Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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17 luglio 2019

Mafia onnipresente



Attilio Bolzoni è un giornalista nato nel settembre del 1955 in una provincia della Lombardia, esattamente a Santo Stefano di Lodigiano. Intraprende la carriera di giornalista dal 1983 e scrive cronaca nera per il quotidiano L’Ora. Trascorre un lungo periodo della propria vita in Sicilia, a Palermo, dal 1979 al 2004, dove viene arrestato insieme al collega Saverio Lodato de L’Unità per aver pubblicato le rivelazioni del pentito Antonio Calderone, violando il segreto istruttorio. Viene assolto nel 1991 dall’accusa di peculato e amnistia per quella di rivelazioni del segreto istruttorio. Non scrive solo articoli di giornali sulla mafia, ma bensì diverse opere tra quali: “La Giustizia è cosa nostra”, “Rostagno: un delitto tra amici”, “Parole d’onore”, che ha ispirato uno spettacolo teatrale.
La sua arte si estende anche alla sceneggiatura e, nel 2004 partecipa alla miniserie televisiva Paolo Borsellino e del docufilm Silencio.
Lascia la Sicilia nel 2004, poiché inviato per il suo giornale in Iraq.
Bolzoni, per la sua carriera come “penna” contro la mafia, riceve nel 2009 il Premio “E’giornalismo”, perché tratta delle vicissitudini siciliane da oltre trent’anni.
Giornalisti in terre di mafia è un grido fatto in coro di diversi giornalisti, che in queste centoquaranta pagine condannano la situazione l’intera situazione Italiana, affermando che la Mafia non è soltanto quell’entità legata al Sud, a Corleone o a “Cosa Nostra, bensì si è costruita il suo nido anche al Nord.
L'opera è scritta da trenta cronisti, oltre ad Attilio Bolzoni, che attraverso brevi racconti, riferiscono quale sia stato il loro “rapporto” con la mafia.
Queste voci raccontano di una mafia travestita in una realtà imprenditoriale e politica. Di quanto oggi il ruolo del cronista faccia paura a queste realtà, ma anche di quanto sia difficile raccontare della mafia. A costo della libertà propria e dei propri famigliari, come scrive Federica Angeli, o addirittura in cambio della vita, come racconta Alessandra Ziniti, le persone che decidono di scrivere di questo tema, sono spinte sì, dal denunciare e migliorare la società, ma soprattutto dalla passione.
Nel testo, ritroviamo un altro tema, quello della solitudine, perché decidere di scrivere di Mafia, ti emargina: colleghi, redazioni e persino gli amici iniziano ad escluderti, come tratta Elisa Marincola.
Ho trovato questa lettura interessante, e molto facile da capire: una lettura d’impatto, mirata a colpire chi non ha remore, chi non ha un’etica, chi scrive tanto per scrivere. Le voci che animano questo libro, sposano il loro mestiere nel bene e nel male, ed è questa la ragione che ti mi ha spinto a leggere pagina dopo pagina. Facendomi un esame di coscienza, non so se potrei fare come questi autori, rischiare la vita, rischiare querele, rischiare la libertà, perché siamo consapevoli tutti in fondo che avere la scorta a vita, è una sorta di ergastolo. Probabilmente io sarei come quei giornalisti che gli autori definiscono inetti e facili, che preferiscono fare una cronaca “comoda”.
Hanaa Sobhi

Attilio Bolzoni
Giornalisti in terre di mafia.
Quelli che scrivono e quelli che si voltano dall'altra parte
Melampo, Milano, 2019, pp.176

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