Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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02 settembre 2014

Paese che vai, giornalismo che trovi


Paese che vai, giornalismo che trovi. E Che giornalismo troviamo in Italia? Questa è la domanda che si pone Damiano Celestini, l’autore del libro. Il nostro giornalismo è perennemente oggetto di critiche, vuoi per l’ingerenza della politica, vuoi per la tendenza al “chiacchiericcio” più che alla storia. Ma cosa porta il nostro paese ad avere questo modello? Possiamo ritenerlo meno buono di altri?
L’autore cerca di rispondere a queste domande a partire da un contesto storico/politico, attingendo dall’analisi di Daniel Hallin e Paolo Mancini nel volume Modelli di giornalismo. Mass Media e politica nelle democrazie occidentali (Laterza). Motivo della scelta di questa fonte, risiede nella convinzione che un giornalismo assuma specifiche caratteristiche  in base al trascorso storico e politico della nazione.
In base a queste premesse il primo capitolo si delinea come un riassunto del volume di Hallin e Mancini, dove vengono illustrati i tre modelli di giornalismo individuati dagli autori e i parametri che ne hanno consentito la classificazione.
Il secondo capitolo, si sposta sull’analisi del giornalismo politico all’interno di diverse nazioni per determinarne l’ingerenza politica. Celestini, a supporto della propria analisi, monitora i giornali principali di alcuni paesi rientranti nei tre modelli identificati da Hallin e Mancini: New York Times, Daily Telegraph, Le Soir, Frankfurter Allgemeine Zeitung, Corriere della Sera, Repubblica, Le Monde. Ogni nazione analizzata viene corredata di un background storico-politico nel quale ogni giornale analizzato si contestualizza, seguita dai principali eventi che hanno determinato la nascita di ciascun quotidiano monitorato. La parte riguardante il monitoraggio dei giornali, però viene condensata in poche righe, passando in questo modo in secondo piano. Del resto una piccola pecca la si può riscontrare anche nella forte predominanza di informazioni fornite riguardo al quadro storico di alcuni paesi a scapito di altri.
Nel terzo capitolo Celestini passa a un’analisi del giornalismo economico, che risulta di poco spessore, procedendo grazie ad un collage di stralci di interviste condotte dall’autore ad alcuni professionisti del settore. Uguale struttura la troviamo nell’ultimo capitolo riguardante il giornalismo televisivo, strutturato mediante un insieme di opinioni che si snodano fornendo una visione generale del tema di cui il capitolo è oggetto.
Gli ultimi due capitoli sono corredati di poche informazioni contestuali a supporto, ma ricche di esempi pratici e opinioni di esperti che vanno a creare un mosaico di punti di vista sull’argomento. Interessante è l’accostamento che l’autore propone dei pensieri espressi dagli intervistati riguardo al loro paese e all’Italia con particolare attenzione alle carenze o i problemi che essi riscontrano nel nostro paese. I Professionisti, la maggior parte inviati esteri, forniscono un’analisi delle maggiori difficoltà nelle quali si imbattono nel tentare di raccontare il nostro paese ai propri lettori. Questi problemi sono dovuti al modo di fare giornalismo italiano, al modo in cui la notizia viene raccontata, con maggiore attenzione alla “storiella” più che al fatto, al dare rilievo alla dichiarazione più che all’azione, al non attribuire alle notizie il giusto peso.
Sono le interviste di questi giornalisti che rispondono alle domande poste inizialmente da Celestini, sono esse che risultano essere la discriminante dell’analisi. Mediante le opinioni di questi professionisti l’autore ha operato un confronto tra Italia e i loro paesi di origine, con un risultato spostato a favore dei secondi. L’unico settore nel quale l’ Italia sembra uscirne relativamente bene, a parere degli intervistati, è l’ambito economico, dove l’argomento verrebbe trattato meno superficialmente. Il ruolo dell’opinione pubblica italiana viene messo, invece, in rilievo per la sua inattività tanto da venir definito un “muscolo disattivato”, che non reagisce, e fa si che la stampa italiana lo veda come un soggetto da coinvolgere, intrattenere e non da informare correttamente.
Grazie all’ausilio delle interviste condotte e del monitoraggio sui quotidiani, l’autore giunge alla conclusione che il modello di giornalismo italiano non risulti essere peggiore di altri. La politica, grosso macigno sulle spalle della nostra stampa, in realtà si rivela come l’ argomento predominante in tutti i paesi da lui analizzati. La differenza che caratterizza l’Italia e la rende diversa dalle altre nazioni, è il modo di trattare la notizia, il ruolo dell’opinione pubblica e dei giornalisti, anch’essi come l’opinione pubblica inattivi, e non resistenti a quelli che sono i poteri forti che, come da ogni parte tentano di strumentalizzare i mezzi di comunicazione.
Ma, se le critiche mosse al giornalismo italiano risultano fondate, il merito del volume di Celestini è quello di fornire ottimi spunti di riflessione a partire dalle opinioni di professionisti del settore e di gettare dei semi nel terreno del giornalismo italiano, auspicando che da questi possano germogliare nuove professionalità che possano andare a modificare quel “giornalismo che nel nostro paese troviamo”.
Sara Gossi

Damiano Celestini
Paese che vai,giornalismo che trovi
Prospettiva editrice, Civitavecchia, 2011, 200 pp.

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