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03 gennaio 2012
La rivincita del sesso debole in TV
Il nuovo libro di Daniela Brancati Occhi di maschio racconta la storia della televisione italiana dal punto di vista dei vinti, cioè delle donne. Fin dai primi anni questa categoria è stata presente nel mondo televisivo, prima dietro le quinte e poi pian piano riuscendo anche ad arrivare direttamente sulla scena, ma il suo ruolo non ha mai avuto una parità con quello assunto dagli uomini. L’autrice non vuole fare una crociata sul femminismo, ma semplicemente prendere atto di quello che è stato e per certi versi continua ad essere la televisione, con i suoi pregi e i suoi difetti.
La Brancati fa notare come l’evoluzione della televisione possa essere suddivisa in decenni, ognuno dei quali rappresenta un inevitabile specchio della nostra società e degli uomini che in quel preciso momento erano alla direzione della rete. Non a caso l’autrice parla di “male gaze”, lo sguardo maschile che, come una patina, ricopre tutti i programmi e le trasmissioni, facendo trasparire una certa idea di donna, in linea ovviamente con i principi di quell’epoca. Proprio attraverso il male gaze è possibile notare i cambiamenti e come l’idea stessa dell’immagine femminile sia lentamente cambiata nel corso degli anni, assumendo sempre più tratti marcati e visibili. La storia è comunque costellata anche da episodi vittoriosi: donne che non sono state schiacciate dal peso di questo sguardo, ma che al contrario sono riuscite a sostenerlo e ad affermarsi in un universo decisamente maschile.
La Rai nasce nel 1954 e porta con sé degli obblighi da rispettare: creare una televisione di Stato, cattolica, con principi educativi in linea con quelli espressi dal partito al governo, la Democrazia Cristiana. Cosa ha comportato questa linea? L’abolizione totale di tutto ciò che poteva esser un contatto fisico: censurati quindi baci, abbracci, tutto ciò che potesse insomma turbare gli animi. E le donne? Sono presenti fin dall’inizio, come ballerine e vallette ma sono solo personaggi secondari, rigidamente inseriti in una direttiva puritana: banditi movimenti provocanti, posizioni osè e costumi che lascino poco spazio all’immaginazione! D’altronde la televisione rimanda ad un mondo idilliaco, dove in apparenza è tutto perfetto; per questo la donna viene descritta solo come madre e lavoratrice, come se nella vita non potesse ambire ad altro.
Nel decennio successivo si vuole fare una televisione per gli italiani e viene introdotto un nuovo canale, Rai 2, così da poter offrire una maggiore programmazione culturale e lasciare Rai 1 nella mani della DC. Nonostante gli sforzi per un’offerta migliore e gli sviluppi tecnologici, il ruolo della donna è sempre lo stesso: madre, moglie o fidanzata petulante, vuota e stupidella. Ma qualcosa si sta iniziando a muovere e le prime eccezioni iniziano a sfondare il muro d’ipocrisia creato dagli uomini: Rita Pavone, che propone un modello di donna completamente diverso (è decisamente un maschiaccio), e Bianca Maria Piccinino, l’unica conduttrice donna di un notiziario!
Gli anni Settanta sono un duro colpo per la televisione di Stato italiana: nascono le prime televisioni private, alcune delle quali faranno davvero la storia delle televisione italiana. Il fenomeno assume delle proporzioni assurde e la Rai opta per la nascita di una nuova rete, Rai 3 per poter offrire una scelta più varia.
Ma in questo mondo ricco di novità, qual è il posto delle donne? Esse sono sempre presenti nel mondo televisivo, ma sembra che non possano andare oltre al semplice ruolo di segretarie; per non parlare della vita politica, già solo il pensiero di una donna in politica scatena forti reazioni. Purtroppo l’immaginario comune vede sempre la donna come moglie.
Gli anni '80 vedono il definitivo trionfo della tv private, in modo particolare la visione concepita da Silvio Berlusconi, che possiede ben tre canali (Rete 4, Canale 5 e Italia 1): si afferma la donna oggetto espressa dalle ragazze “fast food” di Drive In, anticipatrici delle future veline. Purtroppo questi sono anche i cosiddetti “anni della giraffa” per la Rai, che deve cercare di stare al passo dei tempi, ma soprattutto dei nuovi ritmi imposti dalle tv commerciali; così anche nella televisione di Stato approdano le “ragazze coccodè”.
Infine gli anni Novanta vedono l’affermazione di talk show e grandi programmi di intrattenimento, dai quali emerge sempre una donna volgare, vociante, disposta a “mettere in piazza” i suoi sentimenti e le sue emozioni in una visione sempre più stereotipata.
Tuttavia uno spiraglio di luce c’è ed è rappresentato dalla stessa autrice, una delle tante donne che è riuscita a farcela. Conduttrice del primo telegiornale del canale Videomusic, dedicato ai giovani e alla musica, introduce un nuovo tipo di notiziario, dove la notizia assume dei tratti ironici pur rimanendo al tempo stesso seria, diretta, in modo che sia di facile ascolto e comprensione. Il suo impegno la porterà a diventare direttrice del telegiornale di Rai 3, dove si scontrerà con i soliti pregiudizi sessisti: i media cercheranno di ridicolizzare il suo ruolo, ma alla fine ne uscirà vincente.La sua esperienza dovrebbe essere un ottimo esempio per tutte noi: con la giusta tenacia è possibile superare la barriera di ostacoli che ci circonda, dimostrando che non siamo il “sesso debole”.
Cinzia Delprete
Daniela Brancati
Occhi di maschio. Le donne e la televisione in Italia. Una storia dal 1954 a oggi
Roma, Donzelli editore, 2011, pp. 291.
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