"Come saranno i giornalisti di domani? Mi riferisco a quelle vaste schiere di
giovani che in questo momento frequentano scuole di giornalismo pubbliche o
private, vanno a caccia di stages presso quotidiani, settimanali, agenzie,
testate radiofoniche e televisive, inseguono speranze e invocano quasi sempre
invano promesse di una qualsiasi sistemazione redazionale. Chi esercita questo
nostro mestiere da lungo tempo, e non è professionalmente ignoto, conosce l'
ampiezza del fenomeno. Basta poi insegnare o avere insegnato in una di quelle
scuole di giornalismo per diventare bersaglio consueto di una serie di
sollecitazioni, suppliche, richieste di presentazione. A volte si cerca di
aiutare qualcuno, perché tanti lo meritano. Molto più spesso l'esito che si dà
è deludente, non certo per sadismo ma perché i poteri che il postulante
attribuisce al suo interlocutore sono esorbitanti rispetto alla realtà. Ne
conseguono lunghi discorsi rivolti al giovanotto o alla ragazza sull'
affollamento delle redazioni, sullo spirito di difesa corporativo che gli
occupati oppongono all' ingresso dei nuovi, sul timore, che le amministrazioni
provano, di essere costrette ad assumere con contratto pieno qualcuno cui è
stato ufficiosamente consentito di frequentare la redazione, di sedersi davanti
a una scrivania. Ma poi sembrando crudele limitarsi a svogliare con un brusco
non luogo a procedere una vocazione spontanea e in fondo legittima si fa un
passo avanti. O meglio, di lato. Ci si impegna, cioè, a dimostrare che il
giornalismo italiano è malato, pieno di difetti (fra i quali la difficoltà di
entrarvi, per quanto atroce, non è il più grave). Si citano i misfatti più
clamorosi che ha perpetrato, le congiure più turpi cui ha aderito, i buchi più
ridicoli nei quali è caduto, le lottizzazioni più selvagge che ha promosso (e
qui si parla a lungo della Rai), le transazioni equivoche che ha stipulato con
i potentati economici più aggressivi. Si fanno frequenti cenni ai tre Pansa:
quello dei comprati e venduti, quello dei giornalisti dimezzati e quello delle
carte false. Infine, quando ci si accorge che questa forma di deterrente è
inefficace (sarà pure un inferno fa capire l' aspirante ma mi ci butterei lo
stesso con piacere), si passa ai consigli. Consigli relativi non tanto al modo
di entrare nella corporazione, quanto sul come comportarvisi in un eventuale
domani. Quanti consigli diamo ogni giorno a quelli che saranno i nostri posteri
in questo mestiere! Chiunque, giornalista, parli di lavoro con una persona più
giovane, diventa immediatamente un padre nobile, un pedagogo, un archivista di
pericoli da evitare, di tentazioni cui resistere, di peccati da non commettere.
Se proprio vuoi vivere quest'avventura ecco il tipo di approccio che si adotta, preparati a farlo in maniera da non dovertene vergognare. Tutti questi
consigli che finora si tramandavano per tradizione orale sono oggi ordinati e
catalogati in una sorta di breviario, vivace, utile e piacevole a leggersi. Ne
è autore Sergio Turone. S'intitola Come diventare giornalisti (senza
vendersi): Laterza, pagg. 307, Ritorno qui, scusandomi per la
digressione, alla domanda iniziale: come saranno i giornalisti di domani? Alla
luce del libro di Turone la risposta è che i nostri successori (per poco che
abbiano seguito i consigli di cui consta il breviario) dovrebbero costituire
una falange di professionisti perfetti, muniti di una fiera coscienza
deontologica e di un solido know how tecnico, incapaci di abbagli, corazzati
contro le insidie del potere. Veri e propri sacerdoti della verità, si
aggireranno per il mondo sempre pronti ad accorrere dove c'è qualche guasto da
sanare, qualche scandalo da denunziare, qualche ribaldo da punire.
Incorruttibili ma non provocatori, penetranti nelle loro indagini ma non
inclini al clamore, pacati nelle opinioni ma non insensibili al fascino di
leciti scoops: l'approssimativo, l'inesatto saranno i loro nemici capitali.
Le nozioni che Turone fornisce nell' impartire i suoi consigli sono complete.
Riguardano sia la struttura tecnica dei giornali che la genesi delle notizie.
Si addentrano nei modi di scrivere, esplorano questioni di linguaggio,
descrivono e distinguono i vari ruoli funzionali all' interno del lavoro,
esaminano le tecniche che presiedono ai vari generi giornalistici: dalla
cronaca all' intervista, dall' inchiesta economica al resoconto sportivo, dall'informazione televisiva alla divulgazione culturale. L'autore registra gli
scontri fra i giornalisti lottizzati e i loro protettori politici. Si sofferma
sulle vicende della concorrenza fra testate rivali. Elenca casi di giornalisti
messi in castigo dalla proprietà, o di altri che, per coerenza, hanno subìto
vicissitudini di carriera e pause di temporanea retrocessione professionale. Il
panorama è dunque completo. Al giovane aspirante si rivolge un discorso del
genere: ecco l'elenco delle insidie che certamente ti saranno tese. Se vuoi
entrare in questa corporazione devi imparare a schivarle. Altrimenti, è meglio
non farne nulla. Devi sapere, tra l'altro, che il potere politico, negli anni
Ottanta, ha operato nella stampa una sistematica normalizzazione, promuovendo i
giornalisti più mansueti ed espellendo o catturando i ribelli. Per te, insomma,
educato da questi consigli, si prepara un futuro di dignitoso martirio. (Ma
forse non sarà necessario: perché in un giornale difficilmente riuscirai ad
entrare. E se ci entrerai vendendoti, tutto il discorso è inutile). A me queste
pagine sono sembrate pessimistiche, ma non più di quanto il tema richieda. Non
si tratta di un libro che induca alla speranza, che faccia troppe concessioni.
Il lettore interessato desidererebbe, credo, qualche sforzo in più: se non un
progetto, almeno un' indicazione, un disegno, un augurio che un giorno si
possano adottare, in materia di arruolamento di nuovi giornalisti, criteri più
obiettivi, più trasparenti, meno casuali e clientelari di quelli in uso oggi.
Intanto, però, sembra che tutte questo fiorire di consigli all' aspirante
giornalista qualche esito lo colga. Si sta stemperando intorno a questa
professione, registra l' autore sulla base di un sondaggio fatto fra i
laureandi dell'Ateneo milanese, l'alone di fascino che permaneva dai tempi
degli avventurosi viaggi ai luoghi esotici. Man mano che declinerà la stantia
leggenda, le vocazioni si faranno meno copiose ma in compenso più solide.
Speriamo. Comunque, novizi del Duemila, preparatevi alla lotta! Il giornalismo
ha bisogno di voi e non ve lo dice."
Nello Ajello
*N.Ajello,
I
sacerdoti della verità, “la Repubblica”, 9 aprile 1987.
Libri di Nello Ajello (1930-2013):
-
Lezioni di giornalismo. Com'è cambiata in 30 anni la stampa italiana, Milano, Garzanti, 1985.
- Italiani di fine regime, Milano, Garzanti, 1993.
- Il lungo addio. Intellettuali e PCI dal 1958 al 1991, Roma-Bari, Laterza, 1997.
- Illustrissimi. Galleria del Novecento, Roma-Bari, Laterza, 2006.
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