Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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11 febbraio 2015

Fotogiornalismo: passione, impegno civile e curiosità

Lo Scatto Umano. Viaggio nel fotogiornalismo da Budapest a New York, (Laterza), 2014, è un libro nato dalla collaborazione tra il fotoreporter Mario Dondero e l’amico giornalista Emanuele Giordana. I due ci fanno intraprendere un viaggio attraverso la storia del fotogiornalismo raccontata da Dondero e raccolta sotto forma di reportage da Giordana. Il testo segue da vicino i fatti personali, gli eventi e i personaggi che hanno segnato un’epoca, che si intrecciano esposti in un dialogo colloquiale e sereno, in cui il lettore viene agevolmente trasportato nel periodo d’oro del fotogiornalismo. Periodo che Dondero ha vissuto e tanto amato, che adesso sente distante e a cui guarda con nostalgia perché sa che probabilmente non tornerà più, poiché oggi la fotografia è diventata un media comune, attuabile con facilità da chiunque anche attraverso un semplice telefono cellulare, perdendo spesso il suo valore sociale.
Prima di iniziare il vero e proprio reportage viene brevemente raccontata la vita di Mario Dondero, ed è in questo breve excursus che si può rintracciare l’elemento caratterizzante della sua personalità e del suo lavoro: l’humanitas. L’umanità è infatti la chiave di lettura delle sue immagini, di grande valore sociale e politico e che, attraverso scatti provenienti da tutte le parti del mondo, lo hanno portato ad essere uno dei migliori fotografi d’Italia ed Europa, avendo lavorato con illustri nomi del settore e per le più importanti riviste (Il Giorno, L’espresso, Le Monde, The Guardian, The Times). L’umanità di Dondero diventa il cuore pulsante attraverso cui va letto il libro.
Il testo è composto da cinque capitoli principali, titolati con nomi di città, e due intermezzi. La disposizione delle città, rispettivamente: Budapest, Berlino, Parigi-Madrid, Londra-New York e Mosca, non è casuale ma segue da vicino, senza imporre una rigida cronologia di eventi, lo sviluppo storico del fotogiornalismo, attraverso i luoghi dove si sono verificati i fatti più importanti e dove hanno operato i più famosi fotoreporter. In questo contesto è doveroso segnalare i contenuti più significativi.
Il nostro viaggio inizia da Budapest, culla del fotogiornalismo, in cui si sono formati i primi professionisti e i fondatori delle prime agenzie fotografiche; tra cui André Kertész, Robert Capa, Gyula Halasz, Laszlo Moholy-Nagy e Simon Guttmann. Alcuni di loro, accomunati dalle origini ebree, furono costretti a scappare in altre capitali durante il regime nazista, ma prima di quel momento il clima di fioritura intellettuale ungherese favorì la nascita di tale professione.
In seguito l’attenzione si sposta su Berlino, sull’attività dei fotoreporter durante il periodo nazista e, parallelamente, durante il fascismo in Italia. Principale scopo della fotografia fu quello celebrativo e propagandistico delle personalità e delle imprese di Hitler e Mussolini, ma che permise comunque un buono sviluppo tecnico e la nascita di molte riviste del settore. Citando la nascita di alcune riviste tedesche ("Berliner Illustrierte Zeitung"), americane ("Life") e non solo, Dondero ricorda che ottenne il suo primo lavoro come fotoreporter presso l’italiana "Le Ore", cogliendo tale occasione per ricordare tutti coloro che contribuiscono da sempre a creare una rivista ma che non vengono quasi mai menzionati: photoeditor, grafici e impaginatori.
La scena passa quindi a Parigi e poi a Madrid, durante la guerra civile. Qui nasce la vera comunicazione visiva degli eventi, ci si trova di fronte alla rappresentazione della tragedia in un modo mai visto prima. In Spagna si incrociano molti importanti fotoreporter e scrittori dell’epoca, ma sono due le figure che spiccano nel racconto di Dondero: Rober Capa (pseudonimo di Endre Ernò Friedmann), che in tale occasione acquisì fama mondiale e sua moglie Gerda Taro (Gerta Pohorylle), conosciuta a Parigi, che purtroppo morì solo un anno dopo l’arrivo in Spagna nel ‘37.
Rober Capa fu senza dubbio la fonte di ispirazione che spinse Dondero a dedicarsi alla fotografia e a lui viene dedicato tutto il secondo intermezzo. Pur non avendolo mai conosciuto di persona, Dondero ne parla con ammirazione e nostalgia, riprendendo i momenti salienti della sua vita, che lo portarono a realizzare celebri servizi, carichi di umanità e passione, in giro per il mondo e alla fondazione dell’agenzia "Magnum Photo" con Henri Cartier-Bresson. 
Nel dopoguerra sono soprattutto Londra e New York a dominare il mercato delle immagini. Va affermandosi uno stile tutto anglosassone, attento all’aspetto tecnico e alla pulizia dell’immagine. Si ricordano le campagne fotografiche volute da Roosevelt per il Farm Security Act a cui presero parte molti giovani talenti. È difficile condensare un discorso sugli Stati Uniti per via delle diverse tipologie di fotografi che vi lavorarono, tra i cui protagonisti spiccano: Lewis Hine, che ritrasse l’arrivo degli immigrati negli States e Arthur Felling, in arte Weegee, testimone con i suoi scatti delle notti americane e delle scene del crimine. Importanti risultano anche i fotografi "embedded" che documentarono le spedizioni militari, ma furono costretti a immortalare solo quanto concesso dalle autorità, come durante la guerra del Vietnam.
Il nostro percorso attraverso il fotogiornalismo si conclude nell’Urss e in città come Praga o Varsavia che spesso vengono dimenticate a causa della barriera fisica e ideologica provocata della Guerra Fredda. Nonostante tutto furono presenti sulla scena abili professionisti al servizio della potenza sovietica, sia durante il conflitto mondiale che durante la ricostruzione post-bellica, ma le cui immagini rimasero spesso segretate nei fascicoli militari. Tuttavia, a parte qualche caso sporadico, il mondo della fotografia al di fuori dell’Europa e degli USA, rimane perlopiù sconosciuto.
In conclusione si può affermare che il fotogiornalismo è cambiato molto negli anni, con l’avvento della televisione prima e di internet e della tecnologia digitale dopo; l’immagine fotografica ha perso un po’ della sua importanza, ma non si può dimenticare la storia che ci ha portati fino ad oggi, fatta di grandi "scatti" e grandi personalità italiane, europee e mondiali, che hanno segnato il Novecento e dato forma ad un mestiere, quello del fotogiornalista, che come sostenuto da Dondero è un lavoro animato da passione, impegno civile e curiosità.

Carlotta Chirico



M. Dondero - E. Giordana
Lo scatto umano. Viaggio nel fotogiornalismo
da Budapest a New York
Laterza, Roma-Bari, 2014.



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