Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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06 gennaio 2013

Perchè qualcuno dovrebbe leggere questo libro?

Questo si chiedono nella prefazione del manuale gli autori, esperti in diritto dell'informazione. L'approccio al testo appare da subito, per la chiarezza dei contenuti, adatto  tutti. Quest'analisi di lettura é rivolta in particolare, a giovani inesperti giornalisti e free lance. Il volume, nonostante i tecnicismi giuridici e le citazioni delle sentenze di Cassazione, é comunque facilmente fruibile da un pubblico eterogeneo e da tutti coloro che desiderano conoscere le norme e i limiti del diritto dell'informazione.
Già nel titolo e nel sottotitolo: Le Regole dei Giornalisti: istruzioni per un mestiere pericoloso é esplicito il contenuto dell'opera, che si articola in un percorso dove temi diversi si susseguono e si intrecciano. Si passa dal diritto all'informazione al diritto della persona, dal diritto di cronaca al diritto di critica, fino ad analizzare dettagliatamente l'area che distingue il confine tra lecito ed illecito nei settori dell'informazione, del trattamento dei dati personali, della pubblicità e del mondo virtuale.
A tre mani, gli autori presentano la complessità e la difficoltà interpretativa delle norme, districandosi in un percorso fatto di “lacci e lacciuoli” in tema di privacy, sanzioni disciplinari e tutela delle fonti.
Le democrazie attuali controllano spesso, ciò che ogni esperto del settore liberamente vuole scrivere: il rischio é sempre in agguato e facilmente il giornalista inciampa, cadendo in una rete di procedimenti giuridici e sanzioni per ingiuria, calunnia e diffamazione.
Fin dalle prime pagine si delinea un excursus storico sulla pericolosità dello scrivere.
Nelle XII Tavole del diritto romano, infatti, è contemplato il reato di diffamazione, punito con la fustigazione, mentre in epoca medioevale, le pene per ingiuria prevedevano il taglio della lingua.
Nella metà del XVII secolo, personaggi come Giovanni Quorli e nel 1603 Michelangelo Merisi da Caravaggio, ebbero a che fare con la giustizia per aver pubblicato testi a contenuto “illecito”.
Con l'affermarsi dello Stato liberale si procede a un cambiamento fondamentale nella libertà di informazione e di stampa. Celebre é rimasto l'art. 11 della Dichiarazione dei Diritti dell'uomo che prevede: “l'abolizione dell'autorizzazione della censura sulla stampa e l'obbligo che ogni intervento limitativo di tale libertà sia previsto dalla legge”.
Durante il periodo fascista sono molti i martiri caduti in nome della libertà di opinione, così come numerose sono le normative erogate, che ancora oggi stentano ad essere abrogate.In postfazione un contributo é riservato all'attività giornalistica di Francesco Merlo, che in Vita da Querelato, testimonia la sua esperienza professionale di cronista: una vita la sua, sospesa tra libertà di stampa, censura e sanzioni.
Alla domanda conclusiva e un po' provocatoria degli autori, se valga ancora la pena fare questo mestiere, la risposta seppur complessa, non può che essere affermativa. Sicuramente la professione é rischiosa, ma pur sempre emozionante, soprattutto nel momento in cui si annusa lo scoop giusto e si riesce ad incrinare ed abbattere la cortina grigia dell'informazione ufficiale.
Christian Humouda


*Caterina Malavenda, Carlo Melzi D'Eril, Giulio Enea Vigevani
Le regole dei giornalisti: istruzioni per un mestiere pericoloso
Bologna, Il Mulino, 2012, pp. 178.
 
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