, scrittori, video operatori.
A inaugurare il
festival sarà Roberto Saviano, con un video registrato per l’occasione a cui seguirà il conferimento della cittadinanza onoraria a Giuseppe Gualtieri, il questore che ha arrestato Provenzano.
Nella bellissima cornice del centro storico di Marsala saranno realizzati incontri, dibattiti, conferenze e visioni di film e documentari sul tema dell’informazione in Italia a partire dal giornalismo d’inchiesta, inrelazione anche alla attuale crisi dei quotidiani e al prepotente sviluppo dell’informazione online.

Giornalismo d’inchiesta vuol dire libertà d’informazione, ricerca della verità, nessuna appartenenza a partiti o schieramenti politici, distanza da potentati economici o religiosi. Per stare dalla parte di chi vuole semplicemente sapere.
Scarica il materialeIl programma (file jpg)Il depliant (file pdf)Il manifesto (file pdf)
*segnalato da Chiara Ravano

08 maggio 2009

Fotografia: mezzo di comunicazione o di seduzione?

Il 2 maggio, in occasione della quarta edizione di Fotografia Europea, sono stata a Reggio Emilia. Quest’anno la rassegna aveva come tema l’Eternità, la questione del tempo nell’immagine fotografica.

La fotografia nell’ambito del giornalismo riveste un ruolo molto importante. L’immagine può essere molto più immediata e d’impatto delle parole inoltre, le immagini sono leggibili da tutti. Certo, bisogna poi che la lettura sia esatta, ma sta al buon fotografo presentare immagini chiare, che non lascino spazio a sbavature mentali.

Il tempo… l’otturatore in un attimo si apre e si richiude, consegnandoci attimi di tempo. Qualcosa che mai prima era avvenuto e mai più accadrà, non in quel modo, non in quel momento, è ora impresso su una pellicola (o su una memory card digitale). Qualunque sia il supporto che stiamo utilizzando, abbiamo tra le mani un potente strumento di comunicazione, strumento con il quale possiamo effettivamente intrappolare momenti reali. Non dimentichiamoci poi di quanto la fotografia sia capace di smuovere i sentimenti, di come, alle volte, una fotografia possa prenderti dritto allo stomaco e strizzarti le budella; di quanto stupore e incredulità, rabbia, dolore, gioia e quanto altro possa creare. Ogni millimetro di negativo, ogni pixel, contiene una grande energia.

Prima ho accennato al fatto che una fotografia deve anche essere letta nel modo giusto. Attenzione, stiamo ben attenti a non farci prendere per il naso (detta proprio in maniera educata) dalle immagini. Bisogna imparare a distinguere ciò che è stato appositamente costruito e ciò che invece è una pura immagine del reale che, certamente, sarà il reale per quel fotografo che in quel momento ha scelto di scattare, e sarà un reale “tagliato”, un reale entro i margini, ma pur sempre vero. Il nostro quotidiano è rigonfio d’immagini preconfezionate, tentano in tutti i modi di sedurci, di abbindolarci e compiacerci.

Io scelgo il reale e le sue rappresentazioni sincere e non ho vergogna nel lasciare che una fotografia vera mi commuova, ho vergogna semmai per la commozione scaturita da uno spot pubblicitario, da un servizio di cronaca nera o, ancor peggio ma ahimé molto attuale, da un reality.

Vorrei un po più di immagini autentiche accompagnate da autentiche emozioni.

Chiara Ravano

*link al sito di Fotografia europea

FAREUROPA


Università degli studi di Genova
Corso di Laurea interfacoltà in
Editoria, Comunicazione Multimediale e Giornalismo

FAREUROPA: giovani giornalisti per il futuro
Damiano Razzoli
Coordinatore dell’Associazione Youth Press Italia presenterà il
Premio per Giovani Giornalisti Europei 2009
ed i Progetti dell’ European Youth Press

Venerdì 8 maggio 2009 - ore 10 Aula Mazzini – Via Balbi 5 (III piano) Genova

European Youth Press è nata nel 2004 al fine di valorizzare la formazione al giornalismo e promuovere l’integrazione dei giovani giornalisti e dei media makers europei. Il network riunisce 18 associazioni nazionali tra cui Youth Press Italia , nata nel 2008.

- Premio europeo per giovani giornalisti 2009
La Direzione Generale per l’Allargamento, in collaborazione con l’Associazione European Youth Press e Café Babel, ha lanciato oggi il Premio europeo per giovani giornalisti 2009, un concorso paneuropeo rivolto a giovani giornalisti. L’Europa celebra quest’anno il 20° anniversario della caduta della “cortina di ferro” e il 5° anniversario dell’adesione all’UE di otto Paesi dell’Europa Centro-Orientale e di Malta e Cipro. Questi anniversari offrono uno speciale spunto ai giornalisti - sia professionisti che aspiranti - di tutta Europa per manifestare ed esprimere il proprio punto di vista sull’allargamento dell’Unione Europea. In seguito al successo della scorsa edizione, la Commissione Europea vuole offrire ad altri giovani giornalisti l’opportunità di mostrare il proprio talento. Inoltre, l’edizione 2009 è aperta, oltre che ai giornalisti della stampa e ai giornalisti online, anche a quelli radiofonici. Il concorso è partito il 1° Febbraio e si concluderà il 31 Maggio 2009. L’argomento centrale degli elaborati per entrambe le categorie dovrà essere legato al tema dell’allargamento dell’UE e/o alla visione futura dell’Europa. I partecipanti dovranno essere di età compresa tra i 17 ed i 35 anni, e dovranno provenire da uno degli stati membri UE, da un paese candidato o potenzialmente candidato all’adesione (Balcani Occidentali e Turchia). In occasione del lancio del concorso Olli Rehn, Commissario per l’Allargamento, ha affermato: “Diamo il benvenuto alla seconda edizione di questo concorso aspettando di leggere e ascoltare i punti di vista dei giovani giornalisti di tutta Europa. I giovani sono degli “opinion leader” importanti per la loro generazione e il concorso offre loro l’opportunità di condividere le proprie esperienze e punti di vista sul nostro futuro europeo.” Nella valutazione degli elaborati, i membri delle giurie nazionali dedicheranno una particolare attenzione al taglio giornalistico di tutte le clip radiofoniche e degli articoli inviati che dovranno trattare il tema dell’allargamento dell’Unione Europea. I partecipanti possono accedere al concorso tramite il sito web: http://www.eujournalist-award.eu/. Il sito fornisce inoltre informazioni relative alla politica dell’allargamento UE, consigli utili per intraprendere la carriera giornalistica e un blog interattivo. Le clip radiofoniche e gli articoli vincitori saranno pubblicati sul sito web del concorso; gli articoli saranno inoltre pubblicati in un fascicolo. I 35 vincitori nazionali del Premio Europeo per Giovani Giornalisti 2009 saranno premiati con un viaggio storico-culturale a Berlino tra la fine di agosto e l’inizio di settembre 2009. La capitale tedesca celebrerà quest’anno il 20° anniversario della caduta del muro di Berlino. Alla conclusione del viaggio i vincitori potranno incontrare rappresentanti dell’UE, politici, ambasciatori e giornalisti da tutta Europa. Per avere informazioni su come partecipare al concorso visita il sito http://www.eujournalist-award.eu/.
- Progetto “My Vote for my Europe”
Giovani provenienti da Polonia, Portogallo, Italia e Bulgaria si ritroveranno a Sofia dal 9 al 13 maggio 2009 per una conferenza sulle elezioni europee nell’ambito del Progetto “My Vote for my Europe” promossa da Youth Press Bulgaria con il contributo del Programma Youth in action. Youth Press Italia partecipa come partner italiano al progetto insieme al Forum Nazionale dei Giovani. Ogni organizzazione può partecipare con 5 ragazzi, incluso il responsabile, di età compresa tra i 18 e i 26 anni. La partenza è fissata per venerdì 8 maggio con ritorno il 13 maggio. Verrà rimborsato il 70 % del costo del viaggio (treno seconda classe, viaggio aereo low cost), vitto e alloggio sono coperti dall’organizzazione. Nel periodo compreso tra il 1 al 6 maggio 2009, ogni partner dovrà realizzare un’intervista a 30 giovani di età compresa tra i 18 e i 26 anni chiedendo loro la propria visione dell’Europa e un giudizio sull’attività del Parlamento Europeo, in particolare sui temi della campagna elettorale. I risultati delle interviste saranno riassunte durante i giorni della conferenza a Sofia in un unico report che verrà consegnato ai membri del Parlamento Europeo. La conferenza si terrà presso l’Hotel Hilton di Sofia con la partecipazione degli europarlamentari, i membri del Parlamento bulgaro e i media locali. Per il party internazionale bisogna portare vestiti, accessori, e musiche tradizionali tipici della propria nazione o regione. Le adesioni per partecipare al progetto si raccolgono entro il 15 aprile 2009. Saranno selezionati 4 ragazzi di età compresa tra i 18 e i 26 anni. Mandare i vostri dati all’indirizzo info@youthpressitalia.eu contenenti: nome, cognome, studi, attività, motivazione a partecipare al progetto. Indicare nell’oggetto della Mail “My Vote for my Europe” Per maggiori informazioni contattare Daniela Vismara daniela.vismara@tiscali.it
*Bandi segnalati da Damiano Razzoli - Coordinatore di Youth Press Italia

- Per conoscere gli scenari e le prospettive del giornalismo europeo cfr.:
D. Razzoli, Tra Europanto e Webciety: le cirsi e il nuovo giornalismo europeo , in ""ticonzero. rivista di economia della cultura" (n.97/2009)" 12 p. in formato pdf (link sul titolo)
http://www.blogger.com/
D. Razzoli, Tra Europanto e Webciety: alcuni esempi di giornalismo transnazionale, in "ticonzero. rivista di economia della cultura" (n.97/2009) 15 p. in formato pdf (link sul titolo)



___

Archivio blog

Copyright

Questo blog non può considerarsi un prodotto editoriale, ai sensi della legge n. 62/2001. Chi desidera riprodurre i testi qui pubblicati dovrà ricordarsi di segnalare la fonte con un link, nel pieno rispetto delle norme sul copyright.