Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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08 maggio 2012

Il meta talk (o trash?) show al Festival di Perugia

Sono le ore 15 del 26 aprile 2012. Al Teatro del Pavone di Perugia si attende l’arrivo di quattro ospiti importanti: Marco Ferrante di RAI 5( Icone), Luca Telese di LA7 (In Onda) e la coppia di battaglia David Parenzo e Giuseppe Cruciani di Radio 24 (La Zanzara). Sono qui per parlarci e darci la loro opinione sul cambiamento che devono, necessariamente, subire i talk show televisivi e radiofonici ora che l’era Berlusconi si può finalmente dire conclusa. Ci si chiede come cambierà la televisione, quanto e se la natura tecnica del governo Monti porterà a una televisione più divulgativa e meno spettacolare. Si può avere il talk senza lo show? Prima dell’era Monti erano servite su un piatto d’argento ai conduttori notizie appetitose e pruriginose; si parlava di gossip, delle feste di Arcore, di Ruby rubacuori, delle inchieste giudiziarie e delle gaffe internazionali. Per quindici anni, insomma, il leader del centrodestra ha contribuito al dibattito pubblico con il racconto di se stesso, semplicemente col fatto di essere in scena. Berlusconi ha reso superfluo il parlare d’altro che di sé. Ora con l’avvento dei tecnici si sta attraversando un periodo di crisi, i giornalisti si sono impigriti: ecco allora la necessità di inventarsi un format diverso per mandare un messaggio differente, di trovare un nuovo modo di narrare la politica e l’economia.  Lo spettatore è ora catapultato in dibattiti di cui comprende poco o niente, in voli pindarici sullo spread; bisogna quindi riavvicinare il pubblico alla politica.
A moderare il dibattito abbiamo Domitilla Savignoni del Tg5.
Il primo ospite a intervenire è Luca Telese, che si pone delle domande sulla natura del talk show: la normalità è un handicap per questo tipo di programma? Parlare un linguaggio pacato è davvero impossibile? Il requisito fondamentale, a suo parere, è l’obiettività. Ora ci troviamo in un momento drammatico in cui la criticità comunicativa ha raggiunto il grado 0; nell’era Berlusconi perlomeno ci si divideva in informazione contro B o a favore di B, ora perfino la criticità faziosa, che quantomeno era un mezzo di vigilanza sui comportamenti dei politici, è scomparsa, per lasciare spazio solo all’elogio dei tecnici. Tecnici che però non compaiono quasi mai in televisione, non si confrontano mai con i cittadini, non accettano quasi mai interviste.
E fin qui tutto bene, un bel dibattito, condivisibile o meno ma un bel dibattito. È il turno di Cruciani che, più che averlo aspettato, si potrebbe dire se lo è preso di forza, continuando a interrompere il discorso di Telese. Già entrando ci aveva regalato il suo piccolo show, con tanto di lamentela perché lo avevano privato della poltrona centrale, rubatagli sotto il naso dal suo collega Parenzo. Con un tono di voce certamente più adatto a un talk show che a un dibattito svolto a teatro nel contesto di un festival internazionale, sentenzia che il governo tecnico, essendo appunto tecnico, non deve consultare il cittadino prima di prendere decisioni. Credevo ancora che l’Italia fosse un paese democratico.
Ed ecco che si scatena il putiferio: dopo solo dieci minuti di dibattito condotti in modo discreto le voci si alzano, i toni si scaldano e gli insulti volano. Filippo Facci, giornalista di “Libero”, interviene dalla platea per deridere i nostri ospiti. Lo scontro più accesso si ha tra Cruciani, spalleggiato dal collega Parenzo, e Telese, con attacchi anche personali, intermezzati da qualche stacchetto di Parenzo che mima Bossi ed è convinto di divertirci con le sue battute. La Savignoni non riesce a tenere il polso e la situazione degenera. Si parla di Lapo Elkann e di dove e come parcheggi il suo suv, di come da piccolo nonno Agnelli lo mandasse a testa in giù con lo slittino dalle discese, di quanto sia piccolo il suv di Cruciani e altri dotti argomenti di questo calibro.
Per un momento tutti abbiamo l’impressione di essere a casa sul nostro divano e di star guardando la televisione, perché quella a cui stiamo assistendo è esattamente la riproduzione di quel talk show televisivo di cui i nostri ospiti avrebbero dovuto parlarci.
Probabilmente è più facile “dare la colpa” a Berlusconi, che certamente innocente non è, dire che il talk show-spettacolo era congeniale al nostro ex Presidente del Consiglio e che la televisione vuole ora trovare un nuovo modo di informare, che sia di contenuti e non di immagine. Ma anche adesso che sopra al signor B è calato il sipario non sembra che la situazione sia migliorata; forse dovremmo domandarci se non è la nostra società a essere impregnata di berlusconismo invece di accanirci sul capro espiatorio. Se è il nostro modo di pensare che si è modificato, per adattarsi alla legge dell’apparenza prima di tutto, credo faticheremo a trovare una nuova forma mentis.
Dopo aver assistito a questo spettacolo la domanda che mi sorge spontanea è questa: siamo ancora capaci di fare informazione e non spettacolo? Potremo mai tornare a una televisione che sia di contenuti e non di urla, lustrini e paillettes? Spero sarà possibile trovare una risposta positiva, altrimenti il futuro del giornalismo televisivo si tingerà sicuramente di tinte fosche.
Giulia Torreggiani
 *link al video del dibattito Il talk show al tempo di Monti.

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