Una profezia ieri, un dato di fatto di oggi.
Viviamo nell’epoca delle chat, delle applicazioni di ogni tipo e per ogni necessità ma soprattutto dei social network, potentissimi mezzi i quali, si potrebbe azzardare, sono diventati essenziali per ognuno di noi, poiché consentono di mantenere contatti e amicizie anche dall’altra parte del globo – anche se incidono molto su quelli vicini: non “essere” su Facebook o Whatsapp significa spesso essere esclusi dal giro quotidiano degli amici.
Ma l’uomo è davvero capace di gestire questa overdose di tecnologia?
Ecco dunque il fulcro dell’analisi di Giovanni Ziccardi nel suo libro L’odio online. Violenza verbale e ossessioni in rete; l’analisi dell’altro “lato della medaglia” della potenza digitale, ovvero di come l’avvento di internet abbia modificato la manifestazione dell’odio.
La diffusione della rete, ha reso possibile un dialogo globale e continuativo grazie alle chat, ai blog, ai forum ai quali si può sempre e ovunque accedere tramite gli smartphone. Le persone apprezzano appieno la natura smisurata della rete, poiché si sentono libere di esprimere opinioni e pensieri con una quantità smisurata di interlocutori. Tuttavia questa libertà di comunicazione ha comportato che la rete si costellasse di espressioni di odio, offese di ogni genere, comportamenti ossessivi nei confronti di altri, molestie, bullismo e altre forme di violenza.
Nella sua analisi, l’autore inizia distinguendo in modo netto l’odio online dall’odio tradizionale, facendo riferimento a quattro sostanziali differenze: l’amplificazione, la persistenza, la percezione dell’anonimato di chi odia e l’assuefazione nei confronti dell’odio.
L'amplificazione è l'aspetto più evidente. Usufruendo della rete, il più potente mezzo comunicativo che l’umanità abbia mai avuto, si dilata la diffusione di odio senza averne sempre la consapevolezza. Tantissimi casi riportati dai media riguardanti attacchi “social” sono sfociati, con l’esasperazione delle azioni, nell’ossessività e in vere e proprie persecuzioni anche da parte di gruppi di utenti contro un solo individuo.
All’amplificazione si collega la persistenza. Un’espressione di odio online permane e arreca danni enormi al diretto interessato poiché è molto difficile, una volta pubblicata in rete, cancellarla. Il punto è che prima quando il bullo prendeva di mira il compagno di scuola, tutto cessava nel momento in cui il bambino usciva dalla classe. Al giorno d’oggi invece, con la potenza dei social media, si è perennemente online e alla mercé di un numero potenzialmente infinito di utenti.
La maschera dell'anonimato peggiora la situazione . Nascoste dietro il monitor del computer o lo schermo del telefonino, le persone più insospettabili – civili, educate, rispettose – si sentono “libere” di manifestare un odio che difficilmente esprimerebbero se la propria identità fosse pubblica.
Infine l'assuefazione, ossia il cambiamento che è avvenuto nella concezione di questo sentimento. Prima dell'avvento di internet l'odio, e la sua manifestazione, erano riservati a temi e questioni importanti; oggi invece, perfino gli argomenti più banali riescono a sollevarlo.
La rete quindi risulta essere un mezzo ambiguo, perché permette il contatto tra gli utenti che la utilizzano ma basta poco a farla divenire ambiente di scontro e di inimicizia o, cosa ancora più grave, un contesto per scopi peggiori.
Come comportarsi dunque, di fronte a questo quadro di odio?
L’autore risponde al quesito facendo riferimento principalmente a strumenti extra giuridici, perché non è facile parlare dal punto di vista legislativo su un aspetto preciso ma volatile come l’odio; bisogna inoltre tenere conto che non esiste un ente supervisore incaricato di gestire internet, e quindi non è possibile identificare un’istanza suprema di controllo sull’enorme flusso di dati che lo attraversano. Ne consegue che ogni utente finisce per essere chiamato ad assumersi le proprie responsabilità.
La soluzione dunque sarebbe la conciliazione di tre aspetti fondamentali: l’educazione, la tecnologia e il diritto.
Prima di tutto occorre iniziare ad istruire le nuove generazioni a contrastare le espressioni offensive con il dialogo e la ‘controparola’, abbassando la tolleranza nei confronti di determinati termini.
La tecnologia può poi venire in aiuto: già molto viene fatto per mitigare la violenza online, ma non basta. Non bisogna tuttavia criminalizzare internet, ma perfezionare algoritmi semantici capaci di individuare e trattare le espressioni d’odio, perché non solo questi strumenti automatizzati non sono ancora così sofisticati da poter essere implementati a largo spettro, ma risentono anche della difficoltà di analizzare quelle espressioni di odio non facilmente riconoscibili poiché sottintese o veicolate tramite termini apparentemente non aggressivi.
Infine, il diritto dovrebbe cercare di adeguarsi equilibratamente all’evoluzione tecnologica, senza essere né liberticida, e quindi soffocare la possibilità degli utenti di esprimere le proprie opinioni, né troppo permissivo. A tal proposito è rilevante la differenza, trattata dal Prof. Ziccardi, tra la normativa Europea e la normativa Americana, che permane tutt’oggi. Dopo la Seconda Guerra Mondiale incominciarono le procedure di ricostruzione del tessuto normativo europeo: in Europa ogni Stato si interrogò sulla possibilità di emanare una legislazione che potesse proibire le espressioni di odio politico, religioso e razziale. Paesi come Stati Uniti e Francia si opposero, perché normalizzare l’ambito dello hate speech avrebbe potuto creare leggi a scapito della libertà di espressione.
L’analisi di Ziccardi tocca uno degli aspetti più importanti della vita quotidiana dell’uomo: la comunicazione. Questa è stata indubbiamente potenziata e facilitata da internet, influendo significativamente nella gestione dei rapporti umani. La società è profondamente ma soprattutto velocemente cambiata, poiché l’avvento dei social media è stato repentino e non ha dato il tempo di sviluppare dovuti strumenti culturali per usufruirne con responsabilità e cognizione di causa. Purtroppo il binomio irresponsabilità-vigliaccheria caratterizza una grossa percentuale degli utenti, convinti di non essere facilmente tracciabili e individuabili.
Internet si potrebbe definire un mondo a sé che non può essere controllato esclusivamente con la legge. È chiaro come sia necessario qualcosa di più, qualcosa di etico che parta dal profondo di ognuno di noi. Ogni qualvolta ci si immette nella rete si ha la possibilità di usufruire di un potente strumento che può ferire più di una lama, se usato in malo modo; per questo Internet, a parere di chi scrive, è il mezzo che più di tutti mette alla prova il senso di rispetto e responsabilità dell’uomo.
Eugenia Greco
Giovanni Ziccardi
L’odio online. Violenza verbale e ossessioni in rete
Raffaello Cortina Editore, Milano, 2016.
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