Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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27 aprile 2019

1500 anarchici a Torino


La non violenza strumentalizzata

Sabato 30 marzo 2019 1.500 persone, "anarchici", hanno sfilato in corteo a Torino per opporsi agli arresti eseguiti durante e in seguito allo sgombero dell'Asilo Occupato, uno dei tre centri sociali storici della città. La manifestazione ha coinvolto tutta la città, costringendo le forze dell'ordine a dispiegare oltre 2.000 unità più decine e decine di mezzi come camionette blindate, idranti e addirittura un elicottero. A fine giornata non ci sono stati incidenti o danni fisici a negozi e nemmeno scontri tra manifestanti e forze dell'ordine, nonostante siano scattate 74 denunce. Non è stato necessario sparare nessun lacrimogeno, scagliare nessuna pietra, scontrarsi.
Eppure la stampa torinese non è stata gentile con chi ha sfilato in corteo, non ha riportato il punto di vista dei manifestanti, non ha raccontato la protesta, bensì come questa è stata combattuta. I giornalisti hanno preferito elogiare la Questura, deridere gli "anarchici resi inoffensivi" e rassicurare il cittadino che va tutto bene, ma siamo sicuri che siano le letture più corrette dell'evento?
Il 9 Febbraio di quest'anno la Questura di Torino ha ordinato lo sgombero dell'Asilo perché ritenuto vara e propria base logistica e operativa. Secondo il questore Francesco Messina gli attivisti del centro sociale sarebbero gli artefici di alcuni pacchi bomba spediti in Italia all'indirizzo di diversi Centri per l'immigrazione e il rimpatrio. Lo sgombero è durato diverse ore e ha comportato il dispiegamento di centinaia di poliziotti. Alla fine sono scattati sei arresti per alcuni anarchici del centro. Gli attivisti hanno reagito immediatamente con un corteo spontaneo in cui, dopo scontri con la polizia ed un cassonetto della spazzatura in fiamme, sono state arrestate altre undici persone.
La zona intorno al centro sociale - e tutto il quartiere Aurora - da allora è oggetto di attenzione da parte della questura che ha aumentato notevolmente la presenza della polizia nel quartiere, al punto che diversi abitanti si sono lamentati. Eppure il 1° marzo è caduta l'accusa di associazione sovversiva voluta dalla Procura di Torino per i sei anarchici arrestati durante lo sgombero.
Sabato 30 marzo più di 2.000 poliziotti hanno paralizzato Torino mentre 1.500 manifestanti hanno sfilato divisi in 5 cortei con partenze da diversi punti della città e ritrovo davanti alla stazione Porta Nuova. Quando 4 dei cortei sono arrivati al punto di ritrovo l'elicottero dei carabinieri sorvolava la zona già da mezz'ora. Ne sono arrivati soltanto quattro perché il quinto, composto da duecento persone è stato fermato e trattenuto dalla polizia in via Aosta, per eseguire controlli che hanno portato al sequestro di fumogeni, vernice, maschere antigas, oggetti contundenti e altro materiale potenzialmente pericoloso ma non sempre illegale.
Verso le 18 il corteo ha raggiunto quello che la polizia aveva deciso doveva essere il punto di non ritorno, la barriera di camionette, autopompe e manganelli oltre alla quale nessun anarchico doveva spingersi: l'incrocio tra Corso Novara e Corso Regio Parco. Il corteo dopo pochi metri in direzione della polizia ha deviato a destra verso la strada che gli era stata lasciata sgombra. Nessuno scontro, solo tanta tensione. Nel discorso finale pronunciato al megafono dagli attivisti si è sentito "..abbiamo dato una prova di civiltà davanti a tutti. Hanno dispiegato migliaia di poliziotti per cosa?".
Ogni giornalista ha visto che la polizia non ha caricato i manifestanti senza motivo e che il corteo ha deviato dal percorso cui aspirava senza cercare lo scontro. Non è successo assolutamente nulla, solo tanta tensione che, grazie ad una parte o all'altra, non ha prodotto nulla di violento. Eppure la stampa ha fatto molti elogi alla questura senza fare invece nessun riferimento al corteo che ha scelto di rinunciare al suo punto d'arrivo ideale, che non ha cercato nemmeno una volta di deviare all'improvviso scontrandosi con gli agenti, che non ha arrecato nessun danno a edifici o beni privati quando ne ha avuto l'occasione. Molti articoli descrivevano gli "anarchici" come persone violente a prescindere, nessuno si è preoccupato di riconoscere qualcosa anche a loro. Dare tutto il merito alla questura non rende giustizia a nessuna delle persone che hanno partecipato alla giornata del 30 marzo a Torino, ne da un lato ne dall'altro. Il giornalismo dovrebbe essere più imparziale se non vuole inimicarsi i manifestanti che sono parte della città e della comunità, e fare un'informazione più equa.

Amos Granata

 
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19 aprile 2019

in libreria

Neri Fadigati, 
Il mestiere di vedere. Introduzione al fotogiornalismo
Pisa University Press.2019. pp. 207

Descrizione
Il ruolo centrale avuto dalla fotografi a negli anni d’oro della grande stampa periodica. Le vite di alcuni testimoni della storia del ’900 come R. Capa, W.E. Smith, M. Bourke-White. L’importanza del lavoro del fotografo, che senza mettersi in mostra fa vedere la realtà, introducendo un “commento”, un valore aggiunto per l’informazione giornalistica. Infine alcuni consigli pratici di solito non reperibili sui manuali. È questo il contenuto del volume, primo tentativo di organizzazione sistematica di una materia finora poco approfondita sul piano teorico. Senza dare risposte definitive il libro si propone di fornire gli strumenti necessari per avvicinarsi alla tecnica che promette di conservare certezze, ma si rivela sfuggente come la luce che gli dà forma. E di sgombrare il campo dagli equivoci che l’hanno accompagnata nel corso della sua breve storia.

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11 aprile 2019

In libreria

Angela Biscaldi - Vincenzo Matera
Antropologia dei social media. Comunicare nel mondo globale
Carocci, Roma, 2019, pp.146.

Descrizione
La posizione dominante che i media digitali hanno acquisito nella nostra vita sociale e, in un futuro ormai vicinissimo, anche cognitiva si spiega se pensiamo alla loro capacità di permettere una personalizzazione dell’esperienza comunicativa, basata su azioni rapide, efficaci e gratificanti. Tuttavia, come una sorta di contrappunto, emerge una domanda: perché le persone, nonostante tutto, pensano che l’uso delle nuove tecnologie comporti un impoverimento della loro umanità? Questo libro presenta un’articolata riflessione su queste e altre questioni cruciali per capire più a fondo i nuovi media, il loro potere di catturarci e la nostra incapacità di accantonarli anche solo per poco.
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09 aprile 2019

Io dico che no

«A scuola gli immigrati vanno tutelati, ma prima i nostri figli» - 9.4.2019


Si dovrebbe segnalare che con molta probabilità anche gli alunni (definiti dal Ministro dell'Istruzione "i nostri figli") che frequentano le nostre scuole di ogni ordine e grado sono figli, nipoti e pronipoti di IMMIGRATI, arrivati da ogni parte d'Italia nelle grandi città (non solo del nord) e la loro origine è confermata dalla sequenza dei cognomi specificatamente "meridionali" che si mescolano ai vari Brambilla, Parodi, Furlan, ecc. (in minoranza anche sull'elenco telefonico).
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05 aprile 2019

In libreria

Daniele Nalbone - Alberto Puliafito
Slow journalism. Chi ha ucciso il giornalismo?
Fandango Libri, Roma, 2019, pp. 246.
Descrizione
Uno dei problemi dell’informazione oggi è l’ossessione per la quantità e per la velocità, la convinzione che il giornalismo debba competere con i social. Un altro modello di business: tanta attenzione per gli inserzionisti pubblicitari, poca per i lettori. Il mantra del “fare tanti click sul sito”, la monetizzazione a ogni costo con la pubblicità, la convinzione che nessuno sia disposto a pagare per il giornalismo digitale hanno contribuito a erodere gli spazi di crescita. A partire da queste considerazioni e guardando, fra l’altro, alla lezione del professor Peter Laufer, autore di Slow News. Manifesto per un consumo critico dell’informazione, e a esperienze locali, nazionali e internazionali, questo libro fa un tentativo: quello di andare oltre la semplice critica. Slow Journalism cerca di proporre soluzioni. Daniele Nalbone e Alberto Puliafito hanno una lunga esperienza nel giornalismo tradizionale e soprattutto in quello digitale, condividono una visione del mestiere – e forse anche del modo in cui ci si dovrebbe approcciare al lavoro e alla vita – che li ha portati a indagare su questo tema. Un libro cruciale sia per gli addetti ai lavori sia – soprattutto – per i lettori.
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03 aprile 2019

In libreria

Erica Morini
Maria Pezzi, giornalista di moda. L'Europeo (1947-1958)
Enciclopedia delle donne, Roma, 2019, pp. 168.
Descrizione
Maria Pezzi è stata una delle più importanti e famose giornaliste e disegnatrici di moda italiane del Novecento. Nata a Milano nel 1908 studia pittura e disegno. A partire dal 1937 pubblica disegni e didascalie per la prestigiosa rivista della Snia Viscosa, e successivamente per «Grazia», «Fili moda», «Bellezza», «La Donna». La lunga collaborazione con «L'Europeo» dà una svolta alla sua carriera, perché Maria Pezzi si trasforma in giornalista e osservatrice di un settore produttivo in rapida trasformazione; la sua carriera proseguirà sul «Corriere d'informazione», «Il Giorno», e infine divertendosi a mescolare ricordi e notizie dell'ultima ora per «donna».

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