Edito in Italia da L’orma (Roma, ottobre 2012) per la tagliente collana Kreuzville, è la raccolta di cinque reportage d’inchiesta di un vero specialista del travestimento, il camaleontico Günter Wallraff, giornalista tedesco già noto dagli anni ’80 al pubblico internazionale per aver raccontato, con il libro Faccia da turco, la sua esperienza da “infiltrato speciale” nell’inferno degli immigrati in Germania durante il boom economico.
Alla soglia dei settant’anni, lo ritroviamo qui dipinto di nero nei panni del tedesco-africano, in fila per un posto letto in un centro di accoglienza nelle consunte vesti di un senzatetto, sbarbato e tirato a lucido a impersonare un dinamico quarantanovenne nell’angusta postazione di un frenetico call-center. Sul volto tante maschere diverse celano gli stessi occhi penetranti, pronti a documentare le condizioni di vita, di lavoro, di degenza e di disperazione di chi, nel grande teatro germanico, già del socialdemocratico Shröder e oggi della cristiano-democratica Angela Merkel, si ritrova, suo malgrado, a recitare la parte dell’ultima ruota di un pur maestoso carro.
Quello che nell’immaginario comune viene rappresentato come “il migliore dei mondi”, visto e vissuto in prima persona da una prospettiva interna, scrutando tra le fronde di una società profondamente stratificata e ricca di contraddizioni, appare, in alcuni dei suoi variegati contesti, ancora intriso di pregiudizi, di intolleranza e di sentimenti razzisti; si rivela indifferente, quando non indolente e cinico, nei confronti degli “ultimi”, come i vagabondi, gli emarginati e i tossicodipendenti; si mostra avido, spietato e meschino nello speculare sul lavoro alienante dei telefonisti dei call-center; infine, si scopre insensibile, disumano e un po’ criminale nel relegare a una follia indotta, magari legato a un letto di una clinica psichiatrica, chi non riesce a reggere psicologicamente a un ritmo di vita forsennato, che trasforma l’uomo in un pescecane sempre alla ricerca di pesci più piccoli da sbranare.
Personaggio tanto amato quanto temuto in patria, Wallraff si cala, con la maestria dell’attore navigato e con il consueto “fegato”, nelle spire meno note della galoppante Federazione, portando l’occhio del lettore là dove l’impietosa realtà è tale solo per chi vi è invischiato quotidianamente, mentre per gli altri esiste solo in quanto “sentito dire” sconveniente, che si preferisce ignorare per mai averci a che fare
Fingendosi un “negro”, un “barbone” o un disoccupato di lungo corso, il giornalista tedesco intende abbattere la sorridente barriera di apparenza dietro la quale, chi è dinanzi a un esponente della stampa, inevitabilmente si trincera, per dare di sé agli altri solo l’immagine migliore. Ne risulta una lettura intrigante, in cui le molte scene descritte si susseguono a un ritmo sostenuto, tipico del film-documentario.
Ascoltando le tristi storie delle vittime di una società sempre più sfilacciata perché prona alle impietose esigenze del libero mercato, Wallraff vuole documentare quegli habitat lavorativi che meglio esemplificano il trionfo della competitività, dell’alienazione, della lotta tra poveri, ma soprattutto dell’imbarbarimento etico che una crudele politica aziendale produce nei sottopagati dipendenti. È il caso delle scuole di formazione per l’alta cucina e dei famigerati call-center in cui centinaia di “polli in batteria” cercano, gomito a gomito, di abbindolare il prossimo, in un’ambientazione che non poco ricorda le scene dell’huxleyano Brave New World, dal quale l’autore trae infatti l’ispirazione per il titolo originale del suo libro, Aus der shöenen neuen Welt (letteralmente, “Il bel mondo nuovo”).
Dare voce a chi non ha voce. Sbattere a tutti in faccia una realtà cruda e ostica da digerire. Annullare ogni giorno se stessi e la propria indignazione per continuare a rendere conto, sotto mentite spoglie, di quelle identità silenziose o inascoltate che con le loro umiliazioni sul posto di lavoro, con i loro geloni raggomitolati dentro un sudicio sacco a pelo, con le loro paghe da fame e con le loro sindromi da burnout, compongono ampie fasce del tessuto sociale tedesco: questo è il modo da tempo scelto da Wallraff per contribuire al cambiamento della sua nazione.
Günter Walraff accende la luce su alcune zone d’ombra di una Germania dai mille volti, tante quante sono le maschere del “camaleonte del reportage” che, insieme ai microfoni nascosti, indossa una maschera per smascherare il vero volto di uno stato che, nella corsa al primato economico, al taglio del debito pubblico e alla lotta alla crisi dei mercati internazionali, non si fa scrupoli a sacrificare il welfare state, l’equità sociale e la dignità dei propri cittadini.
Un pugno nello stomaco alla coscienza. Un inno alla solidarietà che fa riflettere tutto l’Occidente.
Alessandro Pucci
Günter Wallraff
Notizie dal migliore dei mondi. Una faccia sotto copertura
Roma, L’orma editore, 2012, 312 pp.
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