Le riviste dell'informazione
- Bollettino LSDI
- British Journalism Review
- Columbia Journalism Review
- Comunicatori & Comunicazione
- Cuadernos des Periodistas
- Digital Journalism
- Etudes de communication
- Image of the Journalist in Popular Culture Journal
- International Journal of Press Politics
- Journal of Computer-Mediated Communication
- Journalism
- Journalism Practice
- Journalism Studies
- Key4biz.it
- Le Temps des médias
- Les Cahiers du Journalisme
- Media2000
- Mediascape Journal
- Nieman Reports
- Prima comunicazione
- Problemi dell'informazione
- Tabloid
30 gennaio 2020
Evoluzione dell’analogico o rivoluzione del digitale?
La storia dell’evoluzione dell’uomo conserva ricordi di
momenti storici di grande rilievo, come lotte di classe, guerre ed eventi che
hanno segnato la cronaca mondiale. Oggi l’umanità è in una nuova fase di questo
processo, ovvero quella del digitale. In
merito a questo contesto si può notare come l’individuo non riesca a fare a
meno di porsi delle domande sulla questione, e per tale motivo viene definita
come ossessione dello studioso.
I media, così come sono
utilizzati ai giorni odierni, non sono nati da un netto passaggio da una fase
all’altra della storia, ma da un processo di creazione lento in un alternarsi
di progressi e regressi. Grazie alla linea temporale dei due autori del testo, Balbi
e Magaudda, si ha una chiara visione di quale sia stata la storia di tutti i
media digitali che ora appartengono all’intera popolazione mondiale. Inoltre, è
interessante sapere come nascono quelli che oggi sono considerati non più solo
degli aiutanti ma elementi indispensabili entrati nelle vite quotidiane di
molte persone.
Questo volume, attraverso dei macro-excursus divisi per
argomento, disegna una linea del tempo dei mezzi più utilizzati, presentando le
menti più brillanti della storia come Joseph – Marie Jacquard, Bill Gates, Steve Jobs e Steve
Wozniak, che sono a capo di quelle società che di volta in volta hanno idealizzato
il processo di comunicazione degli ultimi anni.
Tra le righe di
questo testo c’è una delle domande più frequenti e rilevanti che l’uomo si sia
mai posto e che ancora manca di risposta: “Quella
dell’epoca digitale è da considerare come una rivoluzione o una semplice
continuità dell’era analogica?”.
Non è semplice
rispondere ad un quesito di questo tipo, soprattutto, perché questo periodo di
passaggio non è ancora terminato, basti pensare alle continue evoluzioni di sistemi
tecnologici che sono sul mercato ogni anno, oppure alle questioni irrisolte di
alcuni paesi. La Cina, ad esempio, rifiuta un passaggio della radiofonia da
analogica a completamente digitale, mentre, altre nazioni utilizzano ancora
molti canali televisivi analogici. Guardando indietro alla nascita dei tre
pilastri dei media moderni, ovvero, alla storia del computer, di internet e
della telefonia mobile, è possibile
notare come non si possa parlare di una vera e propria rivoluzione. Il motivo è
legato all’aspetto decisionale politico ed economico delle aziende nello
scegliere non sempre la strada verso il successo, ma quella della conservazione,
come il caso dell’Ibm. Un altro
esempio è il ritorno di vecchie apparecchiature come il disco in vinile, il quale procede di pari passo con la musica on-line,
senza mai scomparire del tutto. Tutti questi elementi allontanano l’idea della digitalizzazione come un processo che
rappresenta un punto di svolta nella storia.
Ciononostante, anche se non è chiaro il risultato finale,
molti studiosi e scienziati hanno dedicato – e dedicano – la loro vita, nel creare
dei veri e propri contributi storici, si sono lanciati in dei salti nel vuoto.
Inoltre,
riflettendo in maniera oggettiva, queste tecnologie dell’attuale millennio,
probabilmente, non sarebbero potute nascere in tempi molto più brevi rispetto a
quelli che sono stati in realtà. Questo perché pur subendo dei rallentamenti, i
processi verso il digitale iniziati all’incirca dai primi decenni del Novecento,
hanno avuto una grande svolta in meno di mezzo secolo per molti media, come il caso del telefono
cellulare.
Pertanto, non si
può parlare di una vera rivoluzione ma nemmeno di una semplice conseguenza
dell’analogico. Non è sufficiente
ritrarre in un generico passo in avanti,
ciò che è accaduto alla comunicazione in questi anni, ed è riduttivo, infatti,
parlare di eventi a catena. Le innovazioni apportate, hanno creato un nuovo
mondo e una popolazione diversa: partendo dalla nascita nel 1945 del primo
computer Eniac, alla proposta di Apple
di un apparecchio da utilizzare in casa, fino alla decisione della Microsoft di
far valere i propri diritti di Software – importanti tanto quanto la componente
Hardware –, sono parti di un processo che intende comunicare un cambiamento non
soltanto nel percorso storico, ma nella mentalità umana.
Non è di certo la
prima volta che l’uomo pensa in grande per cercare di raggiungere qualcosa che
a prima vista sembra irraggiungibile. Difatti, basti notare che i primi strumenti
digitali, ovvero, il computer e internet sono entrambi nati come
strumenti prevalentemente militari: una delle maggiori fonti d’investimento per
un Paese è la sicurezza della propria terra e del posto che esso presiede
all’interno del sistema globale. Pertanto, è “naturale” che molti studiosi si
siano spinti ad un immaginario dove vi fossero delle importanti tecnologie.
Tuttavia, qualcosa
di rivoluzionario vi deve essere: gli autori, infatti, ritengono che i motivi
per considerare quello del digitale, un percorso di rivoluzione, siano vari. A
partire dal concetto di impatto globale, a quello di prosumer, parola coniata da A.
Toffler nel 1980 per esprimere la nuova visione di informazione. Essa
coinvolge attivamente i consumatori che, pertanto, iniziano anche ad essere
fonte di messaggi e non solo ricettori. Inoltre, è possibile andare anche oltre
la realtà odierna e immaginare una “grande
utopia della convergenza”. Quest'ultima, inclusa nella macchina Überbox, racchiuderebbe insieme tutti gli strumenti
sul mercato (Ipad, Ipod, mp3, computer e smartphone).
Pertanto,
alla domanda posta in precedenza, ovvero, se il digitale sia una rivoluzione o
un’evoluzione del digitale, la risposta potrebbe essere trovata attraverso due
esempi: il primo riguarda
Jacquard che nel 1801 decise di
modificare la struttura del telaio, introducendo delle componenti
hardware e software per creare un telaio
automatico. In proposito, questo tipo di tecnologia non era stata inventata
da lui, tuttavia, fu in grado di trovare per questi prodotti un altro utilizzo
in un settore completamente diverso.
Il secondo esempio, che
probabilmente sarà più chiarificante, è quello che ha dato origine alla casa di
produzione Apple. Steve Jobs e Steve
Wozniak non crearono il personal computer,
anzi, si basarono sulle macchine già create e collaudate da altri prima di
loro, ma ebbero l’idea rivoluzionaria,
di allargare il consumo di tale apparecchio, e di estenderlo a tutti i
consumatori. Questi due uomini, considerati hacker,
si resero conto che la macchina (il
computer) che era usata da pochi e limitata alle necessità burocratiche e
aziendali, poteva essere “alla portata di tutti”, e fu così che nacquero i
primi computer.
Naturalmente, una strategia
pubblicitaria e capacità di marketing favorirono l’azienda Apple, che per tale
ragione oggi è uno dei leader del settore. Tuttavia, questa parte della storia
vuole mandare un messaggio chiaro opposto a quello che Clayton Christensen definì
“dilemma dell’innovatore”. Ciò che è rivoluzionario nei media digitali, non
sono gli strumenti e lo sviluppo delle macchine ma è la “lampadina che si
accende” nella mente di qualcuno e nella forza di chi crede in se stesso, perché,
in fondo, una delle caratteristiche della parola rivoluzione è anche il coraggio.
Sara Esposito
G. Balbi – P. Magaudda,
Storia dei media digitali.
Rivoluzioni e continuità,
Laterza, Roma – Bari, 2019.
_____
29 gennaio 2020
Le bugie hanno le gambe corte, ma in rete un po’ meno
Se la
disinformazione esistite da sempre, perché solo oggi prende il nome di fake
news? Giuseppe Riva, professore di
Psicologia della Comunicazione e direttore del Laboratorio dell’Interazione
Comunicativa e delle Nuove Tecnologie (LICENT) di Milano, decide di rispondere
a questo e ad altri interrogativi nel suo libro Fake news. Vivere e
sopravvivere in un mondo post-verità (Bologna 2018).Il
testo mira a chiarire un concetto che, come più volte ribadito dall’autore, è
stato inserito nel linguaggio corrente solo a partire dal 2015; infatti, le
fake news appartengono ad una realtà del tutto nuova, o per utilizzare un
termine coniato dallo stesso Riva, ad un’«interrealtà». Quest’ultima emerge
come risultato della fusione fra mondo concreto/offline e
mondo virtuale/online, due dimensioni che influenzandosi l’una con l’altra
possono generare particolari effetti psicologici sugli individui. Ma procediamo
con ordine, così come ordinata appare la riflessione di Riva.A
partire dal primo capitolo del saggio, Riva fornisce una panoramica dettagliata
sulle modalità con cui nascono le fake news e sul significato che esse
assumono, in modo tale che ai lettori risulti possibile comprenderne la
profonda diversità rispetto alla comune disinformazione. La differenza, spiega
Riva, è segnata soprattutto dalla odierna presenza dei social network, luoghi
in cui, senza troppa fatica, una fake news può essere divulgata e condivisa,
oltre che ripercuotersi sulle credenze degli individui.L’autore
sottolinea più volte il mutamento avvenuto con il passaggio dai vecchi ai
nuovi media, in seguito al quale il click per sottoscrivere un
«mi piace» ad un post non può essere ritenuto equivalente al click per
cambiare un canale della televisione. Un click sui social network
comporta conseguenze, può fornire informazioni sulla personalità degli utenti,
può essere sfruttato per la diffusione di contenuti inappropriati. Da qui, Riva
presenta un’analisi strettamente psicologica dei mezzi tramite i quali prendono
campo le fake news e dei fattori umani che ne incrementano la riuscita, tra cui
un recente, e scientificamente provato, calo della soglia d’attenzione. Nell’ultimo
capitolo, Riva illustra quali escamotage sono stati messi in atto dalle
istituzioni e dalla rete stessa per tutelare gli utenti dalla valanga di fake
news che giornalmente invadono le pagine web, ma il focus maggiore viene posto
sul singolo: secondo l’autore, siamo noi, a livello individuale, i principali
responsabili incaricati di prendere misure di sicurezza. Pertanto, dobbiamo
imparare a sviluppare un adeguato senso critico ed a seguire precise norme
comportamentali, da applicare ogniqualvolta ci accingiamo a leggere o ad
intervenire online.Alla
luce di quanto esposto, ci accorgiamo che l’attuale rischio di incorrere in una
visuale distorta della realtà ci attende dietro l’angolo e, come evidenzia lo
studioso, ciò non mette a repentaglio soltanto la nostra percezione inerente
alla sfera politica, economica e sociale, bensì influisce addirittura sulla nostra
emotività. Il presente saggio, dunque, rappresenta un’occasione per riflettere
sul mondo virtuale nel quale ormai siamo immersi e ci dimostra propriamente
come le bugie online non abbiano sempre le gambe così corte.Nel
corso del libro, Riva raggiunge gli obiettivi che si era prefissato, ovvero
fornire valide risposte ai quesiti riguardanti le fake news e presentare i più
complessi meccanismi che le caratterizzano, il tutto con grande capacità
esemplificativa. Di fatto, la scrittura vivace, ordinata e pungente dell’autore
colpisce dritta alle coscienze dei lettori e consegna nelle mani di ciascuno
gli strumenti per ricercare la verità anche laddove quest’ultima viene offuscata da
una subdola – e forse più alla moda–post-verità. Ragion per cui, bisogna
prestare attenzione: abbassare la guardia è questione di un attimo.
Giuseppe Riva
Fake news. Vivere e sopravvivere in un mondo post-verità
il Mulino, Bologna, 2018.
Giulia Marino
Fake news. Vivere e sopravvivere in un mondo post-verità
il Mulino, Bologna, 2018.
_____
28 gennaio 2020
Visual Journalist: un libro per reagire alla cultura visiva
È possibile essere
dei buoni giornalisti con un pubblico di non-lettori?
L’opera di Paolo
Schianchi è una finestra che si spalanca sulle condizioni attuali del mondo
dell’informazione. Già dalle prime pagine l’autore contestualizza il lavoro del
visual journalist, facendo emergere l’essenzialità di una professione che
merita una particolare attenzione.
Siamo nel pieno
della cultura visiva, le immagini permeano la nostra quotidianità ed è sempre
più comune la tendenza a informarsi guardando. Date le caratteristiche
dell’epoca attuale, il visual journalist ha il compito di scrivere visivamente
una notizia, il cui contenuto deve essere leggibile dagli utenti. Attraverso molti
esempi efficaci, Schianchi illustra come le immagini
stiano diventando indipendenti dalle parole, quando prima ne erano un
completamento. Chi svolge la professione ha la responsabilità di comporre
notizie che siano comprensibili a tutti e immediatamente chiare, attività che
richiede ben di più di una resa esteticamente piacevole. Come afferma l’autore,
“un visual journalist sa governare l’emozione dell’immagine per diffondere il
suo messaggio, in quanto padroneggia le raffigurazioni dal punto di vista
compositivo, lessicale e tecnico.”
È fondamentale
capire come si possa realizzare una buona informazione cavalcando il
cambiamento mediatico e l’intento di Schianchi è spiegare come il visual
journalism possa essere una disciplina efficace, senza screditare l’importanza
delle parole. Infatti, queste ultime sono ancora il potente mezzo che permette
di approfondire la conoscenza e hanno un primato da reputarsi tuttora
ineguagliabile. Ciononostante, è sempre più opportuno reagire al cambiamento
della comunicazione con novità intelligenti che valga la pena conoscere, perché
informando meglio, si preserva la vera ricchezza dell’essere umano.
Marta Massardo
Paolo
Schianchi,
Visual Journalist. L'immagine è la notizia
Franco
Angeli, Milano, 2018.
_____
Etichette:
Fotogiornalismo,
Fotografia,
Grafica,
Libreria,
Linguaggio iconografico,
Recensione
27 gennaio 2020
Extramedia. Evoluzione del giornalismo.
Il mondo del giornalismo sta vivendo un’epoca di trasformazione; una transizione che ha avuto inizio con l’avvento di Internet ed ha subìto una rapida accelerazione con la venuta degli smartphone.
La tecnologia ci ha condotti così “al passaggio dalla comunicazione di massa ad una individuale, con impatti notevoli per l’industria dei media“ (Domenico Ioppolo).
Nel libro Giornalismo aumentato. Attualità e scenari di una professione in rivoluzione, a cura di Giorgio Triani, (Franco Angeli, Milano, 2017), ci viene offerta una panoramica di quella che è oggi la professione del giornalista e i nuovi percorsi del giornalismo nell’era dei social media.
Principalmente il web ha determinato la disintermediazione dell’informazione, riducendo l’oggetto “giornale” a mero veicolo e slegandolo dal rapporto di fiducia con il lettore. Nel momento in cui le notizie sono fruibili in rete gratuitamente, perché pagare per leggerle? Per la stampa l’esito è stato disastroso con un vertiginoso calo progressivo delle vendite di quotidiani e periodici.
Il processo di svalutazione dell’informazione ha colpito sia economicamente che qualitativamente, ed anche bufale e notizie fake hanno fatto la loro parte. I nuovi colossi del web hanno colto impreparati i media tradizionali e a farne le spese è stato più di tutti il lavoro giornalistico che ha perso prestigio agli occhi del pubblico a favore dei social media.
Il cambiamento fondamentale è avvenuto proprio nei lettori che d’un tratto sono divenuti potenziali autori e creatori di contenuti a loro volta; da qui il flusso di informazioni è diventato inarrestabile, “virale”.
È la realizzazione di quello che M. McLuhan aveva definito, con notevole anticipo, il villaggio globale (Gli strumenti del comunicare, 1964).
“In quarant’anni - scrive a proposito Antonio Mascolo - è avvenuta una rivoluzione ben più importante – anche se terribilmente simile – di quella di Gutenberg” e aggiunge “Tutte le unità (di tempo, di luogo ecc.) sono state spazzate via”, scrivere e pubblicare sono diventati un unico gesto.
Inevitabilmente, l’unica soluzione è l’integrarsi del giornalismo nel mondo digitale, ovvero il suo “ri-contestualizzarsi”. Diventa perciò fondamentale adottare la giusta strategia di marketing, occorre trovare nuovi linguaggi, nuovi modelli di business e sistemi per attrarre l’audience e far fronte anche ad un nuovo tipo di utente: il navigatore “nomade”. Si tratta perlopiù di un lettore distratto, superficiale, spesso “occasionale”, che ricalca il modello del telespettatore annoiato che fa zapping tra un canale e l’altro.
Ecco allora che gli articoli online si fanno più brevi, i titoli accattivanti, e si corredano di immagini e filmati per adattarsi allo schema (e allo schermo) di lettura social.
Il linguaggio pubblicitario e quello giornalistico si fondono in nuove forme di comunicazione e moltiplicano anche le figure professionali: dal data journalist allo specialista SEO (Search Engine Optimization) al Social Media Manager.
È un giornalismo aumentato, quello della raccolta dei dati, del “Visual Journalism” e dello “storytelling”, che si muove in un panorama ancora tutto da definire e che riscrive le sue regole in nome del “digital first” per competere con blogger, influencer e youtubers, ponendosi l’obbiettivo di riorientare l’opinione pubblica facendosi strumento di formazione oltre che di informazione.
Fabiana PinnaGiornalismo aumentato. Attualità e scenari di una professione in rivoluzione
a cura di Giorgio Triani,
Franco Angeli, Milano, 2017.
____
24 gennaio 2020
In libreria
La bottega delle narrazioni
Letteratura, televisione, cinema, pubblicità
a cura di: Stefano Calabrese, Giorgio Grignaffini
Carocci, Roma, 2020, pp. 168.
Descrizione
Introduzione di Stefano Calabrese e Giorgio Grignaffini
La forma del racconto/Il narratore e la distanza dalla storia narrata/La focalizzazione/Il personaggio/La storia/I sette macrointrecci/Don Rodrigo e Lucia: un prequel, un sequel o uno spin-off
1. Il romanzo di Sandrone Dazieri
Premessa/Cosa raccontare/I personaggi e il punto di vista/Il tempo e la focalizzazione/L’ordine di distribuzione/I dialoghi/La revisione
2. Il graphic novel di Leonardo Valenti
Premessa/I narratori, i personaggi e il plot/La scena e il tempo/La costruzione del testo/La relazione tra sceneggiatore e disegnatore/Un prequel dei Promessi sposi
3. La sceneggiatura cinematografica di Mauro Spinelli
Premessa/Gli step del lavoro/Il dinamismo e la staticità/La sceneggiatura
4. Le serie tv di Luigi Forlai
Premessa/Il tema e i personaggi/Le forme prevalenti di narrazione/Il budget/La serie tv dei Promessi sposi/Una prima opzione di sceneggiatura: il punto di vista di Lucia /Una seconda opzione di sceneggiatura: il punto di vista di don Rodrigo/Conclusioni
5. Lo spot pubblicitario di Riccardo Sabbadini
Premessa/L’obiettivo: essere persuasivi/Dal cliente all’ideazione del tema/La sceneggiatura/Un primo commento/Le rifiniture/Un secondo commento/Conclusioni
6. Il transmedia storytelling di Max Giovagnoli
Premessa/Universi, nebulae, story worlds e untold stories/Creare story worlds transmediali/I punti di vista e i personaggi transmediali/Il sistema comunicativo transmediale/Il transmedia storytelling per La sposa promessa/Conclusioni
Bibliografia
Gli autori
Letteratura, televisione, cinema, pubblicità
a cura di: Stefano Calabrese, Giorgio Grignaffini
Carocci, Roma, 2020, pp. 168.
Descrizione
In un momento in cui la narratività sembra pervadere tutti gli ambiti sociali, dalla politica al marketing, il libro insegna in forme metodologicamente avanzate, rigorose e non amatoriali, a scrivere una storia. I capitoli sono scritti da esperti dei vari ambiti mediali e forniscono le istruzioni necessarie per organizzare lo storytelling nei settori del cinema, della letteratura, della pubblicità, dei graphic novel, della televisione e della cosiddetta transmedialità. Al termine di ciascun capitolo viene fornito come esempio di narrazione un possibile prequel, sequel o spin-off dell’incontro manzoniano tra don Rodrigo e Lucia.
IndiceIntroduzione di Stefano Calabrese e Giorgio Grignaffini
La forma del racconto/Il narratore e la distanza dalla storia narrata/La focalizzazione/Il personaggio/La storia/I sette macrointrecci/Don Rodrigo e Lucia: un prequel, un sequel o uno spin-off
1. Il romanzo di Sandrone Dazieri
Premessa/Cosa raccontare/I personaggi e il punto di vista/Il tempo e la focalizzazione/L’ordine di distribuzione/I dialoghi/La revisione
2. Il graphic novel di Leonardo Valenti
Premessa/I narratori, i personaggi e il plot/La scena e il tempo/La costruzione del testo/La relazione tra sceneggiatore e disegnatore/Un prequel dei Promessi sposi
3. La sceneggiatura cinematografica di Mauro Spinelli
Premessa/Gli step del lavoro/Il dinamismo e la staticità/La sceneggiatura
4. Le serie tv di Luigi Forlai
Premessa/Il tema e i personaggi/Le forme prevalenti di narrazione/Il budget/La serie tv dei Promessi sposi/Una prima opzione di sceneggiatura: il punto di vista di Lucia /Una seconda opzione di sceneggiatura: il punto di vista di don Rodrigo/Conclusioni
5. Lo spot pubblicitario di Riccardo Sabbadini
Premessa/L’obiettivo: essere persuasivi/Dal cliente all’ideazione del tema/La sceneggiatura/Un primo commento/Le rifiniture/Un secondo commento/Conclusioni
6. Il transmedia storytelling di Max Giovagnoli
Premessa/Universi, nebulae, story worlds e untold stories/Creare story worlds transmediali/I punti di vista e i personaggi transmediali/Il sistema comunicativo transmediale/Il transmedia storytelling per La sposa promessa/Conclusioni
Bibliografia
Gli autori
____
14 gennaio 2020
La guerra era finita ma ...
In questo primo mese del nuovo decennio l'attenzione di varie reti tv si è sintonizzata sui primi mesi del secondo dopoguerra annunciando una serie di film particolarmente riflessivi, soprattutto per chi non sa in quale inferno sia stata scaraventata l'Europa negli anni dei nazifascismo. Ieri - e nelle prossime puntate - Rai1 con La guerra è finita racconta lo strazio dei bambini e adolescenti ebrei scampati allo sterminio e in quelle storie si può riconoscere anche la vicenda personale di Liliana Segre. Lunedì 6 gennaio su Cielo è andato in onda il film danese di Martin Zandvliet Land of Mine, che ha raccontato la storia vera di "ragazzi" - perché erano poco più che ragazzini - dell'esercito tedesco ormai sconfitto obbligati dai danesi a liberare le coste della Danimarca dai milioni di mine che i tedeschi stessi avevano interrato in vista di uno sbarco alleato. Una storia dolorosissima di vincitori e vinti, che ben evidenziava lo sconquasso umano della guerra. E difficile non mettere in connessione quelle storie con il film immenso di Renzo Rossellini Germania anno zero del 1948, proprio nel periodo in cui quegli stessi vincitori e vinti riuscivano ad avviare il progetto dell'Europa comunitaria (oggi quasi vilipeso).
mm
_____
10 gennaio 2020
In libreria
Gillo Pontecorvo
Il sole sorge ancora
Tra politica, giornalismo e cinema
Mimesis, Sesto San Giovanni, 2019, pp. 174.
Descrizione
Il sole sorge ancora
Tra politica, giornalismo e cinema
Mimesis, Sesto San Giovanni, 2019, pp. 174.
Descrizione
Noto come regista cinematografico dalla grande inventiva, ma dalla scarsa prolificità – nel giro di un trentennio di attività diresse solo cinque film, la maggior parte oggi considerati leggendari, un mediometraggio e un pugno di documentari –, Gillo Pontecorvo intraprese all'indomani della fine del secondo conflitto mondiale la carriera di giornalista, dapprima inviando corrispondenze da Parigi, dov'era tornato a vivere, e successivamente assumendo la carica di direttore di “Pattuglia”, la più popolare delle riviste giovanili del Partito Comunista. Quest’antologia raccoglie di quest’ultima sua esperienza gli editoriali, gli articoli e le interviste redatti tra il 1947 e il 1950 sia come collaboratore e, successivamente, come direttore. In appendice quattro interviste a Pablo Picasso, Marlene Dietrich, René Clair e Jean Frédéric Joliot-Curie, pubblicate nel 1947 da Pontecorvo su “Omnibus”, “Milano- Sera” e “La Repubblica”.
____
05 gennaio 2020
L'importanza della riflessione critica nel pensare contemporaneo
La nostra epoca
è caratterizzata da un eccesso di stimoli provenienti da ogni dove: gli
smartphone, la televisione, internet... da ogni fonte giunge un costante flusso
di informazioni che circolano e si susseguono ad una velocità senza precedenti.
La sovrabbondanza di cui quotidianamente facciamo esperienza può però portare
ad un senso di angoscia e paralisi: in che modo riusciamo a capire cosa
dovremmo leggere, ascoltare, guardare? In un mondo di costante cambiamento,
come si può capire ciò che è bello? E sulla base di cosa ciò che è bello è
tale?
Ecco che il
ruolo della critica si rivela in tutta la sua importanza e Andrew Scott,
critico cinematografico del New York Times, effettua un'intelligente analisi di
quest'importantissima attività, non solo in veste professionale, ma come
attitudine quotidiana poiché, e come lui stesso afferma, a tutti piace
giudicare e tutti giudichiamo.
Il saggio di
Scott non si propone di fornire quelli che sono i dettami critici che gli
individui dovrebbero operare nelle loro scelte quotidiane, ma evidenzia
l'importanza di formarsi un pensiero critico e di esercitarlo con costanza in
tutte le situazioni, anche quelle di semplice svago, che siamo portati a
pensare non debbano suscitare profonde riflessioni o da intellettualizzare. Al
contrario, Scott evidenzia come proprio in quei momenti sia importante
esercitare un pensiero critico, per non togliere la possibilità a film o libri,
apparentemente di intrattenimento puro e semplice, la possibilità di essere
qualcosa di più, ad esempio un potenziale oggetto di riflessione.
Attraverso
un'attenta analisi, anche storica, del ruolo della critica e del mestiere del
critico, Scott sollecita a non adagiarsi nella comodità del pensiero di gruppo.
Egli invita a superare l'alone di pregiudizi di cui è ammantata la critica,
sorella gemella dell'arte e forma d'arte essa stessa.
È in base a ciò
che ci piace e ciò che non ci piace che formiamo la nostra identità di
individui, siamo tutti accomunati dal desiderio di coltivare il piacere verso
qualcosa e l'attitudine critica è dunque fondamentale.
Questo testo,
che si pone come “manifesto contro la pigrizia e la stupidità”, accompagna il
lettore in uno stimolante viaggio nel mondo della critica per meglio
comprenderla ed esercitarla nella nostra così abbagliante e caotica
contemporaneità.
Selina Grillone
A.O.Scott
Elogio della critica.
Imparare a comprendere l'arte, riconoscere la bellezza
e
sopravvivere al mondo contemporaneo
Milano, il
Saggiatore, 2017, pp. 256.
_____
04 gennaio 2020
Genova in libreria
Giovanni Battista Varnier
"Dio e Patria. I cattolici genovesi nella Grande Guerra"
Stefano Termanini Editore, Genova, 2019, pp.104.
Descrizione
La pubblicazione presenta, in forma agile ma documentata, le posizioni assunte dal mondo cattolico genovese di fronte al primo conflitto mondiale. Sono pagine di storia che non devono essere trascurate per non dimenticare il sacrificio e la lealtà alle istituzioni dei cattolici, ma anche per riflettere sulle tragedie della guerra.
*Indice
Premessa
Prima Parte Il contesto generale
Seconda Parte Momenti
Terza parte Figure rappresentative
Quarta Parte Documenti
Postfazione Il patrimonio di storia sociale e religiosa delle Società operaie cattoliche
_____
Iscriviti a:
Post (Atom)
Archivio blog
- nov 2024 (1)
- ott 2024 (1)
- set 2024 (2)
- giu 2024 (1)
- feb 2024 (1)
- gen 2024 (1)
- nov 2023 (1)
- ott 2023 (1)
- set 2023 (1)
- ago 2023 (1)
- giu 2023 (2)
- mag 2023 (1)
- apr 2023 (2)
- mar 2023 (2)
- feb 2023 (1)
- gen 2023 (2)
- dic 2022 (3)
- ott 2022 (1)
- ago 2022 (1)
- lug 2022 (2)
- giu 2022 (3)
- mag 2022 (4)
- apr 2022 (5)
- mar 2022 (2)
- feb 2022 (6)
- gen 2022 (1)
- dic 2021 (4)
- nov 2021 (8)
- ott 2021 (9)
- set 2021 (4)
- ago 2021 (3)
- lug 2021 (5)
- giu 2021 (5)
- mag 2021 (1)
- apr 2021 (4)
- mar 2021 (7)
- feb 2021 (3)
- gen 2021 (4)
- dic 2020 (2)
- nov 2020 (2)
- ott 2020 (2)
- set 2020 (1)
- ago 2020 (3)
- lug 2020 (1)
- giu 2020 (5)
- mag 2020 (2)
- apr 2020 (2)
- mar 2020 (1)
- feb 2020 (6)
- gen 2020 (9)
- dic 2019 (11)
- nov 2019 (9)
- ott 2019 (15)
- set 2019 (6)
- ago 2019 (5)
- lug 2019 (5)
- giu 2019 (9)
- mag 2019 (5)
- apr 2019 (6)
- mar 2019 (6)
- feb 2019 (13)
- gen 2019 (13)
- dic 2018 (14)
- ott 2018 (15)
- set 2018 (12)
- ago 2018 (2)
- lug 2018 (7)
- giu 2018 (6)
- mag 2018 (10)
- apr 2018 (8)
- mar 2018 (11)
- feb 2018 (7)
- gen 2018 (11)
- dic 2017 (11)
- nov 2017 (11)
- ott 2017 (7)
- set 2017 (9)
- ago 2017 (6)
- lug 2017 (2)
- giu 2017 (12)
- mag 2017 (13)
- apr 2017 (8)
- mar 2017 (7)
- feb 2017 (9)
- gen 2017 (6)
- dic 2016 (6)
- nov 2016 (17)
- ott 2016 (10)
- set 2016 (11)
- ago 2016 (1)
- lug 2016 (4)
- giu 2016 (10)
- mag 2016 (13)
- apr 2016 (12)
- mar 2016 (4)
- feb 2016 (11)
- gen 2016 (12)
- dic 2015 (11)
- nov 2015 (4)
- ott 2015 (6)
- set 2015 (9)
- ago 2015 (6)
- lug 2015 (3)
- giu 2015 (6)
- mag 2015 (10)
- apr 2015 (8)
- mar 2015 (12)
- feb 2015 (11)
- gen 2015 (4)
- dic 2014 (7)
- nov 2014 (5)
- ott 2014 (10)
- set 2014 (6)
- ago 2014 (1)
- lug 2014 (6)
- giu 2014 (14)
- mag 2014 (10)
- apr 2014 (4)
- mar 2014 (11)
- feb 2014 (10)
- gen 2014 (12)
- dic 2013 (20)
- nov 2013 (9)
- ott 2013 (9)
- set 2013 (4)
- ago 2013 (8)
- lug 2013 (8)
- giu 2013 (20)
- mag 2013 (13)
- apr 2013 (9)
- mar 2013 (11)
- feb 2013 (16)
- gen 2013 (8)
- dic 2012 (10)
- nov 2012 (8)
- ott 2012 (16)
- set 2012 (12)
- ago 2012 (5)
- lug 2012 (12)
- giu 2012 (27)
- mag 2012 (35)
- apr 2012 (21)
- mar 2012 (19)
- feb 2012 (21)
- gen 2012 (26)
- dic 2011 (20)
- nov 2011 (16)
- ott 2011 (30)
- set 2011 (10)
- ago 2011 (5)
- lug 2011 (14)
- giu 2011 (19)
- mag 2011 (24)
- apr 2011 (15)
- mar 2011 (18)
- feb 2011 (25)
- gen 2011 (18)
- dic 2010 (14)
- nov 2010 (15)
- ott 2010 (10)
- set 2010 (9)
- ago 2010 (6)
- lug 2010 (8)
- giu 2010 (12)
- mag 2010 (18)
- apr 2010 (20)
- mar 2010 (12)
- feb 2010 (23)
- gen 2010 (22)
- dic 2009 (18)
- nov 2009 (26)
- ott 2009 (25)
- set 2009 (14)
- ago 2009 (12)
- lug 2009 (16)
- giu 2009 (11)
- mag 2009 (17)
- apr 2009 (15)
- mar 2009 (18)
- feb 2009 (6)
- gen 2009 (13)
- dic 2008 (18)
- nov 2008 (37)
- ott 2008 (30)
- set 2008 (22)
- ago 2008 (6)
- lug 2008 (35)
- giu 2008 (5)
- mag 2001 (1)
Copyright
Questo blog non può considerarsi un prodotto editoriale, ai sensi della legge n. 62/2001. Chi desidera riprodurre i testi qui pubblicati dovrà ricordarsi di segnalare la fonte con un link, nel pieno rispetto delle norme sul copyright.