Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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20 gennaio 2012

Strindberg in scena al Teatro della Corte di Genova

Valeria Solarino porta in scena al Teatro della Corte di Genova La Signorina Giulia, spettacolo tratto dalla tragedia in atto unico del 1888 di August Strindberg, Fröken Julie.
Le rappresentazioni, che hanno avuto inizio lo scorso martedì 17 gennaio e proseguiranno fino a domenica 22 gennaio, hanno finora riscosso alto successo e la Signorina Giulia della Solarino sembra essere stata molto apprezzata dal pubblico genovese.
La tragedia di Strindberg si svolge nella Svezia conservatrice di fine '800, precisamente durante la "Midsommarnatten", la notte di mezza estate, che -si pensi a Shakespeare- occupa tanta parte dell'immaginario dei paesi del nord Europa: tradizione vuole che durante questa notte dedicata a San Giovanni, si cada preda della voluttà dei sensi e ci si abbandoni a scatenamenti orgiastici. È in questa notte magica che la contessina Giulia, la padrona, e Giovanni, il servo di suo padre, varcando la soglia della distinzione di classe e andando contro al perbenismo imposto dalla retriva società svedese dell'epoca, si abbandonano al piacere, superando la consueta distinzione tra uomo e donna, servo e padrona, ritrovandosi preda di un vorticoso gioco un po' perverso, in cui tutti i ruoli sembrano invertirsi in modo inverosimile e paradossale. Sconvolgimento dei ruoli ed esperienza del diverso, dunque. Con tanto di discesa agli inferi. Il tema della discesa di Giulia è costante (scende nella cucina, regno sprofondato della servitù, dove ha luogo tutta la tragedia, compreso l'epilogo tragico, e discende nel sogno, richiamata da una forza che la attira verso il basso, cui non sa resistere). Ella scende fisicamente, recandosi nella "funesta" cucina, e metaforicamente, poiché desiderosa di contravvenire alle regole imposte, spogliandosi dei suoi abiti nobili e mischiandosi alla servitù. A fare da contraltare alla discesa c'è, dall'altro lato, il movimento in senso opposto, verso l'alto, che caratterizza il personaggio del servo Giovanni: opportunista sfacciato, Jean brama con cupidigia ossessiva la scalata sociale e sogna di arrampicarsi su un albero, sempre più su, fino a raggiungerne le vette più alte.
Valeria Solarino, attrice nata artisticamente alla Scuola dello Stabile di Torino (dove lo spettacolo è stato presentato in anteprima assoluta lo scorso 11 gennaio) e di ritorno a teatro dopo i successi cinematografici (La felicità non costa niente, Fame chimica, Manuale d'amore, e molti altri, fino al più recente Ruggine, del 2011, al fianco di Filippo Timi, Stefano Accorsi e Valerio Mastrandrea) interpreta una Giulia che diventa, in linea con gli intenti strindberghiani, una giovane donna in biblico spregiudicatezza ed isteria. Proprio l'autore del dramma, infatti, "ispirato" da un esperimento di ipnosi cui aveva assistito a Parigi presso l’ospedale della Salpêtrièreaveva, aveva voluto da subito una Giulia che andasse oltre, nevrotica e isterica, che scandalizzasse. E non è certo casuale che proprio con una singolare seduta di ipnosi, cui l’autore invita a partecipare tutta la comunità degli spettatori, si chiuda tragicamente la parabola della signorina Giulia. Valter Malosti, regista e attore a fianco della Solarino nel ruolo del servo, riesce abilmente a dare rilievo ai temi e alle atmosfere nordiche, comuni alla tradizione di Strindberg e Ibsen, e ad interpretare un Giovanni spregiudicato, a tratti romantico, a tratti di un'inquietante malvagità. Bravissima anche Federica Fracassi nei panni di Cristina, cuoca legata sentimentalmente a Giovanni: espressiva e verace, nei panni della popolana povera ma dignitosa, con uno spiccato accento tra il bresciano e bergamasco, a sottolineare la provenienza dagli strati più bassi e la mancanza di istruzione.
Al rispetto della migliore tradizione del teatro scandinavo, Malosti affianca elementi palesemente innovativi e moderni: tutta la piècesi svolge nell'ambito di una scenografia (voluta da Margherita Palli) povera ed essenziale, quasi scarna, sempre uguale e claustrofobica. In questa sorta di gabbia, con antri che accolgono i protagonisti sempre più in basso, nel ventre del palcoscenico,"Malosti e la Solarino si scatenano in un gioco ritmato da musiche techno che sembrano alludere al tonfo inarrestabile di un cuore impazzito." (La Stampa)
Elettra Antognetti
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