Alla cerimonia di premiazione, che ha visto trionfare l’opera francese Les arrivants di Claudine Bories e Patrice Chagnard, lungometraggio sulla stridente accoglienza che la Francia riserva anche agli immigrati regolari (Primo Premio come Miglior documentario, Premio speciale della Giuria Ecumenica e Premio speciale dei Sindacati), c’era pure Giornalismo Riflessivo, come inviato della Youth Press Association. Nella città dove, esattamente venti anni fa, è cominciata la rivoluzione pacifica che ha portato alla caduta del Muro di Berlino, abbiamo potuto così assaporare la magia di una competizione di alto valore culturale in grado di radunare ogni anno i migliori documentaristi del mondo.
Molteplici e interessanti tutti i temi proiettati sul grande schermo nei sette giorni della rassegna. Si va dalla povera eppure dignitosa vita nelle foreste colombiane (La casa, Secondo Premio come Miglior lungometraggio internazionale) alla complessa esistenza dei disabili mentali (Tying your own shoes, Primo Premio come Miglior cortometraggio), dal lieve racconto della quotidianità di un bambino cieco (Antoine, Migliore documentario Categoria giovani talenti) ai sorprendenti volti dei cuochi militari (Cooking history, Premio speciale della Fédéracion Internationale de la Presse Cinématographique). Particolare emozione ha suscitato il documentario A blooming business dell’olandese Ton van Zantvoort, che ha vinto il Premio speciale dell’ EU-OSHA (Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro) assegnato per la prima volta al miglior film dedicato al mondo del lavoro: con crudezza e delicatezza questo lungometraggio squarcia il velo sul mercato dei fiori dei Paesi Bassi, ormai in buona parte delocalizzato in Kenya dove non solo non è garantita la sicurezza dei braccianti ma avvengono soprusi di ogni genere.
Non meno impegnativi i temi trattati dalle pellicole di animazione, di certo studiate più per un pubblico adulto che per dei bambini. Il Premio come Miglior film è andato a Sparni un airi, opera lettone sulla complessità delle relazioni umane, mentre lo straniante Never drive a car when you’re dead è stato giudicato Miglior film tedesco.
Un’accoglienza a dir poco fredda è invece stata riservata all’Italia, eppure in gara con il documentario Gaza Hospital e le animazioni L’anima mavì e Transit City #2 – Roma Astratta. Per spiegare il fenomeno così come i motivi più generali di una scarsa partecipazione del nostro Paese, il direttore della manifestazione Claas Danielsen ha scelto alla conferenza stampa finale una via decisamente poco diplomatica. “È semplice: quella italiana è la peggiore televisione in Europa e la colpa è di Berlusconi – ha accusato il Direttore - quella dell’Italia è una situazione molto triste: la televisione italiana fa finta di produrre documentari ma in realtà li acquista da emittenti straniere come la BBC e non lo dichiara neanche”. E ha poi concluso, senza neanche prendere in considerazione l’autorefenzialità del mercato di settore in buona parte ormai concentrato in Nord Europa: “Per arrivare a noi i documentaristi hanno bisogno di una valorizzazione nazionale e, in Italia, a causa della politica televisiva , manca questo step”.
Una nota stonata in un Festival che sa declinare messaggi forti e impegnativi nelle mille, sfumate, efficaci tonalità delle immagini in movimento.
*Link al Programma Dok Leipzing 2009
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