In occasione dell’incontro organizzato dal Vaticano per il 150°
anniversario dell’Osservatore Romano, l’autore decide di passare in rassegna il
difficile rapporto tra i media e la Chiesa Cattolica.
Il più evidente è quello delle incomprensioni, dovute a due principali
fattori:
1 La maggior parte delle persone non è in grado di comprendere la
totalità dei messaggi della Chiesa, che continua a esprimersi in maniera
antiquata, attraverso espressioni e passaggi di difficile comprensione
2 Il pregiudizio dei laici nei confronti della Chiesa fa si che filtri
solo ciò che i giornalisti vogliono sentire, tralasciando passaggi importanti
ritenuti scomodi al fine degli articoli, o semplicemente non compresi.
Diceva Montini: "A che serve dire la verità, se chi ci ascolta
non è in grado di comprenderla?"
L’affermarsi dei Media come attore sociale vero e proprio, e non più
come solo mezzo di comunicazione, ha peggiorato ulteriormente il rapporto. Il
Media viene considerato nel testo
appunto come “sesto potere”, atto a creare opinione pubblica, e non solo a
informarla.
Vengono quindi analizzati recenti precedenti storici, emblematici del
rapporto tra Media e Chiesa
L’enciclica Humanae Vitae, riguardante la posizione del Pontefice
sull’uso di contraccettivi, ne è senzaltro un esempio. Infatti chi la promulgò, Papa PaoloVI venne
definito il “Papa della pillola”, quando la parola “pillola” non fu mai
pronunciata nell’enciclica. Anche in
questo caso l’intero messaggio del Pontefice non fu colto nella sua essenza, e
i media gettarono benzina sul fuoco a fini sensazionalistici, cercando di
creare dibattito tra Laici e Chiesa, e fratture tra Cattolici di diverse
posizioni.
Lo stesso Giovanni Paolo II, considerato per svariate ragioni il Papa
più decisivo del dopoguerra, è stato oggetto di critiche e incomprensioni. In
questo caso, sostiene Andrea Ricciardi, non furono direttamente i Media ad
attaccare il Pontefice, ma il clima di quegli anni. In quel periodo infatti il
papato in sé era un’istituzione così impopolare, che i Media non fecero altro
che trasmettere e assecondare il “sentore comune”, senza analizzare
concretamente e razionalmente i fatti.
Se il suo predecessore, Paolo VI, a posteriori venne definito come il Papa
delle mediazioni, la personalità granitica e il fervente anticomunismo di Wojtyla (cosa tra l’altro scontata
essendo egli Polacco), lo posero subito in cattiva luce. Per contro il nuovo
Papa portò però aria di freschezza e innovazione, essendo il primo Papa
straniero, e data la sua giovane età. I laici si trovarono di fronte a diversi
dubbi: come classificare quindi questa nuova figura? Collocarla in ambito progressista
o conservatore? Alla fine i mass media semplicemente evitarono la questione,
puntando i riflettori su altri aspetti, come la presenza del Pontefice nella
società, la sua apertura umana, costruendo l’immagine del “Papa buono”.
Ancora più determinanti furono i mezzi di comunicazione nell’”attacco”
a Benedetto XVI. Nel saggio Contro il pastore tedesco Jean-Marie Guènois analizza come i Media francesi misero
all’attenzione immediatamente un aspetto di fatto trascurabile, ma altamente
“infiammabile” se dato in pasto ai telespettatori e ai lettori “medi”: gli
interrogativi della famiglia Ratzinger riguardo al Nazismo. Benedetto XVI dovette sempre giustificarsi di
questa “colpa” creata dai Media, e a poco servirono i viaggi in Terra Santa e
la visita ai campi di concentramento. Per una certa parte di chi produce
informazione rimase il “Papa Nazi”.
Guènois continua la sua riflessione, cercando di suscitare l’onestà
intellettuale del lettore, e di fargli ammettere come la nostra società non sia
anti-nazista ( cosa che sarebbe lecita, ma impossibile dato che i nazisti non
esistono più), bensì anti-tedesca (molto meno giustificabile, se non per
nulla).
Il testo prosegue analizzando altri casi e tematiche, dal ritiro della
scomunica del negazionista Vescovo Williamson (che fece infuriare la comunità
ebraica, ma che ebbe poca attenzione mediatica), ai tentativi, mai
adeguatamente comunicati dai Media, di Ratzinger di arginare il fenomeno degli
abusi sessuali all’interno della Chiesa, sino alla questione dei contraccettivi
e della sessualità.
In tutti i capitoli emergono i due punti sottolineati all’inizio di
questa recensione: 1 La Chiesa, anche quando agisce nel giusto, spesso non è in
grado di farsi capire. 2 I Media rincorrono la notizia, lo scoop, l’attacco,
non la verità.
Sorge però spontanea una riflessione: tutti gli opinionisti e l’autore
stesso del testo si dichiarano ferventi Cattolici e uomini filo-ecclesiastici.
Se, come ci insegnano nei loro saggi, dobbiamo sempre interpretare e non
prendere per oro colato ciò che leggiamo/vediamo/sentiamo, ma anzi dovremmo
sempre sentire le tanto famose “due campane”, lo stesso metro allora dovrebbe
essere applicato anche per questo testo?
Flavio Formaggio
Giovanni Maria Vian
Il filo interrotto
Milano, Mondadori, 2012.
____
Nessun commento:
Posta un commento