In
assenza di altri dibattiti, quello sull’informazione è sempre attuale. Così si
evince dalla riflessione di Juan Carlos De Martin, illustre docente del
Politecnico di Torino e dell’Harvard University, nell’articolo Democrazia e Verità, pubblicato il 6 gennaio 2017 su Repubblica.
Il
racconto dei fatti si intreccia con la democrazia e la verità. Che a volte si completano.
Molto più spesso si scontrano. Ed è subito guerra. Ignorare la battaglia in
atto tra i media tradizionali e la Rete è pura ipocrisia. Come sempre accade,
non vincerà nessuno. Non ci saranno palinsesti esenti dalla contaminazione del
ricatto dell’audience. Così come non ci saranno quotidiani immuni da poteri
politici. E nemmeno Reti completamente libere.
Soprattutto,
l’informazione sarà sempre frutto dell’interpretazione del singolo o di un
gruppo. Difficile, quindi, pensare di conoscere la verità assoluta dei fatti.
Anche la più imparziale ricostruzione di un evento avrà il senso che qualcuno
avrà ritenuto dovergli dare.
La
verità, poi, ognuno se la costruisce come vuole. In base alle proprie
convinzioni e aspirazioni. L’informazione al più stimola una riflessione,
espone un ventaglio di opinioni, blandisce l’enunciazione di una teoria. L’informazione
non pretende la verità. Spesso non la cerca nemmeno perché, trovandola, alienerebbe
sé stessa. Cosa ne sarebbe dei telegiornali o dei quotidiani se fossero in
grado di apparecchiaree sparecchiare ogni particolare dei fatti. Quale
curiosità potremmo ancora avere nel conoscere ogni accadimento, ogni notizia,
ogni sapere.
Sarebbe
come vedere una fotografia: dopo che l’hai vista non puoi più immaginarla o
descriverla senza mescolarla con una certa emozione, con quel poco di passione
che in te ha resuscitato.Quella fotografia non sarà mai più la stessa. Sarà la
tua interpretazione, il tuo sentimento. Di tutto meno che la realtà.
Informare
non significa enunciare dei fatti. O delle false notizie, come spesso accade
per attirare audience per la televisione, lettori per la stampa, navigatori per
internet. Informare non è un fatto di mercato.Piuttosto è cercare di aiutare a
comprendere, di esaminare ogni risvolto di quella situazione o di quel
accadimento, di approfondire e ascoltare le opinioni di tutti per dare voce e
pari opportunità ad ognuno. Essere completamente obiettivi e imparziali è
difficile se non impossibile. Ma avvicinarsi ad esserlo, nel rispetto delle
idee degli altri, è auspicabile.
Le
notizie esistono di per sè. Non hanno bisogno di essere riferite. Necessitano
di essere interpretate, capite, assimilate, rielaborate.Il fatto in sé non
incuriosisce, non stupisce, non emoziona, non enfatizza nulla. È li. Giace
immobile e austero. Si racconta da solo. Perfetto nella sua nudità. Non lo si
può spiegare senza aggiungerci qualcosa. Senza darle un verso. Che, a volte,
diventa quasi un ghigno. Non lo si può pubblicare senza incollarle un vezzo, magari
un bel titolo,indossato come un vestito elegante.
L’obiettività
e la serietà dell’informazione sono priorità inseguite da molti. Ma il
traguardo si allontana ogni volta che lo si crede raggiunto. Un po' per dispetto,
un po' per convenienza.
Sapere
molto del mondo che ci circonda di certo aiuta, contestualizza la visione dei
fatti. Però, non sempre arricchisce il nostro patrimonio culturale.E nemmeno le
nostre opinioni. Troppa informazione equivale a nessuna informazione. Troppe
verità annullano la realtà. Troppa democrazia nasconde il suo contrario.
L’equilibrio
sta nel mezzo. Nell’onestà del comunicare senza pretendere di dire tutto, ma
qualcosa di importante. Nella ricerca di uno stile adeguato piuttosto che nella
rincorsa ad essere i primi a urlare una notizia. Nell’accettare
un dialogo con molti e per molti.Soprattutto è necessario imparare a
distinguere. Fondamentale è insegnare a scegliere.
Che
sia informazione di tipo tradizionale o di tipo virtuale, l’importante è
saperla riconoscere, smistare, dirigere. Per questo occorrerebbe una certa
“educazione” all’informazione. Insegnare già in età scolare come leggere un
quotidiano o come scegliere un sito di news o come ascoltare un telegiornale.
Ci vorrebbe la volontà di accrescere la capacità di analisi, critica e risposta
del pubblico. Comprese le fasce sociali più deboli. Compreso il diritto di
espressione per tutti.
Per
migliorare la qualità della nostra vita è prioritario migliorare la qualità dei
nostri pensieri. Sono i pensieri che gestiscono le azioni e non il contrario.
Quindi, bisogna capire i fatti e tra essi saper scegliere e ricordare quelli
che potranno esserci più utili. Approfondire le opinioni di tutti e saper
scegliere quelle la cui memoria ci renderà uomini più consapevoli.
La
scelta dei valori a cui credere e la loro democratica applicazione sono una
verità che fatica a farsi strada. Specie nell’informazione. Cosìper informare
ed essere informati bisogna prima saper scegliere. Non conoscere tutto, ma
quello che ci serve. Non navigare in spazi infiniti, ma imparare ad orientarci
nel nostro. Non cercare di plasmare le opinioni altrui, ma vedere di farcene
una nostra.
Oggi,
più che mai, è avere la possibilità di“scegliere” il vero valore. Che
l’informazione ci aiuti.
Anna Scavuzzo