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Diego e Frida 1934 (Martin Munkacsi) |
Un braccio teso muove il pennello, posa il colore sulla tela bianca, gli occhi guardano lo specchio: ecco il volto, lo sguardo, ricambiato, restituito, faccia a faccia, è qui, adesso, speculare, nella stanza, insieme con il suo reale impalpabile. Tutto il resto del mondo è svanito.
I colori esistono nella loro purità, con essi il ritratto danza, grida, cerca. Deve pur esserci un'altra esistenza. La fatica che pare spingersi sull'orlo di un precipizio non è per riprodurre l'originale ma atomi, atomi con i colori dell'iride. Il mondo è fatto di atomi per la sfera dell'esistere, e questo Frida lo sapeva.
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Frida Khalo |
Muore, appassionata, la notte del 13 luglio 1954. Aveva 47 anni. Quella notte la Llorona, donna piangente della canzone popolare, cantò più forte che mai e in molti a Coyoacàn, il suo paese messicano, udirono il pianto disperato. Cantava il martirio di lei trafitta da un tubo di ferro, cantava i suoi amori: il marito Diego Rivera, gli amanti e le amanti. Cantava la sua arte, libera. Un'antenna sulla verità del dolore e della bellezza, fin troppo terrena, delle donne. Intensa, quanto il suo amore per Diego.
Aveva 18 anni quando avvenne il drammatico incidente sul tram. Dopo aver frantumato in più punti la spina dorsale, il ferro, sdegnoso della sua libertà, squarciò la sua vagina e i suoi trampoli per correre alla vita. Si lasciò la giovinezza alle spalle, fu un attimo. L'anamnesi di Frida Khalo parla anche di fratture alla pelvi, al piede destro, al gomito sinistro. Per lunghi mesi chiusa nel suo stampo di gesso. Non potrà avere una vita normale, mai. Stanchezza, dolori alla colonna, alla gamba destra e innumerevoli complicazioni la accompagneranno tutta la breve vita (l'atrofia alla gamba in seguito amputata, ritrae i tendini, una considerevole scoliosi, un'ulcera trofica al piede destro). Tutto rende difficile la deambulazione, i movimenti.
Ospedali, il tormento del dolore. La colonna legata da una placca di metallo lunga 15 cm. La gamba le si accorcia e si rende necessario livellare la scarpa. Anche il busto sarà in acciaio e senza quel sostegno, non sopportabile, non si regge in piedi.
Frida Khalo sapeva dipingere e sapeva pensare. Può essere che Diego non resistette alla pennellata correttiva sul lavoro di Frida, ma furono gesti di tenerezza e come tali la sposa li accettò, ancora per amore. Ne poteva fare a meno, non aggiungeranno null'altro che amore sulle tele di Frida.
Il suo curriculum artistico è la sua cartella clinica. Qui si capisce che il confronto con certi celebrati colleghi del tempo, Diego incluso, non regge. Non fosse altro, con rispetto parlando, perché posare il loro deretano davanti al cavalletto e produrre, produrre, come il mercato impone, era del tutto naturale. Per Frida no. Ogni atto era accompagnato da una disperata speranza di farcela. Trascorrere lunghe e lunghe ore ad aggiustare nasi e bocche, ad avvicinare occhi, ad alzare orecchie, accademicamente, si intende, era come vincere i 100 metri a ostacoli.
Nel carrozzone dell'arte e delle mostre acclamate per la pubblica
visione, quella dedicata a Frida Khalo e a Diego Rivera, risulta
rivoluzionaria: è seria, è bella.Ideata da MondoMostre Skira insieme a Genova Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, per il Comune di Genova. La curatrice Helga Prignitz-Poda, la pronipote di Frida, Cristina Khalo, la figlia di Diego, Guadalupe Riverae il nipote Juan Coronel Rivera, autorità messicane hanno voluto accompagnare Frida e Diego, artisti, immensi, sino a Genova, portarci i loro atomi con i colori dell'iride, esposti sino all'otto febbraio 2015. Sono innumerevoli i capolavori, i dipinti e i disegni, le fotografie. Tutto in mostra a Genova, nel medioevale Palazzo Ducale.
Francesco Pirella
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