Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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15 febbraio 2010

Un'Italia inquietante tra informazione e politica

"Un intreccio disgustoso tra informazione, potere politico, economico e mafioso". Questo lo scenario presentato dall’autore siciliano Andrea Camilleri nelle pagine del suo ultimo romanzo, La rizzagliata. Il rizzaglio è una rete da pesca dalla quale è difficile scappare, la metafora non potrebbe essere più chiara: non si può sfuggire alla rete che il potere, qualsiasi potere, costruisce attorno ad una persona. Quello che conta per i personaggi del romanzo è non crearsi dei nemici tra i potenti, conquistare l’appoggio di chi conta, usare ogni forma di potere per interessi personali, usando armi come il ricatto e l’omicidio senza nessun rispetto per la verità. Ecco così che il rizzaglio diventa una trappola senza via d'uscita. La storia narrata è ispirata al noto omicidio di Garlasco, anche qui la vittima è una giovane ragazza trovata con il cranio fracassato, e il primo ed unico indiziato è il fidanzato. Le cose si complicano se i rispettivi padri sono due importanti personalità politiche, dei partiti opposti. Camilleri ambienta il racconto nella Palermo di oggi, all’interno della redazione siciliana della Rai, ma la situazione fotografa la triste realtà dell’intero panorama nazionale. Già dalle prime righe si capisce l’intento di denuncia del testo, dopo l’acceso dialogo fra un caporedattore che lavora in nome della verità e un direttore, immischiato con i poteri alti, che “prende un buco” evitando accuratamente di dare la notizia che potrebbe risultare scomoda per qualcuno, «La notizia del figlio dell’onorevole Caputo, tu non la dai» (p. 11). Ecco quella che lo stesso Camilleri in una passata intervista ha definito “la censura peggiore”, l'autocensura: la paura dei giornalisti di rovinarsi da soli. In queste pagine non c’è posto per il commissario Montalbano, personaggio simbolo dei gialli di Camilleri. Montalbano si sarebbe indignato e avrebbe fatto ordine e luce sulla vicenda e sui loschi scambi di informazioni e favori fra i poteri e i media. Al contrario, quello che qui emerge è un cinismo diffuso, dove le omissioni dei fatti sono all’ordine del giorno e rimangono ormai in pochi a stupirsi. Il romanzo non poteva uscire in un momento storico migliore, e non è certo un caso. In un’Italia atrofizzata dalla televisione, Camilleri vuol far riflettere sul potere che l'informazione acquisisce nella costruzione dell’opinione pubblica, ammesso che le notizie che ci giungono non siano faziose. L'autore non è nuovo all'impegno di denuncia in questo senso. A proposito di stampa libera in Italia, in una recente intervista commentava così la situazione del nostro paese: «Berlusconi dice di non essere un dittatore perché i dittatori censurano e chiudono i giornali. Lui non li chiude perché non può farlo. Ma censura. Qualche anno fa toccò ad alcuni giornalisti RAI, recentemente disse che Paolo Mieli ("Corriere della Sera") e Giulio Anselmi ("La Stampa") dovevano cambiare incarico e in poche settimane lo han cambiato». Ricordiamo inoltre un suo recente lavoro scritto a quattro mani con Saverio Lodato intitolato Un inverno italiano. Cronache con rabbia 2008- 2009 in cui commentando le vicende politiche dal marzo 2008 al maggio 2009, affronta ancora una volta faccende spinose legate alla politica e all'informazione, «Perché la politica questo è. Fumariti 'na sicaretta che non ti piaci pirchì a quello che te l'ha offerta non vuoi, o non te la senti, di diri di no». Dunque, fra un colpo di scena e l'ennesimo corrotto, un'opera da non perdere.
Floriana Ferrando

Andrea Camilleri
La rizzagliata
Palermo, Sellerio, 2009, 224 p.
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