In occasione del 
Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia, lo scorso 25 aprile si è 
tenuto un panel discussion dal titolo “Fact-checking all'italiana”. Tale 
incontro, che si è per l'appunto focalizzato su diversi progetti made in 
Italy di verifica delle dichiarazioni rilasciate dai politici, ha visto tra 
gli speaker Matteo Agnoletto. Agnoletto, laureando in Informazione ed Editoria 
presso l'Università degli Studi di Genova, è il fondatore del 
Politicometro, “strumento che misura 
il grado di veridicità delle dichiarazioni dei politici”, come si evince dalla 
descrizione presente sul sito della testata.  
Matteo ha poco più di vent'anni, sta per concludere 
il tradizionale ciclo quinquennale universitario e negli stessi cinque anni è 
entrato ed è cresciuto all'interno del mondo del giornalismo. È per questo 
che ho reputato opportuno e significativo porgli alcune domande per conoscere e 
comprendere le idee, i progetti e la determinazione di un ragazzo in cui gli 
iscritti al corso di Informazione ed Editoria e non solo possano rispecchiarsi. 
Fondatore e 
direttore di politicometro.it, laureando in InfoEd, nel mondo del giornalismo da 
cinque anni e ne hai solo 23. Quando e come sei entrato nel mondo del 
giornalismo?
Ho iniziato subito dopo la 
maturità scientifica inviando mail a tutte le redazioni di Genova. Gli unici a 
richiamarmi furono quelli di Minigoal, settimanale sul calcio giovanile 
e dilettantistico, nel novembre 2008. A gennaio 2009 lavoro per il Corriere 
Mercantile: fino a luglio come 
collaboratore e da settembre a luglio 2010 come coordinatore in redazione. Ad 
agosto 2010 passo alla redazione genovese del Giornale come collaboratore in cronaca, 
ruolo che conservo fino a marzo 2013. A gennaio 2012 nasce l'idea 
Politicometro, concretizzata con la messa online il 15 
marzo. 
Sul sito 
politicometro.it ho letto che l'idea è nata durante una lezione di Storia del 
Giornalismo. Quale ruolo ha giocato e quale ruolo giocherà la magistrale 
genovese sia a livello ispirazionale che sul piano pratico, del tuo percorso 
lavorativo?
Sul piano ispirazionale la 
laurea magistrale ha fatto molto, visto che mi ha dato l'input proprio durante 
una lezione con ospite Raffaele Mastrolonardo. Un altro aspetto importante è la 
frequenza alle lezioni e il seguire gli incontri proposti dal corso: spesso 
un'idea o un contatto possono nascere proprio in queste occasioni. A livello 
pratico, invece, devo confessare che non credo che questo corso di laurea basti 
di per sé: tutte le nozioni che dà -e non sono poche- servono solo se affiancate 
ad un'esperienza "da strada". In poche parole, non si diventa giornalisti solo 
sui libri e a lezione.
Quale titolo di 
laurea triennale hai conseguito? La laurea magistrale ne costituisce il naturale 
proseguimento o la passione per l'informazione è nata 
successivamente?
Nella triennale mi sono 
laureato in Lettere moderne e la magistrale ne è in parte il suo naturale 
proseguimento, essendo un'interfacoltà tra Scienze Politiche e Lettere. Nella 
scelta del curriculum di studi ho optato però per quello più vicino a Scienze 
Politiche (GPPO), in modo da ampliare il più possibile le mie conoscenze ed 
evitando di "ripetere" materie già studiate nella triennale. La passione per 
l'informazione è nata prima di ogni corso di laurea, il problema è stato 
canalizzarla in un percorso di studi attinente, senza puntare sulle scuole di 
giornalismo vere e proprie.
Tornando al 
Politicometro, la testata è regolarmente registrata in tribunale, siete partiti 
dal territorio genovese e volete estendervi a livello nazionale. È stato 
difficile per un gruppo di giovani studenti "professionalizzare" il progetto? Se 
sì, quali problemi avete dovuto affrontare?
È vero che la nostra età 
media è molto bassa e qualcuno di noi è ancora studente, ma siamo tutti 
giornalisti (chi con già il tesserino in mano, chi lo sta prendendo in questi 
mesi) con qualche anno di esperienza alle spalle. Per professionalizzare il 
progetto abbiamo cercato e cerchiamo tuttora di dare un prodotto 
qualitativamente molto valido e senza sbavature, in modo da essere noi stessi i 
primi garanti dell'autorevolezza del lavoro. Se questa autorevolezza è poi 
riconosciuta anche dagli utenti, il processo di professionalizzazione è già a 
buon punto.
Qual è il tuo 
giudizio su Genova? La consideri un terreno fertile per le radici di aspiranti 
giornalisti quali sono gli studenti di InfoEd?
Credo che Genova sia oggi 
uno dei terreni meno fertili per qualsiasi aspirante giornalista. Abbiamo poche 
testate e quasi tutte sono in crisi: entrare diventa difficilissimo e ottenere 
degli equi compensi pare utopico. A onor del vero, anche nel resto d'Italia la 
situazione non è rosea, ma esistono realtà sicuramente più aperte e con più 
possibilità, come Milano. Il mio consiglio -nonché quello che sto facendo io 
stesso- è quello di specializzarsi in più tipi di giornalismo: cartaceo, online, 
televisivo, radiofonico. 
Il tuo giudizio 
sull'Italia: scappare o restare? 
Oggi la situazione del 
Paese ci vede quasi costretti a scappare per realizzarci. Io provo a fare di 
necessità virtù, quindi dico: scappare oggi per formarci, migliorarci, acquisire 
esperienze nuove e poi tornare domani per risollevare/ricostruire il tessuto di 
questo Paese.
Progetti per il 
futuro?
Miei: apprendere il più 
possibile dal tirocinio a Telenord che comincerò tra pochi giorni, 
discutere la tesi a settembre, provare l'esperienza del tirocinio 
Schuman a Bruxelles, Rai a Roma o SGRT di Perugia.
Politicometro: 
proseguire il lavoro nazionale con un'azione di monitoraggio sul nuovo Governo, 
cercare di riprendere il discorso delle redazioni locali in primis a Genova, 
trovare un minimo di sostenibilità economica.
Enrica Orru
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