Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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18 marzo 2011

Tutti i particolari in cronaca? Una piccola riflessione

In questi giorni dominati dalla catastrofe giapponese, e dalla minaccia nucleare che ci tiene col fiato sospeso, vorrei condividere con voi una piccola riflessione di tutt'altro tenore, su un fatto che mi ha colpito.
Due giorni fa, mentre monitoravo il Correio da Manhã per la nostra rassegna stampa, all'interno della sezione Mundo mi sono imbattuta in un tipo di notizia che mi ha lasciato molto turbata, non per il fatto raccontato, purtroppo piuttosto comune in ogni parte del mondo (una ragazza violentata e uccisa in Brasile) ma per il taglio che si è scelto di dare alla notizia, una breve di 4 capoversi. 
 La cosa che inizialmente ha attratto la mia attenzione è stata l'immagine: un disegno che raffigurava in modo piuttosto realistico un'aggressione sessuale. Un tipo di immagine che sui nostri quotidiani è difficile trovare. Questo mi ha spinto a leggere, con l'aiuto del traduttore di Google, che uso abitualmente per fare la rassegna. Il breve articolo non lesina particolari crudi e usa un linguaggio estremamente diretto, per descrivere sevizie su cui, solitamente, almeno da noi, si usa sorvolare, anche perché nulla aggiungono al resoconto.
Ma l'immagine resta la cosa che mi ha colpito di più. E' di regola corredare un pezzo, qualsiasi pezzo, con una immagine. Accade per esempio che a commento di un articolo su uno stupro, si veda a volte una foto d'archivo che raffigura una giovane seduta con le braccia intorno alle ginocchia, i capelli a coprirle il volto, a rappresentare in modo astratto la violazione della femminilità di tutte le donne  che ogni giorno sono vittime della violenza. Non credevo invece possibile che un disegnatore arrivasse a ricostruire per un quotidiano la scena dell'aggressione, con tanto di particolari realistici: le mani dell'aggressore intorno al collo della vittima, la donna che urla, la camicetta aperta.
Mi sono chiesta il perché di una scelta di questo tipo, e il perché di questa diversa sensibilità tra i media portoghesi e i nostri. In fondo, si tratta di due realtà che dovrebbero avere diversi punti di contatto. Non sono riuscita per il momento a trovare una risposta. Voi che cosa ne pensate? Una ipotesi potrebbe essere che la contaminazione del mezzo televisivo rende assuefatti a questo tipo di immagini; il suo linguaggio, pervasivo, penetra anche nella carta stampata. E' questo che dobbiamo dare al telespettatore tipo, se vogliamo farlo diventare/rimanere lettore di quotidiani. 
Ma allora mi sono resa conto che viene a cadere un presupposto:  noi non siamo diversi dai portoghesi, a ben guardare. Che senso ha ritenerci superiori, con  i nostri plastici delle villette e le ricostruzioni sceneggiate degli interrogatori degli indagati per omicidio? Forse l’unica differenza è che – per il momento – da noi il peggio resta confinato nel teleschermo, ma è proprio così? 
Elisabetta Ferrando

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