Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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28 maggio 2013

Talking to the trees

Viaggio tra gli orrori e le speranze della Cambogia

Chi non è mai stato in Cambogia non sa, non può immaginare, quel che i bambini di questo paese riescono a raccontare solo con gli occhi, senza parlare. Da qualche giorno tuttavia un'occasione per scoprirlo esiste, e si chiama Talking to the trees (Parlando con gli alberi). L’iniziativa nasce dall'idea di due registi Italiani, Ilaria Borrelli e Guido Freddi, che hanno realizzato un lungometraggio a sostegno dell’ECPAT, una onlus che collabora con le ONG di Phnom Penh con lo scopo di prevenire e contrastare la prostituzione minorile. L'anteprima del film la si è potuta vedere a Roma sabato 26 maggio, mentre le altre città in cui sarà proiettato sono Torino (30 maggio), Genova (31 maggio), Abbiate Grasso (1 giugno) e Milano (2 giugno). In alternativa è possibile accedervi in streaming sul sito www.talkingtothetrees.com.
Grazie a questo progetto ognuno di noi si calerà, per un'ora e mezza, nella tragica realtà cambogiana, poco conosciuta dal mondo occidentale, ma che vale la pena approfondire.
Nel mondo milioni di bambini sono ogni giorno vittime dello sfruttamento sessuale. La Cambogia è uno dei paesi in cui questa brutalità costituisce la fonte di maggior profitto per le organizzazioni criminali e talvolta, anche se è difficile da accettare, per le famiglie disperate da dove provengono i piccoli.
Il film racconta la storia  di Mia, una giovane donna in carriera italiana ma che vive a Parigi, la quale, stanca  della superficialità  dell'ambiente che la circonda, decide di partire per la  Cambogia, dove lavora il marito. Quello che le si prospetta davanti ha dell’incredibile. Mia scopre con sgomento che  il compagno è di fatto un turista sessuale che trascorre intere giornate all’interno di raccapriccianti bordelli. L’obbiettivo di Mia,  sempre più sconvolta e disorientata dalla scoperta, diventa quindi quello di strappare tre bambini dal loro tragico destino.
Talking to the trees non è soltanto un  film di denuncia,   ma un vero e proprio atto di coraggio, non solo di chi lo ha realizzato e prodotto,  ma anche, per certi versi,  dello spettatore. I contenuti sono indubitabilmente forti, le scene crude, laceranti, difficili da sostenere,   e provocano rabbia e impotenza allo stesso tempo. Il tema,  già di per sé molto delicato, è reso ancora più straziante dalle immagini che scorrono inesorabili. Verrebbe da fermarle,  distaccarsene, dimenticarle magari, ma non si può,  non si deve, occorre  prenderne coscienza fino in fondo, senza alibi o difese. Dalla visione di questo lungometraggio se ne esce turbati, se ancora non ce ne fosse bisogno, si acquisisce la consapevolezza che i mostri non esistono soltanto nelle favole e non sono neppure così lontani da noi.  Ho vissuto per un certo periodo di tempo in Cambogia,  ho visto  bambini  che felici si tenevano la mano per andare a scuola, altri costretti dai genitori a lavorare o chiedere l’elemosina.  Sono tanti i lati oscuri e le contraddizioni di questo bellissimo e tragico paese. Perfino il paesaggio rispecchia questa ambivalenza,  ci si imbatte  in cittadine formate solo da lussuosi resort  per turisti, e poi, quasi  di colpo,  ci si addentra in  villaggi di paglia e fango senza acqua ne corrente elettrica. Eppure i cambogiani non hanno dimenticato il sorriso. Nonostante tutte le difficoltà, i soprusi e l’ancora tangibile devastazione portata dalla guerra civile, la voglia di vivere e  ricominciare è enorme; l'accoglienza, la semplicità,  la verità di questo popolo, disarmante.  Ma risollevarsi è difficile, la corruzione del governo logora il paese, la criminalità lo terrorizza, la povertà lo soffoca. Talking to the trees riesce a descriverne, con forza inaudita e realismo, il lato più buio, crudele, inaccettabile. Ma oltre a tutte queste orribili ingiustizie,  l’emozione che questo splendido film lascia nell'animo è la speranza, sì,  un briciolo di speranza, la stessa che i bambini cambogiani raccontano solo con gli occhi, senza parlare.
Camilla Licalzi

 

www.talkingtothetrees.it

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