Il libro è suddiviso in sei parti che racchiudono straordinari ritratti di cantanti, politici, astronauti, attori e divi di Hollywood e una descrizione delle tante facce della New York degli anni Sessanta, spesso presentata come un inferno, dove possedere una rivoltella equivale ad avere la macchina per lavare i piatti, la televisione, il telefono, l’automobile, il frigorifero; e poi lo spumeggiante viaggio on the road con l’amica Shirley MacLaine per percorrere all’incontrario la strada degli antichi pionieri che nell’Ottocento si mossero dalla Virginia alla California. La silenziosa Death Valley, Las Vegas, il Grand Canyon, sono solo alcune delle numerose tappe del viaggio con la MacLaine. «L’America è così vasta, paurosamente vasta. C’è di tutto in America». Così, per sentirsi di nuovo a casa attraverserà il paese per far visita, da buona toscana, a Florence in Alabama. Ed è proprio qui, negli stati del Sud, che comprenderà il dramma d’essere nato color della notte in un Paese dove la maggioranza delle persone è color del giorno. Nelle oltre due settimane di viaggio Oriana confessa che la comodità americana è assai attraente, sì, ma anche che le manca qualcosa. In uno scenario perfetto, in una vita perfetta fatta di benessere, prati curati, piscine riscaldate, bibite fresche, campi da tennis e tecnologia, ciò di cui sono privi gli Stati Uniti sono i fantasmi. Vale a dire i fantasmi di coloro che levigarono i sassi su cui si cammina: lì non c’è memoria, non ci sono ricordi né tradizioni e i troppi comfort stanno per ingoiarla. Si sente rimbecillita da quel mondo dove tutto è troppo. L’America impaziente che non si affeziona mai a nulla, si stacca senza dolore da tutto: genitori, figli, coniugi, case, paesaggi. Sono queste, secondo lei, le cose che un europeo non può comprendere.
Il libro si conclude con un’inchiesta sui teenager americani, preziosa per capire la società dell’epoca e con delle “Lettere dall’America”, contenenti gli aneddoti più strambi come le maldestre intercettazioni telefoniche da parte della CIA o una Fallaci intenta a fumare le bucce delle banane. Un rapporto di odio e amore, quello tra Oriana e l’America. Gli USA, però, sono una continua scoperta e questo la elettrizza. L’autrice, con uno stile sfrontato e brillante, racconta di un’America che forse non è cambiata poi così tanto e che, forse, non odia poi così tanto: «Dell’America mi piacciono i western, i ponti, i biondi, la Costituzione, sebbene sia spesso dimenticata, il roast beef che qui lo cuociono bene, non bruciato di fuori e crudo di dentro, ma d’un bel rosa unito dalla buccia all’interno. Mi piace. E poi mi piace il garbo delle telefoniste che qui non sono villane, mi piace il sorriso con cui i poliziotti del Kennedy Airport mi dicono tutte le volte che torno a New York: «Welcome home», benvenuta a casa».
Oriana Falalci
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