Viaggio tra gli orrori e le speranze della
Cambogia
Chi non è mai stato in Cambogia non sa, non può immaginare, quel che i bambini di questo paese riescono a raccontare solo con gli occhi, senza parlare. Da qualche giorno tuttavia un'occasione per scoprirlo esiste, e si chiama Talking to the trees (Parlando con gli alberi). L’iniziativa nasce dall'idea di due registi Italiani, Ilaria Borrelli e Guido Freddi, che hanno realizzato un lungometraggio a sostegno dell’ECPAT, una onlus che collabora con le ONG di Phnom Penh con lo scopo di prevenire e contrastare la prostituzione minorile. L'anteprima del film la si è potuta vedere a Roma sabato 26 maggio, mentre le altre città in cui sarà proiettato sono Torino (30 maggio), Genova (31 maggio), Abbiate Grasso (1 giugno) e Milano (2 giugno). In alternativa è possibile accedervi in streaming sul sito
www.talkingtothetrees.com.
Grazie a questo progetto
ognuno di noi si calerà, per un'ora e mezza, nella tragica realtà cambogiana,
poco conosciuta dal mondo occidentale, ma che vale la pena approfondire.
Nel mondo milioni di
bambini sono ogni giorno vittime dello sfruttamento sessuale. La Cambogia è uno
dei paesi in cui questa brutalità costituisce la fonte di maggior profitto per
le organizzazioni criminali e talvolta, anche se è difficile da accettare, per
le famiglie disperate da dove provengono i piccoli.
Il film racconta la
storia di Mia, una giovane donna in
carriera italiana ma che vive a Parigi, la quale, stanca della superficialità dell'ambiente che la circonda, decide di
partire per la Cambogia, dove lavora il
marito. Quello che le si prospetta davanti ha dell’incredibile. Mia scopre con
sgomento che il compagno è di fatto un
turista sessuale che trascorre intere giornate all’interno di raccapriccianti
bordelli. L’obbiettivo di Mia, sempre
più sconvolta e disorientata dalla scoperta, diventa quindi quello di strappare
tre bambini dal loro tragico destino.
Talking to the trees
non è soltanto un film di
denuncia, ma un vero e proprio atto di
coraggio, non solo di chi lo ha realizzato e prodotto, ma anche, per certi versi, dello spettatore. I contenuti sono
indubitabilmente forti, le scene crude, laceranti, difficili da sostenere, e provocano rabbia e impotenza allo stesso
tempo. Il tema, già di per sé molto
delicato, è reso ancora più straziante dalle immagini che scorrono inesorabili.
Verrebbe da fermarle, distaccarsene,
dimenticarle magari, ma non si può, non
si deve, occorre prenderne coscienza
fino in fondo, senza alibi o difese. Dalla visione di questo lungometraggio se
ne esce turbati, se ancora non ce ne fosse bisogno, si acquisisce la
consapevolezza che i mostri non esistono soltanto nelle favole e non sono
neppure così lontani da noi. Ho vissuto
per un certo periodo di tempo in Cambogia,
ho visto bambini che felici si tenevano la mano per andare a
scuola, altri costretti dai genitori a lavorare o chiedere l’elemosina. Sono tanti i lati oscuri e le contraddizioni
di questo bellissimo e tragico paese. Perfino il paesaggio rispecchia questa
ambivalenza, ci si imbatte in cittadine formate solo da lussuosi
resort per turisti, e poi, quasi di colpo,
ci si addentra in villaggi di
paglia e fango senza acqua ne corrente elettrica. Eppure i cambogiani non hanno
dimenticato il sorriso. Nonostante tutte le difficoltà, i soprusi e l’ancora
tangibile devastazione portata dalla guerra civile, la voglia di vivere e ricominciare è enorme; l'accoglienza, la
semplicità, la verità di questo popolo,
disarmante. Ma risollevarsi è
difficile, la corruzione del governo logora il paese, la criminalità lo
terrorizza, la povertà lo soffoca. Talking to the trees riesce a
descriverne, con forza inaudita e realismo, il lato più buio, crudele,
inaccettabile. Ma oltre a tutte queste orribili ingiustizie, l’emozione che questo splendido film lascia
nell'animo è la speranza, sì, un
briciolo di speranza, la stessa che i bambini cambogiani raccontano solo con
gli occhi, senza parlare.
Camilla Licalzi
www.talkingtothetrees.it
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