La Guerra Dentro, non è un classico réportage; è un diario. Una narrazione. Una narrazione che non è lineare, non è fluida. È appositamente pensata e costruita da Francesca Borri, free lance classe 1980, che spezza il filo del suo scrivere insieme ai colpi dei mortai e ai proiettili di cecchini che le sfiorano la testa.
Ci porta con lei in Siria, nella sua Siria.
Quella Siria che viene presa in considerazione nell'agosto del 2013, quando viene sferrato un attacco chimico alla periferia di Damasco. Peccato, però, che la guerra civile siriana sia in corso già da due anni.
Quella Siria che riprende il suo posto nel dimenticatoio quando Obama decide, con grande delusione dei giornalisti, di non intervenire, evitando di bombardare le forze governative di Assad.
Quella Siria che viene confusa con la Libia, con l'Iraq, addirittura con l'Egitto.
“Ma sai che lei sta ad Aleppo? Ad Aleppo?
Quella Siria che è straziata due volte: dalle bombe prima e dall'ignoranza occidentale dopo. Da quei giornalisti che ricercano solo lo scoop, la storia-icona del bambino soldato che, sigaretta in bocca e kalashnikov in mano, vuole uccidere gli infedeli.
Possibilmente tagliando loro la gola.
Perchè al direttore di testata cosa importa della vita quotidiana del Signor X, civile siriano che, tra un cecchino e una mina, si preoccupa principalmente di arrivare, più che a fine mese, integro a fine giornata? Scrivere un pezzo su di lui non lo farà guadagnare.
È anche questa la guerra di Francesca.
Contro il cinismo delle redazioni giornalistiche, contro un'informazione che non scava in profondità, che non vuole le persone, ma lo scoop che faccia sensazione. Quello scoop che se non c'è viene creato ad hoc. Contro quei giornalisti che pretendono di scrivere di Siria dalla loro scrivania a Roma.
Crudele e lucida, ogni pagina è un grido di rabbia e di frustrazione, sapientemente strutturata per farci vivere tutto l'orrore, la devastazione e il senso di impotenza.
Per farci capire che la guerra la sta vivendo lei stessa dentro di sé. Non solo in Siria.
“Adesso sono qui, che provo a scrivere, a raccontare, ma mi alzo nervosa ogni cinque minuti, leggo, telefono, mi distraggo, ogni volta cerco un pretesto per interrompere, per rinviare. Scappo dalla pagina perché quando hai scritto, poi non puoi più dimenticare, quando hai visto, non puoi più non vedere”(Borri, p. 228).
È anche questa la guerra di Francesca: il dover imparare a conviverci.
Perché una volta che la vivi, la guerra, diventa parte di te.
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