Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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29 aprile 2017

In libreria

Diomira Cennamo e Carlo Fornaro
Professione brand reporter
Brand Journalism.e nuovo Storytelling nell'era digitale 

Hoepli, Milano, 2017, pp. 277.

Descrizione


Grazie al Web, la comunicazione d'impresa si arricchisce di nuovi strumenti. Imprese e organizzazioni no profit posso- no comunicare direttamente con il proprio pubblico diventando editori e fare informazione. Un cambiamento epocale che richiede lo sviluppo di nuove competenze, radicate negli ambiti più tradizionali del giornalismo, del marketing e della comunicazione d'impresa. A queste se ne aggiungono altre, più specifiche della comunicazione digitale, nate in parte dalla fusione di tutti questi ambiti e quindi inedite. Professione Brand Reporter è un manuale che guida in questo nuovo ambito professionale del brand journalism, da un punto di vista teorico e strategico. Un vademecum pratico per l'applicazione effi- cace delle tecniche e degli strumenti dell'informazione digitale al marketing e alla comunicazione d'impresa, che propone leve strategiche e pratiche ai nuovi professionisti dell'informazione, suggerendo ai manager approcci e percorsi organizzativi che li aiutino a strutturare la propria azienda come una vera media company.
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12 aprile 2017

In libreria

Pierluigi Allotti
Quarto potere. Giornalismo e giornalisti nell'Italia contemporanea
Carocci, Roma, 2017, pp. 206.

Descrizione
Fondato su una ricca documentazione, il libro propone un’inedita storia della cultura giornalistica italiana, ossia del modo in  cui il giornalismo è stato concepito e praticato in Italia dal 1848  all’avvento di Internet. Suoi protagonisti sono giornalisti noti e  meno noti, appartenenti a diverse generazioni, dei quali si potranno riascoltare le voci attraverso articoli, carteggi, diari e memorie. Il lettore potrà risalire così alle radici del modello informativo italiano, contrassegnato sin dalle origini da una forte vocazione politica, approfondendo un tema che riguarda da vicino la natura stessa della nostra democrazia. Il giornalismo, ridotto alla sua essenza, è un’attività di selezione e ricostruzione di fatti correnti di pubblico interesse. Sue principali funzioni, in democrazia, sono illuminare gli affari pubblici, fornendo informazioni esatte e complete ai cittadini per orientarli nelle scelte quotidiane, ed esercitare un controllo sul governo e sulle istituzioni, al fine di garantirne un corretto funzionamento. È il motivo per cui la stampa, da quando è diventata mezzo di comunicazione di massa, circa due secoli fa, è considerata il “quarto potere” dello Stato, secondo l’espressione coniata nel 1828 dallo storico britannico Thomas Babington Macaulay, in aggiunta agli altri tre fondamentali (esecutivo, legislativo, giudiziario).[...] Le prime storie del giornalismo furono scritte intorno alla metà del XIX secolo in Gran Bretagna, dove nel 1695 era stata abolita la censura e nel 1702 era nato il primo quotidiano europeo (“The Daily Courant”). […] In Italia, gli studi storici sul giornalismo mossero i primi passi all’inizio del Novecento grazie agli sforzi di un professore di letteratura dell’Università di Torino, Luigi Piccioni, il quale, nell’anno accademico 1912-13, svolse un primo corso libero di storia del giornalismo, «seguito con interesse e con profitto da studenti delle Facoltà di lettere e giurisprudenza». Nel 1910, scrivendo sulla “Nuova Antologia”, Piccioni aveva sottolineato quanto fosse importante che il fenomeno giornalistico divenisse argomento di insegnamento universitario. […] Inserendosi nel solco di una tradizione di studi consolidata, il presente libro si propone di offrire una ricostruzione della storia del giornalismo italiano da una prospettiva nuova. Non si tratta di una storia “istituzionale” della stampa, sul modello di quella classica di Paolo Murialdi, in cui si raccontano minuziosamente le vicende delle principali testate italiane. È piuttosto una storia della cultura giornalistica italiana, ossia del modo in cui il giornalismo è stato concepito e praticato a partire dalla metà del XIX secolo, con protagonisti giornalisti noti e meno noti, appartenenti a differenti generazioni, dei quali potremo riascoltare le voci attraverso articoli, lettere, diari e memorie. Risaliremo così alle radici del modello giornalistico italiano, contrassegnato sin dalle origini da una forte vocazione politica, approfondendo una questione che riguarda da vicino la natura stessa della
nostra democrazia.
*Link all'Indice
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10 aprile 2017

In libreria

David Hockney e Martin Gayford
Una storia delle immagini,
Einaudi, Torino, 2017, pp. 360.
Descrizione
Creare un'immagine, sostiene Hockney, è l'unico modo che abbiamo a disposizione per dar conto di ciò vediamo. Ma tutti coloro che producono immagini si confrontano con lo stesso problema: come comprimere persone, cose e luoghi tridimensionali su una superfice piatta? I risultati vengono spesso catalogati come pitture, fotografi e o film, per poi essere ordinati secondo epoche e stili. Ma di fatto, che siano prodotti con un pennello, un apparecchio fotografico o un programma digitale, che siano sulle pareti di una caverna o sullo schermo di un computer, sono innanzitutto delle immagini. E a noi, per capire in che modo vediamo il mondo – e quindi per capire anche noi stessi – serve una storia delle immagini. Insomma, questo libro. Dopo una vita dedicata a dipingere, a disegnare o a produrre immagini con apparecchi fotografici, Hockney, in collaborazione con il critico Martin Gayford, possiede tutti gli strumenti necessari per esplorare come e perché nel corso dei millenni siano state prodotte delle immagini. Cos'è che rende interessante dei segni su una super_ ce piatta? Come viene reso il movimento in un'immagine immobile o, viceversa, cosa lega i film e la televisione agli antichi maestri della pittura? Come condensare il tempo e lo spazio in un'immagine statica, su una tela o su uno schermo? Quello che un'immagine ci mostra è una verità o una menzogna? Le fotografie rappresentano il mondo per come ne facciamo esperienza? Mettendo a confronto una grande varietà di immagini – un fotogramma di un cartone animato di Disney con una stampa di Hiroshige, una scena di un film di Ejzenštejn con un dipinto di Velázquez – gli autori superano le convenzionali frontiere tra cultura alta e bassa, operando inaspettati collegamenti tra epoche, luoghi e tecniche espressive diversissime. Perché per Hockney, film, fotografia, pittura e disegno sono sempre profondamente connessi gli uni con gli altri. Acuto e provocatorio, questo libro contribuisce in modo autorevole a renderci consapevoli del modo in cui rappresentiamo la realtà che ci circonda.

09 aprile 2017

Seminari di pratica giornalistica

L'incontro del 10.4.2017 sarà dedicato al tema "La responsabilità dell'editor di libri. Dalla prima valutazione alla stampa" con la partecipazione di Milena Lombardo (Edizioni Il Canneto di Genova). Appuntamento al polo didattico dell'Albergo dei Poveri, aula 16 (h. 16-18).
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08 aprile 2017

I figli dell'odio

Se ne parla ancora troppo poco.
I bambini di Mosul rapiti, indottrinati, usati come scudi umani o resi schiavi. Nati già morti. Costretti ad uccidere per non essere uccisi. Oppure arruolati come insospettabili kamikaze.
Di loro non conosciamo i volti, i nomi, le storie. Sono fantasmi nelle nostre coscienze. E forse per questo non sono degni di occupare i nostri dibattiti. Per loro non si accendono gli animi nelle aule del Parlamento. Per loro nessuna fiaccolata o corteo di protesta. E nemmeno la loro tragedia turba i nostri sogni. Dormiamo tranquilli. Mentre loro muoiono. Dimenticati dal mondo.
Innocenti e vittime anonime di una guerra da tutti considerata insensata. Tuttalpiù reputati uno spiacevole effetto collaterale della lotta all'Isis. Immolati in sacrificio a un dio costruito a tavolino per giustificare orrori senza fine.
Bambini. Come i nostri. Bambini che dovrebbero andare a scuola, giocare a pallone o con le bambole. Bambini che non sorridono più. Che non conoscono l'amore ma sanno bene cos'è l'odio. E se lo portano dentro per tutta la vita. Senza aiuti. Senza cibo. Senza medicine. Senza dignità.
Di questi bambini si dovrebbe parlare e scrivere affinché rimanga memoria delle atrocità di cui è capace l'uomo. Dell'indifferenza di cui si copre l'anima vigliacca della politica, volutamente incapace di trovare una soluzione. Gli stessi uomini che commemorano gli orrori del passato, che celebrano le giornate del dolore, che negoziano la pace come fosse una merce anziché un diritto. Quegli stessi uomini che costruiscono muri e moltiplicano armamenti senza alcuna vergogna. Neanche un po' di vergogna per quelle creature lasciate a morire nel corpo e nello spirito.
Come si dimentica facilmente la responsabilità di essere chiamati "uomini".
A questi bambini che muoiono in nome dell'odio che noi abbiamo creato e non sappiamo combattere, vorrei dire che finché non sentiamo le loro urla piene di silenzio, siamo tutti degli sconfitti. Vorrei potergli spiegare che il buio e le macerie non esistono solo a Mosul ma anche nei condomini di egoismo e viltà che popolano le nostre città. Vorrei accogliere ognuno di loro tra le braccia aperte dei nostri giornali per raccontare le loro ferite e fotografare le loro anime. Vorrei condividere con loro tutti i sorrisi che non hanno potuto fare mentre fischiavano le bombe e regalare loro tutta la luce che noi non abbiamo saputo accendere.
A questi figli dell'odio chiedo perdono per non sapere come reagire. Ai padri di questi figli chiedo il coraggio di sopravvivere. A tutto il mondo chiedo di smettere di fare finta di niente.
Anna Scavuzzo
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06 aprile 2017

In libreria

Grazia Cherchi
Scompartimento per lettori e taciturni
Articoli, ritratti, interviste

Minimum fax, Roma, 2017, pp. 345.

Descrizione
Recensioni e interviste, premi letterari, la vita di tutti i giorni nei libri e i libri dentro la vita di tutti i giorni: Scompartimento per lettori e taciturni è tutto questo. Grazia Cherchi visse per la letteratura incarnando una voce autorevole e libera, cercando di proporre al pubblico e alle case editrici un nuovo filtro critico. Collaboratrice editoriale e scout – tra le sue scoperte, Stefano Benni, Alessandro Baricco e Massimo Carlotto – rifiutò sempre di figurare nelle giurie di premi letterari, verso i quali non nutriva alcuna fiducia, restando invece un’accesa sostenitrice del giudizio dei lettori. Dai suoi articoli emerge la personalità di una grande donna prima che di una grande giornalista, una lettrice militante con un’unica missione: far scoprire il piacere della lettura a tutti senza distinzioni.
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03 aprile 2017

Il valore della scelta


In assenza di altri dibattiti, quello sull’informazione è sempre attuale. Così si evince dalla riflessione di Juan Carlos De Martin, illustre docente del Politecnico di Torino e dell’Harvard University, nell’articolo Democrazia e Verità, pubblicato il 6 gennaio 2017 su Repubblica.
Il racconto dei fatti si intreccia con la democrazia e la verità. Che a volte si completano. Molto più spesso si scontrano. Ed è subito guerra. Ignorare la battaglia in atto tra i media tradizionali e la Rete è pura ipocrisia. Come sempre accade, non vincerà nessuno. Non ci saranno palinsesti esenti dalla contaminazione del ricatto dell’audience. Così come non ci saranno quotidiani immuni da poteri politici. E nemmeno Reti completamente libere.
Soprattutto, l’informazione sarà sempre frutto dell’interpretazione del singolo o di un gruppo. Difficile, quindi, pensare di conoscere la verità assoluta dei fatti. Anche la più imparziale ricostruzione di un evento avrà il senso che qualcuno avrà ritenuto dovergli dare.
La verità, poi, ognuno se la costruisce come vuole. In base alle proprie convinzioni e aspirazioni. L’informazione al più stimola una riflessione, espone un ventaglio di opinioni, blandisce l’enunciazione di una teoria. L’informazione non pretende la verità. Spesso non la cerca nemmeno perché, trovandola, alienerebbe sé stessa. Cosa ne sarebbe dei telegiornali o dei quotidiani se fossero in grado di apparecchiaree sparecchiare ogni particolare dei fatti. Quale curiosità potremmo ancora avere nel conoscere ogni accadimento, ogni notizia, ogni sapere.
Sarebbe come vedere una fotografia: dopo che l’hai vista non puoi più immaginarla o descriverla senza mescolarla con una certa emozione, con quel poco di passione che in te ha resuscitato.Quella fotografia non sarà mai più la stessa. Sarà la tua interpretazione, il tuo sentimento. Di tutto meno che la realtà.
Informare non significa enunciare dei fatti. O delle false notizie, come spesso accade per attirare audience per la televisione, lettori per la stampa, navigatori per internet. Informare non è un fatto di mercato.Piuttosto è cercare di aiutare a comprendere, di esaminare ogni risvolto di quella situazione o di quel accadimento, di approfondire e ascoltare le opinioni di tutti per dare voce e pari opportunità ad ognuno. Essere completamente obiettivi e imparziali è difficile se non impossibile. Ma avvicinarsi ad esserlo, nel rispetto delle idee degli altri, è auspicabile.
Le notizie esistono di per sè. Non hanno bisogno di essere riferite. Necessitano di essere interpretate, capite, assimilate, rielaborate.Il fatto in sé non incuriosisce, non stupisce, non emoziona, non enfatizza nulla. È li. Giace immobile e austero. Si racconta da solo. Perfetto nella sua nudità. Non lo si può spiegare senza aggiungerci qualcosa. Senza darle un verso. Che, a volte, diventa quasi un ghigno. Non lo si può pubblicare senza incollarle un vezzo, magari un bel titolo,indossato come un vestito elegante.
L’obiettività e la serietà dell’informazione sono priorità inseguite da molti. Ma il traguardo si allontana ogni volta che lo si crede raggiunto. Un po' per dispetto, un po' per convenienza.
Sapere molto del mondo che ci circonda di certo aiuta, contestualizza la visione dei fatti. Però, non sempre arricchisce il nostro patrimonio culturale.E nemmeno le nostre opinioni. Troppa informazione equivale a nessuna informazione. Troppe verità annullano la realtà. Troppa democrazia nasconde il suo contrario.
L’equilibrio sta nel mezzo. Nell’onestà del comunicare senza pretendere di dire tutto, ma qualcosa di importante. Nella ricerca di uno stile adeguato piuttosto che nella rincorsa ad essere i primi a urlare una notizia. Nell’accettare un dialogo con molti e per molti.Soprattutto è necessario imparare a distinguere. Fondamentale è insegnare a scegliere.
Che sia informazione di tipo tradizionale o di tipo virtuale, l’importante è saperla riconoscere, smistare, dirigere. Per questo occorrerebbe una certa “educazione” all’informazione. Insegnare già in età scolare come leggere un quotidiano o come scegliere un sito di news o come ascoltare un telegiornale. Ci vorrebbe la volontà di accrescere la capacità di analisi, critica e risposta del pubblico. Comprese le fasce sociali più deboli. Compreso il diritto di espressione per tutti. 
Per migliorare la qualità della nostra vita è prioritario migliorare la qualità dei nostri pensieri. Sono i pensieri che gestiscono le azioni e non il contrario. Quindi, bisogna capire i fatti e tra essi saper scegliere e ricordare quelli che potranno esserci più utili. Approfondire le opinioni di tutti e saper scegliere quelle la cui memoria ci renderà uomini più consapevoli.
La scelta dei valori a cui credere e la loro democratica applicazione sono una verità che fatica a farsi strada. Specie nell’informazione. Cosìper informare ed essere informati bisogna prima saper scegliere. Non conoscere tutto, ma quello che ci serve. Non navigare in spazi infiniti, ma imparare ad orientarci nel nostro. Non cercare di plasmare le opinioni altrui, ma vedere di farcene una nostra.
Oggi, più che mai, è avere la possibilità di“scegliere” il vero valore. Che l’informazione ci aiuti.
                                                                                                          
                                                                                                                                  Anna Scavuzzo




02 aprile 2017

Seminari di pratica giornalistica


L'incontro del 3.4.2017 sarà dedicato al tema News-Telling e Storytelling  nell'informazione in lingua inglese con la partecipazione di Simone Turco (Università degli Studi di Genova). Appuntamento al polo didattico dell'Albergo dei Poveri, aula 16 (h. 16-18).
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