“Conclusioni? Per fortuna, nessuna:
partecipiamo tutti a un processo storico tuttora in atto […]. Non riesco a
immaginare che si possa scrivere un libro per cercare di racchiudere il mondo
odierno in una formula fatta e finita”.
Con queste parole termina il libro
di Kapuściński, il cui unico difetto può forse trovarsi in un eccesso di umiltà
da parte dell’autore. Nel turbine della
storia, infatti, si presenta come un chiaro e nitido dipinto della
situazione storica, ma soprattutto socio-politica, vissuta e documentata dal
giornalista originario di Pinks (nell’attuale Bielorussia).
Un capitolo dopo l’altro vengono
affrontate le tappe di uno sviluppo globale ma disuguale dei grandi Paesi, e
spesso di interi continenti, non soltanto per narrarne le vicende contemporanee,
bensì indagando i problemi attuali nei conflitti e nei nodi del passato, e in
particolar modo interrogandosi sul futuro.
La lunga esperienza da reporter di Kapuściński
certo si riflette nello stile di questo libro ma, come fa notare Krystyna Strączek
nell’introduzione all’edizione Feltrinelli del 2009, l’autore non veste i panni
‘semplicemente’ dello scrittore, del cacciatore e narratore di notizie, ma invita
anche a riflessioni che trascendono i fatti, proprio riguardo le prospettive
future.
È lui stesso a ricordare, nelle
prime pagine, che il compito del giornalista non può e non deve essere quello
di riportare le notizie senza una personale intromissione. Oltre a risultare impossibile,
sarebbe addirittura inutile.
Tuttavia, Kapuściński trova un
sorprendente equilibrio proprio tra le maggiori insidie della sua professione:
il libro è più di un reportage giornalistico, più di un manuale storico, un po’
meno rispetto a un diario di viaggio ma non asettico, non privo di analisi;
analisi che non cede mai alla netta presa di posizione o alla tentazione della
stereotipizzazione.
L’Europa dunque, in questo quadro, non
è soltanto il vecchio mondo in declino, ma anche un insieme di nazioni ricche
di culture e tradizioni che possono trainare il futuro; Russia non è più
sinonimo di comunismo, è un immenso stato che sente la necessità di entrare
nella discussione globale; gli Stati Uniti vengono messi di fronte a tutte le
loro contraddizioni, fatte di bassezze e bellezze; il cosiddetto Terzo Mondo non
è un calderone di stati indistinti, caratterizzati da miseria, ostacoli
naturali e sfruttamento, bensì conserva importanti risorse e antiche
tradizioni, e una forte dignità che tenta di resistere agli attacchi esterni.
Il linguaggio è asciutto ed
estremamente scorrevole, il testo non soltanto è diviso in capitoli concisi ma
in tanti brevissimi paragrafi, come uno stream
of consciousness con la punteggiatura e la lucidità di un giornalista:
tutti questi elementi non sottraggono, anzi aggiungono spessore alle riflessioni di Kapuściński.
Infine, è sorprendente la lettura
in prospettiva che lo scrittore offre dopo la narrazione degli eventi. Ancor di
più è impressionante leggere nel 2018 un libro che è in grado di predire un
futuro ancora tormentato per certi continenti, ad esempio per l’Africa, che
comprende già lo sviluppo di paesi quali la Cina, o l’India; soprattutto, un
libro che vuole mettere in guardia l’Europa circa la pericolosità di
combattere, anziché accettare, il multiculturalismo.
Questo, infatti, era già evidente per Kapuściński che non potrà essere
arginato, o fermato, al contrario, sarà sempre più pregnante nelle società del
futuro.
Lucrezia
Naso
Kyszard Kapuscinski
Nel turbine della storia. Riflessioni sul XXI
secolo
Feltrinelli, Milano 2015, pp. 191 (Prima edizione 2009).
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