Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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27 aprile 2010

In libreria

Francesca Rizzuto
Giornalismo e democrazia. L'informazione politica in Italia

Palermo, Palumbo editore, 2009, 142 pp.
Scheda di presentazione dal sito dell'editore
Nell'epoca del disimpegno politico e della spettacolarizzazione delle realtà il tema del rapporto tra giornalismo e democrazia assume una centralità nuova, imponendo una ridefinizione nel nostro paese. Accanto alle conseguenze delle trasformazioni tecnologiche sul newsmaking, l'interrogativo sul ruolo attuale e futuro del giornalismo si intreccia con i cambiamenti possibili delle forme attuali di statualità, con i processi di formazione dell'opinione pubblica così come con le pratiche comunicative tra cittadini e governo nell'agorà contemporanea. I media ridisegnano i luoghi e gli attori della politica, abbattono i confini, modellano tipi inediti di soggettività individuali e collettive. Si spiega, così, la centralità del giornalismo nella vita contemporanea, capace di offrire significati condivisi utili per creare un nuovo senso comune e ritrovare appartenenze: in un contesto in cui i soggetti controllano più informazioni, vivono l'esperienza quotidiana della pluralizzazione dei mondi, si impegnano in un processo di costruzione dell'identità. Soltanto l'esistenza di un'opinione pubblica informata qualifica una democrazia e ne rende possibile il futuro. Il giornale, nell'attuale ecosistema comunicativo basato sulla Rete, potrà avere una nuova capacità aggregativa, connettere le informazioni in un processo coerente, produrre notizie verificabili, stabilire rapporti di fiducia con altri soggetti.
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26 aprile 2010

“Il Volto Nuovo della Comunicazione Sociale”

Concorso promosso dalla Fondazione Pubblicità Progresso, in collaborazione con il Parlamento Europeo – Ufficio a Milano e con la parterniship di Deejay. In questa edizione si chiede ai giovani di creare idee di comunicazione capaci di stimolare all’azione altri giovani. I temi su cui è possibile esercitare la creatività, soprattutto strategica, sono tre: la sostenibilità ambientale, l’attenzione alla diversità e la lotta alla povertà. Il Regolamento è pubblicato sul sito di Fondazione Pubblicità Progresso. 
L’iscrizione al concorso deve avvenire entro lunedì 31 maggio 2010. Per iscriversi è necessario scaricare, compilare e inviare il modulo di iscrizione all’indirizzo mail: info@koinetica.net (o al numero di fax 02 67380608)
*segnalato da Monica Cesana

Per approfondimenti:
Marcella Semenza 
Koinètica
tel. 02 6691621 -  m.semenza@koinetica.net
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Link utili
Fondazione Pubblicità Progresso

Atti della Quinta Conferenza internazionale della Comunicazione Sociale - 27.10.2009 (video)
Koinètica 
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25 aprile 2010

25 Aprile, giorno di (vera) Liberazione e di Riunificazione

"[....] Il 25 aprile è non solo Festa della Liberazione: è Festa della riunificazione d'Italia. Dopo essere stata per 20 mesi tagliata in due, l'Italia si riunifica, nella libertà e nell'indipendenza. Se ciò non fosse accaduto, la nostra nazione sarebbe scomparsa dalla scena della storia, su cui si era finalmente affacciata come moderno Stato unitario nel 1861, con il compimento del moto risorgimentale. Gli storici hanno analizzato anche l'aspetto del ricollegarsi della Resistenza al Risorgimento, ne hanno con misura pesato i molti segni, nella pubblicistica politica, nelle dichiarazioni programmatiche, negli stessi nomi delle formazioni partigiane, nello spirito che animava i militari deportati e internati in Germania. E se hanno poi potuto apparire abusate certe formule, e poco fondate le facili generalizzazioni, resta il fatto che la memoria del Risorgimento, il richiamo a quell'eredità - per quanto venisse assunto ambiguamente anche dall'altra parte - fu componente importante della piattaforma ideale della Resistenza. Si trattò di un decisivo arricchimento di quella che era e rimase la matrice antifascista della guerra di Liberazione: nel più ampio e condiviso sentimento della Nazione, nel grande alveo della guerra patriottica si raccolsero forze che non erano state partecipi dell'antifascismo militante e fresche energie rappresentative di nuove, giovanissime generazioni. E questa caratterizzazione più ricca, e sempre meno di parte, della Resistenza si rispecchiò più tardi nel confronto costituente, nel disegno e nei principi della Costituzione repubblicana.[...]".
Giorgio Napolitano, Presidente della Repubblica italiana,
Teatro della Scala di Milano, 24.4.2010

Poche volte chi ha un ruolo istituzionale ci ricorda la nostra Storia e le motivazioni dell'Unità Italiana. Ieri, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha pronunciato un discorso esemplare che merita di essere rilanciato nel Web.
*link al testo integrale del Discorso di Giorgio Napolitano
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23 aprile 2010

Confini

In diretta la direzione: scontro Berlusconi-Fini. Vorrei riflettere su un fatto positivo e uno negativo. Quello che è successo oggi è tanto incredibile quanto credibile. La situazione continuava a precipitare sempre più, dagli appunti politici agli insulti personali, dagli interventi ai microfoni ai gesti in piedi. La situazione precipitava sempre più e sempre più la direzione partecipava: applausi e urla da stadio, brontolii e facce da bar. Incredibile che le cose andassero così, ma credibile. Il fatto positivo: il faccia a faccia davanti alle facce, quelle dei membri in auditorium e quelle degli spettatori della diretta. Non solo, sono immagini che rimarranno: le loro espressioni, gli occhi e le dita, adulti e bambini, Berlusconi e Fini. Oltre i confini. Non ci sono state porte chiuse o agenzie stampa, non ci sono stati messaggi poi raccolti o giri di parole e volti. Le cose, Silvio e Gianfranco se le sono dette, i nomi sono stati fatti, gli esempi pure, per non parlare dei rimproveri e dei rancori, delle controversie e dei colori, delle intimità e delle intimidazioni. E l’han fatto in direzione e in diretta. Da un “vogliamoci bene” poco sincero, ma sereno a un “facciamola finita” poco sereno, ma sincero: il microfono fermo, la mano magari meno e “diciamolo davanti a tutti”. Questo mi ha sorpreso, ma non mi è spiaciuto. Domani forse. Mi ha sorpreso e spiaciuto invece il fatto negativo: i confini di Fini. Credevo che Gianfranco contasse di più. Quasi un’ora d’intervento e poi via col vento, appesi a un documento e con lui appena il sette per cento. Appena, apnea. Sottolineo che non mi è sembrato in ottimo stato Fini: sia nella forma che nei contenuti. Spento. Ripetitivo, ma poco incisivo. Meno duro del solito. Sottintendo che mi è sembrato sempre lui invece Berlusconi: sia nella forma che nei contenuti. Acceso. Sintetico, ma molto incisivo. Più duro del solito. Nonostante il punto di partenza fosse un sempre più illuminato Fini e un sempre più scuro in volto Berlusconi. Gli ultimi mesi sono stati così, almeno: al netto, consenso per Fini. Avevo pensato, che semmai fosse arrivato questo momento ci sarebbero state più firme al documento. Invece oggi i nodi sì, sono venuti al pettine, ma una mano l’ha tirato, una parrucca è venuta via con tutti i nodi e un’altra ce ne sarà sotto. Berlusconi ha stravinto, anche contro Fini. E non me l’aspettavo, non in questi termini. Concludendo la mia riflessione quindi, ora all’una di notte prima di andare a letto, sono colpito sia dall’esser andati oltre i confini della politica fatta dai dirigenti, dentro le dirigenze, diretti a se stessi, diritti e dietro. Sia dall’essere Fini risistemato entro i suoi confini. Lo scrivo ora, così tardi, perché domani, già presto, sarà diverso: in questi tempi veloci saremo già abituati ai faccia a faccia davanti a mille facce, in questi tempi duri saremo già abbattuti che un leader illuminato sia spento e confinato da un leader scuro in volto. Incredibile quanto credibile: abituati e abbattuti, tutti dentro i confini. In diretta. Buonanotte.


Ps. Solo un brutto sogno notturno:
“...Ti ho già detto che ho intenzione di vendere «Il Giornale», e se vuoi, se hai un uomo vicino a te o ad An, ci accordiamo: che lo comprasse lui…”.
Per fortuna Indro gli occhi li ha chiusi, non ha visto nè letto: l'idea che aveva di informazione libera e di illuminata destra sono confinate, quasi sfinite. Io invece no, domani mattina gli occhi li riaprirò. Con Fini.

Alessandro Ferraro

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22 aprile 2010

Giornalismo d'inchiesta

La Sesta Conferenza Globale del Giornalismo d'inchiesta  si tiene a Ginevra (Svizzera), dal 22 al 25 aprile 2010. La Conferenza é un’iniziativa mondiale lanciata una decina di anni fa dall’associazione americana Investigative Reporters and Editors (IRE) per promuovere la collaborazione fra reti di giornalisti su temi transnazionali. La scorsa edizione si é tenuta in Norvegia.
La Conferenza é un'occasione eccezionale per imparare, per 'fare rete' con giornalisti di tutto il mondo e – soprattutto per chi lavora per la carta stampata, il web e la radio - é anche un modo per raccogliere tante storie incredibili da mezzo pianeta... senza dover girare il mondo. A Ginevra sono attesi circa 500 giornalisti da tutto il pianeta e ci saranno 100 atelier pratici, che partono sempre da un'inchiesta per arrivare a scambiare tecniche, esperienze e contatti. La Conferenza non entra in ambito accademico, si concentra sullo scambio dinamico e concreto. Ogni sera, sono organizzate cene collettive per approfondire i contatti e per coltivare collaborazioni e progetti di inchiesta.
A Ginevra ci saranno ospiti di prestigio come Seymour Hersh, il veterano del giornalismo americano che ha reso pubbliche le torture di Abu Ghraib. Ma ci saranno soprattutto tante occasioni di apprendimento e scambio (v. il Programma e la Presentazione dei relatori invitati). L'edizione di quest'anno si svolge in inglese e francese. È organizzata dal nodo svizzero e la sua riuscita si basa sul lavoro volontario.
Il contributo dei partecipanti consente di finanziare le strutture indispensabili alla Conferenza e di portare a Ginevra un centinaio di giornalisti da Asia, Africa, America del sud ed Europa dell'est – colleghi e colleghe che altrimenti non avrebbero potuto partecipare. Per questo, la partecipazione di tutti gli altri e le altre é a pagamento (circa 400 euro che comprendono, oltre a tutte le sessioni, anche i pranzi, le pause caffè e due cene su tre).
Il segretariato é ospitato dal Club de la presse di Ginevra e risponde – anche in italiano – ogni lunedì, martedì e giovedì dalle ore 9 alle 13:
tel. 0041 22 54 61 442
 

*evento segnalato da Serena Tinari
giornalista della Televisione Svizzera Italiana

20 aprile 2010

Grafica

GRAFICA inSIEME 
Giornata nazionale sulla Xilografia e Calcografia
Tecniche da conoscere e apprezzare

24 aprile 2010
Istituto Pavoniano E. Fassicono 
Via Imperiale 41 - Genova
Programma
Nell'occasione sarà presentata la nuova rivista inPRESSIONI dedicata alla piccola grafica delle incisioni.
*segnalato da Marco Picasso

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18 aprile 2010

Le sfide del giornalismo

“La libertà di stampa e la libertà della stampa
in Italia ed in Europa”
Tavola rotonda
Lunedì 19 aprile 2010, ore 17
Biblioteca Berio - Sala Chierici

Via Del Seminario 16 - Genova

Interventi di: Francesca Balzani (Eurodeputato), Alessandra Costante (Presidente Gruppo Cronisti Liguri), Attilio Lugli (Presidente Ordine dei Giornalisti) , Marcello Zinola (Segretario Ass.ne Ligure Giornalisti/Fnsi). Organizzazione e coordinamento: Edoardo Pusillo (Vice presidente Gruppo Cronisti Liguri).
Ai partecipanti verrà donata una copia dell'annuario Cronaca di un anno di cronaca 2009, a cura del  Gruppo Cronisti Liguri.
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16 aprile 2010

L'uomo che teneva il parcheggio

L'uomo che teneva il parcheggio sapeva svolgere benissimo l'incarico affidatogli.
Dopo ore di attesa era riuscito ad allontanare quelli che desideravano ardentemente quel posto, l'ora era tarda e i parcheggi scarseggiavano.
Ma senza scoraggiarsi, l'uomo che teneva il parcheggio continuava ad affermare il suo diritto a tenere quel posto, la fidanzata sarebbe tornata a breve e loro si sarebbero gustati una cenetta romantica.
Passavano le ore.
Poi i mesi, ma l'uomo che teneva il parcheggio era sempre lì: era ormai divenuto celebre nel quartiere, vennero organizzati comitati pro e contro di lui, arrivarono persino i giapponesi.
Ma lui era fiducioso.
L'uomo che teneva il parcheggio è un racconto di Filippo Balestra, genovese classe 1982, interpretato dalle illustrazioni di nove giovani artisti: Ilaria Demonti, Elena di Palma, Roberto Ferreccio, Sissi Magnani, Marika Marini, Morof, Pietro Nicolaucich, Valeria Salandin, Chiara Tassinari.
L'uomo che teneva il parcheggio è la seconda mostra nata dall'Associazione Ko.Ji.Ku. (Consorzio Giovani Curatori, colleghi di Balbi 4) e lo spazio no-profit Galleria Studio 44 di Vico Colalanza 12r, un progetto di interscambio e sperimentazione, una vetrina per presentare giovani artisti che si distinguono per ricerca innovativa.
La mostra rimarrà allestita fino alla fine del mese di aprile.
Beatrice D'Oria







15 aprile 2010

Lezione di etica pubblica

"Io non ci sto. Sono figlio di un mezzadro che non aveva soldi ma un infinito patrimonio di dignità. Ho vissuto i miei primi anni di vita in una cascina come quella del film “L’albero degli zoccoli”. Ho studiato molto e oggi ho ancora intatto tutto il patrimonio di dignità e inoltre ho guadagnato i soldi per vivere bene. E’ per questi motivi che ho deciso di rilevare il debito dei genitori di Adro che non pagano la mensa scolastica.
A scanso di equivoci, premetto che:
-Non sono “comunista”. Alle ultime elezioni ho votato per FORMIGONI. Ciò non mi impedisce di avere amici dì tutte le idee politiche. Gli chiedo sempre e solo la condivisione dei valori fondamentali e al primo posto il rispetto della persona.
- So perfettamente che fra le 40 famiglie alcune sono di furbetti che ne approfittano, ma di furbi ne conosco molti. Alcuni sono milionari e vogliono anche fare la morale agli altri. In questo caso, nel dubbio sto con i primi. Agli extracomunitari chiedo il rispetto dei nostri costumi e delle nostre leggi, ma lo chiedo con fermezza ed educazione cercando di essere il primo a rispettarle. E tirare in ballo i bambini non è compreso nell’educazione.
Ho sempre la preoccupazione di essere come quei signori che seduti in un bel ristorante se la prendono con gli extracomunitari. Peccato che la loro Mercedes sia appena stata lavata da un albanese e il cibo cucinato da un egiziano. Dimenticavo, la mamma è a casa assistita da una signora dell’Ucraina.
Vedo attorno a me una preoccupante e crescente intolleranza verso chi ha di meno. Purtroppo ho l’insana abitudine di leggere e so bene che i campi di concentramento nazisti non sono nati dal nulla, prima ci sono stati anni di piccoli passi verso il baratro. In fondo in fondo chiedere di mettere una stella gialla sul braccio agli ebrei non era poi una cosa che faceva male.
I miei compaesani si sono dimenticati in poco tempo da dove vengono. Mi vergogno che proprio il mio paese sia paladino di questo spostare l’asticella dell’intolleranza di un passo all’anno, prima con la taglia, poi con il rifiuto del sostegno regionale, poi con la mensa dei bambini, ma potrei portare molti altri casi.
Quando facevo le elementari alcuni miei compagni avevano il sostegno del patronato. Noi eravamo poveri, ma non ci siamo mai indignati. Ma dove sono i miei compaesani, ma come è possibile che non capiscano quello che sta avvenendo?
Che non mi vengano a portare considerazioni “miserevoli”. Anche il padrone del film di cui sopra aveva ragione. La pianta che il contadino aveva tagliato era la sua. Mica poteva metterla sempre lui la pianta per gli zoccoli. (E se non conoscono il film che se lo guardino..)
Ma dove sono i miei sacerdoti. Sono forse disponibili a barattare la difesa del crocifisso con qualche etto di razzismo. Se esponiamo un bel rosario grande nella nostra casa, poi possiamo fare quello che vogliamo?
Vorrei sentire i miei preti “urlare”, scuotere l’animo della gente, dirci bene quali sono i valori, perché altrimenti penso che sono anche loro dentro il “commercio”.
Ma dov’è il segretario del partito per cui ho votato e che si vuole chiamare “partito dell’amore”. Ma dove sono i leader di quella Lega che vuole candidarsi a guidare l’Italia.
So per certo che non sono tutti ottusi ma che non si nascondano dietro un dito, non facciano come coloro che negli anni 70 chiamavano i brigatisti “compagni che sbagliano”.
Ma dove sono i consiglieri e gli assessori di Adro? Se credono davvero nel federalismo, che ci diano le dichiarazioni dei redditi loro e delle loro famiglie negli ultimi 10 anni. Tanto per farci capire come pagano le loro belle cose e case.
Non vorrei mai essere io a pagare anche per loro. Non vorrei che il loro reddito (o tenore di vita) Venga dalle tasse del papa di uno di questi bambini che lavora in fonderia per 1200 euro mese (regolari).
Ma dove sono i miei compaesani che non si domandano dove, come e quanti soldi spende l’amministrazione per non trovare i soldi per la mensa. Ma da dove vengono tutti i soldi che si muovono, e dove vanno?
Ma quanto rendono (o quanto dovrebbero o potrebbero rendere) gli oneri dei 30.000 metri cubi del laghetto Sala. E i 50.000 metri della nuova area verde sopra il Santuario chi li paga? E se poi domani ci costruissero? E se il Santuario fosse tutto circondato da edifici? Va sempre bene tutto?
Ma non hanno il dubbio che qualcuno voglia distrarre la loro attenzione per fini diversi. Non hanno il dubbio di essere usati? E’ già successo nella storia e anche in quella del nostro paese.
Il sonno della ragione genera mostri.
Io sono per la legalità. Per tutti e per sempre. Per me quelli che non pagano sono tutti uguali, quando non pagano un pasto, ma anche quando chiudono le aziende senza pagare i fornitori o i dipendenti o le banche. Anche quando girano con i macchinoni e non pagano tutte le tasse, perché anche in quel caso qualcuno paga per loro.
Sono come i genitori di quei bambini. Ma che almeno non pretendano di farci la morale e di insegnare la legalità perché tutti questi begli insegnamenti li stanno dando anche ai loro figli.
E chi semina vento, raccoglie tempesta!
I 40 bambini che hanno ricevuto la lettera di sospensione servizio mensa, fra 20/30 anni vivranno nel nostro paese. L’età gioca a loro favore. Saranno quelli che ci verranno a cambiare il pannolone alla casa di riposo. Ma quei giorno siamo sicuri che si saranno dimenticati di oggi?
E se non ce lo volessero più cambiare? Non ditemi che verranno i nostri figli perché il senso di solidarietà glielo stiamo insegnando noi adesso. E’ anche per questo che non ci sto.
Voglio urlare che io non ci sto. Ma per non urlare e basta ho deciso di fare un gesto che vorrà dire poco, ma vuole tentare di svegliare la coscienza dei miei compaesani.
Ho versato quanto necessario a garantire il diritto all’uso della mensa per tutti i bambini, in modo da non creare rischi di dissesto finanziario per l’amministrazione, in tal modo mi impegno a garantire tutta la copertura necessaria per l’anno scolastico 2009/2010.
Quando i genitori potranno pagare, i soldi verranno versati in modo normale, se non potranno o vorranno pagare il costo della mensa residuo resterà a mio totale carico. Ogni valutazione dei vari casi che dovessero crearsi è nella piena discrezione della responsabile del servizio mensa.
Sono certo che almeno uno di quei bambini diventerà docente universitario o medico o imprenditore o infermiere e il suo solo rispetto varra la spesa.
Ne sono certo perché questi studieranno mentre i nostri figli faranno le notti in discoteca o a bearsi con i valori del “grande fratello”.
Il mio gesto è simbolico perché non posso pagare per tutti o per sempre e comunque so benissimo che non risolvo certo i problemi di quelle famiglie.
Mi basta sapere che per i miei amministratori, per i miei compaesani e molto di più per quei bambini sia chiaro che io non ci sto e non sono solo.
Molto più dei soldi mi costerà il lavorio di diffamazione che come per altri casi verrà attivato da chi sa di avere la coda di paglia. Mi consola il fatto che catturerà soltanto quelle persone che mi onoreranno del loro disprezzo.
Posso sopportarlo. L’idea che fra 30 anni non mi cambino il pannolone invece mi atterrisce.
Ci sono cose che non si possono comprare. La famosa carta di credito c’è, ma solo per tutto il resto.
Un cittadino di Adro 

Quel cittadino anonimo ha dato una lezione di etica pubblica  al Sindaco del comune di Adro che aveva sospeso il pranzo degli alunni della scuola materna ed elementare perché i loro genitori non avevano pagato la retta;  con limpida sobrietà ha ricordato a tutti noi che la comunità umana si fonda sulla reciproca solidarietà e sulla dignità di ogni persona, la dignità dei bambini primi fra tutti. Il "Corriere della Sera" ha poi rivelato che quel cittadino della ricca provincia di Brescia é Silvano Lancini. - 14 aprile 2010.

14 aprile 2010

Dietro ai formalismi...le idee

L’obbligo di indossare il grembiule a scuola, come sta avvenendo nel paesino vicino a Treviso, può sembrare buona cosa, ma dietro a “certi formalismi”a volte si celano le idee e convinzioni profonde.
Negli anni settanta, quando si cercava di riformare la scuola con l’introduzione dei decreti delegati e vivo era il dialogo pedagogico- didattico, molti insegnanti preferirono accogliere i loro alunni anche senza il grembiule tristemente nero con tanto di fiocco blu per i maschi e rosa per le femmine.
Stavano cambiando le modalità anche formali della scuola, molte aule si arricchivano di cartelloni colorati, si cominciava a dare importanza alle attività espressive e grafico pittoriche, si introduceva l’attività psicomotoria vista come attività per apprendere e usando la propria fisicità, ampio spazio era dato anche all’attività teatrale. Insomma nuove modalità per aiutare gli alunni a diventare i protagonisti dell’apprendimento, per aiutare i più deboli ad esprimere le proprie potenzialità.
Non era insolito iniziare l’attività puramente curriculare proponendo giochi di psicomotricità, oppure vedere bambini in cerchio seduti per terra che svolgevano attività ludiche o formative. Il tutto facilitava e rafforzava la relazione e creava un clima sereno e gioioso, più consono allo studio e all’apprendimento. In questo contesto il grembiule nero, per tutti uguale, era solo un fastidio, più facile indossare una tuta acquistata al mercato per potersi muovere con agilità.
Inoltre il grembiule nero ricordava a molti di noi l’uniforme usata nel periodo del fascismo e molti insegnanti (non tutti), in collaborazione con i genitori, optavano per un abbigliamento decoroso, ma personale e adatto alle attività che si svolgevano. Ora, è giusto non mostrare l’ombelico, come ho letto sui giornali e avere un abbigliamento decente a scuola, ma non vorrei che dietro all’obbligo del grembiule si celasse una mentalità retriva e riduttiva dell’insegnamento, un ritorno al passato che ora sembra proprio di moda, un segnale che unito ad altri, mi sconforta.
Valentina

12 aprile 2010

Scaffale amico

Giorgio Silvestri
I media della diaspora italiana. Dal bollettino al blog
Madrid, Editrice Ibérica de Cooperacion Europea, 2009, 360 pp.
("Marenostrum, la rivista degli italiani in Spagna e del Made in Italy", 1/6, 2009 numero monografico).

Il libro sarà presentato a Genova per iniziativa dell'Assemblea legislativa della Liguria - Settore Studi, Documentazione ed Assistenza agli Organi Statutari e di Garanzia.  Parteciperanno Giuseppe Di Claudio, giornalista ed editore del volume,  Giacomo Ronzitti, Presidente del Consiglio regionale e l’autore, Giorgio Silvestri.
martedì 13 aprile 2010, h. 15.30
Sala Biblioteca del Consiglio Regionale della Liguria
via D’Annunzio, 38 - Genova

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Abstract del libro
La storia d’Italia è strettamente legata a quella, ben più remota, dell’emigrazione italiana nel mondo e della miriade di giornali e riviste per gli italiani all’estero fioriti dal Settecento a oggi. “L’italiano non era lettore di carta stampata in patria, ma lo è diventato attraversando il mare”, scrisse nel 1975 l’allora ambasciatore della Santa Sede presso l’ONU, Monsignor Giovannetti. L’esigenza di fare rete ha sempre favorito la nascita di giornali e riviste in ogni terra toccata dai nostri emigranti già prima dell’età di Napoleone, quando l'unità italiana era un progetto di pochi sognatori. Con il mutare delle motivazioni e dei numeri delle partenze, la stampa “italica” si amplia e si differenzia al suo interno, intrecciando una fitta serie di relazioni con la madrepatria che sono a tutt’oggi visibili.  Che la questione sia più attuale che mai lo confermano così in primo luogo gli ottocento tra giornali, riviste, radio, televisioni, pagine e portali digitali destinati ai 3,7 milioni di cittadini italiani residenti all’estero, 60 milioni di oriundi e altrettanti italofoni sparsi in ogni angolo del pianeta: non erano mai stati tanti. Se a ciò si aggiungono la recente formazione di organi come il CGIE (Consiglio Generale degli Italiani all'Estero) e i COMITES (Comitati degli Italiani all'Estero) e, soprattutto, il varo della legge 470 del 20/12/2001 che istituisce le circoscrizioni italiane all’estero, il quadro anche sociologico e politico della nostra emigrazione è completo. Tramite l’excursus storico delle migrazioni dall'Italia e un riepilogo dei censimenti e delle politiche che hanno interessato la pubblicistica “italica”, il volume inquadra tutti i media in vita secondo i canali sfruttati, l’area di diffusione, i contenuti e gli scopi perseguiti, in relazione alle più recenti ricerche sui media interculturali. Non mancano poi uno studio dell’auto-organizzazione dei media “italici” in organi come la FUSIE (Federazione della Stampa Italiana all'Estero), nè accenni agli organi più significativi, come “Gens Ligustica in Orbe”, “La Voce d’Italia” di Caracas, o il recente canale Rai International. Un'attenzione costante viene infine prestata al ‘come’ e al ‘perchè’ della progressiva perdita della lingua italiana presso gli emigrati e i loro discendenti. Primo scopo di questo scritto è inquadrare le sfide che più da vicino riguardano le testate per e sui cittadini italiani all’estero, non solo in termini di mercato di linguaggio ma guardando ad esempio anche all’afflusso di fondi pubblici e privati, tanto più decisivi per i periodici di ridotte dimensioni; decisiva è infatti l’influenza che questi organi possono avere sull’opinione degli (ex) emigrati circa l’Italia o il loro Paese di residenza. Anche in questo contesto i media si rivelano una volta di più specchio del cambiamento “glocale”, nonché un veicolo di promozione sociale e di rivendicazione politica, economica e culturale. Alla vigilia dell’anniversario dei 150 anni dell’Unità d’Italia, queste pagine intendono ricordare che anche noi italiani siamo stati in tempi non lontani “ecuadoriani”, “albanesi” o “marocchini” con in mano una valigia piena di culture, dialetti, tradizioni e sogni di una vita migliore.
L’autore
Giorgio Silvestri, nato a Recco (Genova) nel 1984, ha conseguito la laurea specialistica in Scienze Politiche all'Università degli Studi di Genova nel 2008. A seguito di un percorso Erasmus presso la Universidad Complutense de Madrid si è stabilito nella capitale spagnola, dove ha ottenuto una borsa di studio per il Master in Giornalismo organizzato dal quotidiano "El Mundo"; ha svolto tirocini presso la redazione spagnola dell'Agenzia Ansa e l'Ambasciata d'Italia in Spagna. Nel 2009 ha ottenuto il Premio internazionale di giornalismo “Gaetano Scardocchia” per la sua tesi di laurea specialistica, pubblicata per iniziativa di Marenostrum.
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11 aprile 2010

Noi qualunquisti idealisti

Ascoltando la radio nel tragitto verso casa qualcuno ha parlato della “generazione dell’ignoranza”, e cose simili. Le etichette che ci danno (a noi giovani, intendo) sicuramente non sono nulla di nuovo, insomma non dobbiamo certo stare qui ad approfondire la questione del gap generazionale, tantopiù che io stessa, alla veneranda età di 23 anni già mi permetto di criticare il malcostume dei giovani, i ragazzini, suscitando spesso l’ilarità dei miei genitori.
Ma c’è una cosa che davvero fa riflettere, e davanti alla quale bisogna arrendersi: il disinteresse di molti di noi verso la vita politica e sociale. E la riflessione, una volta tanto, non viene da una voce indignata ma da qualcuno che, come me, si sente all’interno di questa strana (ma forse no) corrente.

Dopo aver letto l’intervento su questo blog “Italia amore mio” di Alessandro Ferraro mi sono soffermata sul testo di Cristicchi da lui citato. È vero, noi di questa generazione - se così volete chiamarla, ma io non ritengo c’entri molto l’età – siamo stanchi di lamentele, non vogliamo più sentirci dire che tutto va male, che erano belli i vecchi tempi. Abbiamo reagito e pensato che, se è tutto un magnamagna come da sempre ci dicono, tanto vale lasciar perdere. Ci basta vivere sereni e combattere le piccole ingiustizie, non importa da quale bandiera provengano. Ma non pensiate sempre che siamo superficiali. C’è sicuramente una buona parte di disinteressati (chiamiamoli così, per intenderci) che pensa solo al televoto e all’ultima conquista della starletta di turno, ma c’è anche chi gira la faccia a seguito di una delusione profonda. Non vorremmo arrenderci, perché così non cambierebbe mai niente, ma non sappiamo adeguarci. Ci capita di ascoltare per ore ammirati gente piena di ideali che, dopo cinque minuti, ti prende per pazzo perché non hai accettato una raccomandazione o non hai scelto la strada più facile. Gente che milita in partiti cosiddetti liberali o in credo religiosi che poi ancora ha il coraggio di usare “gay” o “handicappato” come insulto.

Insomma, siamo scoraggiati. Ma questa non vuol essere un’altra lamentela, altrimenti predicherei bene e razzolerei male. Tantomeno vuol essere una giustificazione per l'ignoranza. Vorrei solo dar voce (mi permetto di farlo) a coloro che magari non sanno ancora bene come funzionino i partiti o facciano fatica a ricordare i nomi di qualche importante giornalista (lacune sicuramente da colmare, ben inteso), ma che il cambiamento lo vogliono fare davvero, e dall’interno di se stessi. Iniziare a non buttare la cartaccia a terra e a fare la differenziata invece di lamentarsi che il sistema di smaltimento rifiuti del comune non funziona. Iniziare a credere che ce la si può fare anche senza dover chiedere favori, con buona volontà e predisposizione alla cosiddetta gavetta. Se tutti facessero la fila per prendere l’uscita dell’autostrada invece di cercare di saltarla ci si metterebbe un minuto.
Protestare, manifestare, è lecito e giusto, e informarsi è un diritto e un dovere. Ma, forse, basterebbe iniziare a comportarsi bene. Dentro e fuori.

Non so, forse il mio può sembrare moralismo o qualunquismo, ma provate, solo per un giorno, a comportarvi non dico secondo morale, ma nel modo più corretto possibile, senza nuocere all’altro e guardando oltre il vostro naso. Ventiquattr’ore. Proporrei un esperimento con un piccolo gruppo di persone, giusto per tirare le conclusioni. Intanto potreste aggiornarvi su tutto quello che di politico e attuale c’è da sapere. Tutto sommato, proporrei una tregua, una via di mezzo tra le nobili nuvole degli ideali e il comodo, materiale terreno della vita pratica. In medio stat virtus, ma forse anche questo lo prenderete per facile moralismo.

Alessia Rizzo

Il reale che, irreale, muove

Leggo quasi sempre con le cuffie alle orecchie, ma perché questa volta le lacrime agli occhi? Certo, la musica amplifica le emozioni; certo la notizia era effettivamente emozionante: l’incidente aereo che ha distrutto la dirigenza polacca. Sono morti il presidente Lech Kaczynski, il capo di stato maggiore e il governatore della banca centrale, il viceministro degli Esteri e altri tredici ministri, l'ex presidente Ryszard Kaczorowski e alcuni deputati, il candidato conservatore alle prossime presidenziali e il vescovo cappellano dell'esercito. Erano in 88 della delegazione e 8 dell’equipaggio, tutti sullo stesso aereo che stava atterrando sul suolo russo. Perché mi ha colpito, commosso? Ma lacrime strane, come estranee: non quelle del patriottismo italiano o snobismo occidentale (è brutto ma lo scrivo: sono lacrime diverse quelle del terremoto d’Abruzzo rispetto a quello di Haiti, sono emozioni diverse quelle attese dopo gli attentati di New York, Madrid e Londra rispetto a quelli possibili e perduri in Sud America). Perché? Perché per la Polonia è accaduto altro ancora, inedito? Una tragedia aerea è sempre un “che cosa” interessante, una foresta nebbiosa è sempre un “dove” inquietante. Il “chi” si è saputo in un attimo, un battito e il lutto, mentre il “perché” ancora no. Il “quando” è lo stesso inizio aprile del tanto temuto e taciuto massacro di Katyn del 1940. Rispondere alle cinque w non risponde alla mia domanda però: perché mi ha colpito, commosso e così? Ho cercato di parlarne con amici e nessuno è sembrato avvinto quanto me; ho provato a cercare delle analisi e nessuno è sembrato attratto quanto me. Perché? Non mi sono mai interessato alla Polonia, non sono mai stato a Varsavia o Cracovia. Non sapevo nulla di più di quanto non sapessero tutti dei flagelli del Novecento e dei gemelli di questo momento. La mia emozione credo sia tutta dovuta all’irrealtà di questa realtà. Non quella urlata che mi fa esclamare “ma perché sono andati tutti con lo stesso aereo?”, ma l’irrealtà intima che mi fa sussurrare cose senza senso e che mi fa, ancora più intimamente, pensare a un romanzo: che tutto sia letteratura. La Polonia con la sua storia si presta a questa protesta: è tutto irreale, letterale? Le sue spartizioni e le sue sottomissioni, le indipendenze e le insurrezioni, le guerre mondiali e i regimi comunisti, per non parlare di Wojtyla. Tutto ciò è l’accaduto, il “successo” del tempo complesso. Per l’Italia o per la Francia e l’Inghilterra (nazioni da sempre, fuori e dentro noi) si chiamerebbe, se non “nostra vita”, comunque “nostra storia”, per la Polonia (certo meno di Haiti e Cile per esempio) non è né vita né storia: forse un libro. Ho trovato la via di mezzo tra le lacrime partecipi, preziose e personali delle nostre storie e le lacrime languide, leziose e lontane delle altrui storie: sono quelle del lettore? Ecco perché quando ho letto, con le cuffie alle orecchie e le gocce agli occhi, della Polonia mi sono commosso: stavo leggendo un libro. Non una storia lontana mari e monti, ma nemmeno la storia dei miei luoghi; solo un libro. L’irrealtà di certa realtà. Credo sia sbagliato e squallido tutto questo, forse anche cercare di capirci qualcosa, del resto. Forse no. Con sincerità.
Alessandro Ferraro

Dalla carta al web: questioni di leggibilità del quotidiano

Aprire un quotidiano, tuffarsi nella lettura: gesti semplici che compiamo ogni giorno senza pensarci. Eppure il formato tipico di un quotidiano cartaceo, può essere una insormontabile barriera per molte persone (soprattutto anziani e disabili) che per mancanza di forza o difficoltà di movimento non riescono a sorreggerlo e sfogliarlo.
Prendendo spunto dalla nuova veste e dal nuovo formato del "Secolo XIX", si è avuto modo di accennare anche a queste problematiche con il Direttore Umberto La Rocca, durante l’incontro “Il giornale utile” tenutosi all’Università degli Studi di Genova il 10-3-2010.

Formati “diversamente” leggibili: dalla carta al web
Dice La Rocca che quando ha pensato ad un formato diverso per il Decimonono, la sua preferenza sarebbe andata addirittura al piccolo e maneggevole “Berlinese” classico; ma già la nuova misura un po’ accorciata delle pagine del Decimonono ha avuto riscontro positivo, è risultata gradita al Pubblico, ottenendo anche un risparmio notevole sui costi.
Racconta qualche aneddoto sull’imprevedibilità del feedback: alcuni taxisti hanno apprezzato di poterlo finalmente leggere appoggiato sul volante (guidando? Si spera di no), altri lettori hanno riferito che così sembra più largo e sembra pesare di più (esatta considerazione dato che ha più pagine di prima).
E’ indiscutibile comunque che la qualità della nuova veste vada a beneficio di molti lettori, anche disabili; essa deriva da un mix di elementi: formato di misura contenuta quindi maneggevolezza, stampa più nitida di testo e foto quindi miglior leggibilità (specie per chi ha problemi di vista), impaginazione più ordinata offrendo al lettore un miglior orientamento nella pagina e facilità di approccio ai contenuti.
Siamo in un’epoca di transizione, ha detto il Direttore, e in futuro assisteremo alla graduale scomparsa del quotidiano stampato su carta così come lo conosciamo oggi, a favore di altri media, in primis il web.
La versione cartacea avrà quindi sempre meno importanza e sarà cruciale la versione elettronica che, già adesso, è quella più apprezzata dai disabili stessi specie i giovani, perché fruibile in piena autonomia tramite un computer e le personali tecnologie informatiche di aiuto; il Direttore ha annunciato che sta valutando di “creare condizioni economiche di favore per determinate categorie di lettori, sulle versioni Internet del quotidiano”.
Ma, attenzione, persino nelle pubblicazioni online la barriera è in agguato se il sito web non risponde ai requisiti di accessibilità stabiliti in Italia da apposita Legge (Legge 4/2004).

Alcune esperienze per facilitare la lettura a persone disabili:
-“La Stampa” online compatibile con gli strumenti di web browsing utilizzati da persone con disabilità visiva, in accordo con l'Istituto per i ciechi di Bologna.
-Edizioni in braille: "Braille News", settimanale d'informazione allegato a “Il Tempo” e il trimestrale “Sesto senso” della Regione Toscana.
Non sempre i benefici arrivano da interventi realizzati ad hoc per le persone con disabilità: Youtube inserirà in modo automatico sottotitoli in più lingue diverse, con una soluzione nata per l’intercultura che si rivela utilissima per i navigatori sordi.

Infine, un accenno all'accesso dei disabili alla professione giornalistica. Lo scenario dell’occupazione, in ogni settore è difficile e di conseguenza ancor più lo è per i disabili. La Legge 68 del 1999 in Italia promuove l'inserimento e l’integrazione lavorativa tramite servizi di sostegno e di collocamento mirato”. Ad esempio le aziende che superano i 50 dipendenti devono avere almeno il 7% di personale disabile.
Nel settore dell’informazione la presenza attiva dei disabili non appare significativa; si segnala lo spazio disabilità sul “Redattore sociale” e la penna di Claudio Imprudente su "Superabile", portale Inail di informazione e consulenza per la disabilità.
Anche se “i tempi non sono favorevoli” l’invito di La Rocca è quello di guardare con maggior attenzione alle pratiche, alle forme e agli strumenti della comunicazione, perché “i risultati si ottengono, quando si punta in alto, si ha fiducia in sé” e questo, forse, è un po’ il noto punto debole di tutti noi liguri.

Silvia Dini

Università degli Studi di Genova
Corso di Laurea magistrale interfacoltà in Informazione ed Editoria
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Il quotidiano e i lettori diversamente notizi..abili

Nell’incontro “Il giornale utile” all’Università degli Studi di Genova il 10-3-2010 il Direttore del quotidiano “Il Secolo XIX” ha toccato molti temi importanti per chi aspira alla professione di giornalista; durante il dibattito con gli studenti è stato invitato a esprimersi anche su un argomento in genere poco considerato, cioè il rapporto fra i disabili e la stampa; la domanda “Direttore, ci pensa ai lettori disabili? e alle notizie che li riguardano?” pur riscuotendo, sul piano umano, un prevedibile consenso, ottiene risposte non entusiasmanti: “Purtroppo ammetto che sono considerati molto poco”, esordisce Umberto La Rocca, poi confermando in gran parte lo scenario sul rapporto fra stampa e disabilità descritto in questa piccola indagine.
Chi sono e quanti sono i lettori diversamente abili
Ci sono diverse ampiezze e significati da dare al termine disabilità. In passato si è ritenuta disabile ogni persona con un qualche tipo di menomazione. Più di recente l’Organizzazione mondiale della Sanità propone un approccio culturalmente rivoluzionario, secondo il quale tutte le persone sono da considerarsi uniche e diverse. Si sposta l’attenzione da “quello che manca” a una persona, a “quello che può fare”, senza ignorare le oggettive differenze, specialmente manifeste nei “modi” in cui si possono fare le cose. Ne deriva la rapida adozione nel vocabolario comune dell’espressione “diversamente abile”.
Secondo l’Istat (www.disabilitaincifre.it ) in Italia ci sono ~3.000.000 di persone disabili (di cui 60% donne e 40% uomini) pari a circa il 5 % della popolazione; in Europa si stimano circa 50 milioni le persone con disabilità o fasce deboli, pari al 10% circa della popolazione complessiva (fonte: www.edf-feph.org).
Significa che circa il 14 % delle famiglie italiane è interessato al tema.
Sono numeri importanti di un target di mercato ma, risponde il Direttore La Rocca, considerata la crisi e le difficoltà generali di mercato dei quotidiani, nella sua professione si è costretti a ragionare sul modello di “lettore indifferenziato”.
I criteri di notiziabilità rispetto ai disabili
Conferma il Direttore Umberto La Rocca che in genere l’attenzione ai disabili è poca, perché “andare a cercare questi lettori è costoso”; infatti, osservando per un periodo i quotidiani, si scopre che le notizie originate dalla difficoltà del vivere diversamente emergono solo quando diventano acute, esasperate.
Quando le Amministrazioni pubbliche creano o potenziano servizi; allora l’articolo o il comunicato, esce sia per giustificare la validità della spesa pubblica, sia per dare informazione a tutti i potenziali beneficiari. Esempio da "Il Secolo XIX" del 2 marzo 2010: “Atc: 20 nuovi bus per disabili. Sono circa 12 mila i cittadini della provincia affetti da disabilità. Per la maggior parte si tratta di persone rese disabili dall’età, oltre che invalidi civili con minorazioni congenite o acquisite, sordomuti e ciechi. Per favorire la loro mobilità l’Atc immetterà presto in servizio 20 nuovi autobus dotati di piattaforma per il carico delle carrozzelle mentre alcune delle principali fermate cittadine saranno modificate con idonee aree di sosta. Per questi lavori il Comune della Spezia ha stanziato 50 mila euro. Da parte sua la società “Radiotaxi” si doterà di un taxi in grado di accogliere una carrozzina (quelle a motore infatti non sono pieghevoli) che opererà a tariffa convenzionata e del quale avranno la chiave tutti i tassisti per poter svolgere il servizio speciale a chiamata.”
Quando “è cronaca degli eccessi”, fa notizia. Da accadimenti locali, ad es. “Violenta disabile, in manette un tassista”, “Badante rapina la catenina al disabile che assiste”, al caso planetario delle condanne a tre dirigenti di “Google” (proprietaria di YouTube) per il video di un disabile picchiato; o il caso italiano del gruppo su Facebook con l’invito a fare tiro al bersaglio con i bambini Down. L’autore, presto individuato, era folle; ora dovremmo piuttosto preoccuparci dei duemila che si sono iscritti!
Quando la burocrazia ne combina una delle sue, fa sempre notizia. La Legge 104/92 (cfr www.italia.gov.it ) descrive le molte agevolazioni previste per i disabili per compensare le difficoltà inevitabili della loro condizione. Ma, nella pratica, ottenere l’applicazione del diritto può diventare esasperante; le lettere nelle rubriche accolgono spesso lo sfogo dei lettori disabili. Alcune di queste testimonianze hanno toni decisamente un po’ sopra le righe, sebbene giustificabili. Un esempio da "Il Secolo XIX" di Genova del 22-1-2010 “Disabile multata perché passa nella ZTL” storia di lotte impari fra autorizzazioni e deroghe da ri-dimostrare continuamente, al punto che la protagonista esasperata invoca la velocità decisionale dei forni crematori… affermazione decisamente forte, ma se voleva colpire c’è riuscita. Viene da chiedersi se la frase sarebbe accettabile, qualora scritta da altro lettore egualmente esasperato ma non disabile o piuttosto cancellata di netto, non fosse altro perché di cattivo gusto.
Ma della difficoltà di dare equo spazio a tutti e anche dei toni più corretti per trattare temi così delicati non c’è stato modo di approfondire con il Direttore che, però, ha auspicato in un maggior contatto diretto fra cittadini e redazione del "Secolo XIX" specie per le segnalazioni di “cosa non va in città”.
I disabili, genovesi e liguri, oltre che le persone che stanno accanto a loro, intanto non dovrebbero lasciarsi sfuggire questo spazio!
Silvia Dini


Università degli Studi di Genova
Corso di Laurea magistrale interfacoltà in Informazione ed
Editoria

09 aprile 2010

In libreria

Gian Carlo Ferretti - Stefano Guerriero
Storia dell'informazione letteraria in Italia. Dalla terza pagina a internet (1925-2009)
Milano, Feltrinelli, 2010, 451 pp.
Scheda
La prima storia organica e completa dell’informazione letteraria dal fascismo a oggi, su terze pagine e supplementi, riviste letterarie e mensili librari, fogli politici e settimanali di attualità, rubriche radiotelevisive e siti internet. Un reticolo fittissimo di tendenze critiche e formule informative, che si articola nel vivo dei processi sociali e della spettacolarizzazione mediatica, della produzione e del mercato editoriale, dei dibattiti intellettuali e del lavoro di critici come Cecchi e Montale, Pampaloni e Pasolini, Baldacci e Cherchi, via via fino alle ultime generazioni. Tutto questo attraverso un discorso che armonizzando la rigorosa documentazione di prima mano e il vivace gusto dell’aneddotica, lo studio e l’intervento, il manuale e il racconto, con tante piccole e grandi riscoperte e scoperte, si rivolge sia agli operatori dell’informazione e dell’editoria, sia ai docenti e studenti delle discipline relative, sia al pubblico dei lettori.

*Leggi  tutto
*Link alla Presentazione video degli autori sul sito dell'editore Feltrinelli
* link alla recensione di Paolo Mauri, La terza pagina. Raccontare la cultura da Moravia al blog,  "La Repubblica", 8 aprile 2010.

06 aprile 2010

In libreria

Giuliano Galletta
Il mondo non è una pesca. Frammenti di informazione globalizzata

Prefazione di Moni Ovadia
Illustrazioni di Luca Ottonelli
Granarolo dell'Emilia (Bologna), Edizioni Socialmente, 2010.

Calzini bucati di Alan Greenspan e la personalità carismatica, la Biennale di Venezia e la morte di un commesso di Wal-Mart, il robot cannibale e le espadrillas, preti atei e atei devoti, lo stile degli sms e il Farmer market, Berlusconi e il venditore di aspirapolvere, il boomerang dell’astronauta e casa Savoia, Heidegger e l’uomo-cannone, statue egizie e vacche sacre. A volte una piccola notizia che non conquista le prime pagine dei giornali, i siti più letti o le aperture dei tg, ci restituisce lo Zeitgeist meglio dei Grandi Eventi. Anche questi ultimi però, se osservati da punti di vista marginali, possono rivelare aspetti inattesi. Giuliano Galletta, giornalista abituato a schivare gli schemi correnti della comunicazione, tenta nel suo nuovo di offrire ai lettori, con l’arma di un’ironia acuta, abbastanza impietosa, ma umanamente partecipe, un piccolo manuale di autodifesa dall’inarrestabile offensiva della comunicazione “amministrata”, raccontando il mondo come un puzzle in cui a volte le tessere più impensate trovano il loro sorprendente incastro.
*Leggi la scheda completa sul sito dell'editore Socialmente.

Il libro sarà presentato al Museo Luzzati di Genova mercoledì 7 aprile 2010, ore 17.30 con la partecipazione di Moni Ovadia, autore della Prefazione, Gian Piero Alloisio e Nando Fasce. Nello stesso giorno sarà inaugurata la mostra "Il mondo non é una pesca. Frammenti di informazione globalizzata" di Luca Ottonelli, autore delle illustrazioni del libro. La Mostra sarà aperta dal 7 al 18 aprile 2010. (link al sito del Museo Luzzati).
 
*evento segnalato da Armus- Archivio Museo della Stampa  di Genova

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05 aprile 2010

In libreria

Sylvie Tissot e Pierre Tevanian
Les mots sont importants - 2000/2010
Paris, Editions Libertalia , 2010, pp. 296.


*link alla Presentazione del libro dal sito dell'editore editionslibertalia
*leggi l'Introduzione, pp. 3-19.

03 aprile 2010

Genova in libreria

Sergio Maifredi
Una regia per Genova. Cronache spettacolari da una città sequestrata (dai Comunisti)
Genova, De Ferrari, 2010, pp.128.
Dalla penna di un regista teatrale genovese doc, titolare della rubrica “ Note di regia” sull'edizione genovese de Il Giornale, nasce questa raccolta di articoli nei quali si affrontano e commentano i grandi temi culturali che hanno coinvolto Genova dal 2007. La cronaca della città partendo dal mondo, ritenuto periferico, della cultura, attraverso lo sguardo di Sergio Maifredi, candidatosi alle scorse elezioni per il consiglio comunale nelle liste di Forza Italia e quindi automaticamente eretico rispetto al suo mondo, “ altro” dalla stragrande maggior parte dei suoi colleghi. Ma i suoi articoli hanno dimostrato di non essere riconducibili agli schemi precostituiti e inutili destra-sinistra: a fianco di pezzi molto polemici nei confronti dell’ amministrazione comunale di centro-sinistra, ce ne sono altri in cui riconosce agli amministratori il merito di opere e iniziative culturali lodevoli.
[ leggi tutto sul sito dell'editore De Ferrari].

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02 aprile 2010

In libreria

Pantaleone Sergi - Elida Sergi
'Stampa migrante'. Giornali della diaspora italiana e dell'immigrazione in Italia
Soveria Mannelli (CZ), Rubbettino, 2010, 214 pp.

recensione AGI
"E' un lavoro accurato, una ricostruzione della presenza di giornali italiani nei singoli paesi di emigrazione. Perché ovunque gli italiani si insediarono per motivi economici o per altro scopo, dal Transvaal alla Cina, dalle Americhe, all'Australia, dai paesi che si affacciano nel Mediterraneo (Grecia, Egitto, Tunisia, Malta, ecc.) a quelli dell'Europa, li' essi stamparono i loro giornali intesi come trattino di congiunzione tra la madrepatria e il paese di accoglienza. Fogli di ogni tipo, periodicita' e orientamento, dall'Ottocento in poi sono apparsi soprattutto laddove le navi conducevano ogni settimana migliaia di disperati partiti in cerca di una nuova vita e di una patria di adozione. Pantaleone Sergi, per anni inviato speciale del quotidiano "la Repubblica", insegna Storia del giornalismo all'Universita' della Calabria e hascelto come filone di ricerca quello della stampa italiana all'estero, producendo interessanti saggi dedicati particolarmente alle comunita' italiane in Argentina e in Brasile dove sono stati stampati centinaia di giornali in lingua italiana, tra cui numerosi quotidiani. La stampa etnica italiana. ovviamente, ebbe il suo massimo splendore all'apice della presenza italiana nei vari paesi d'immigrazione. Allo stesso modo, anche gli immigrati in Italia (Sergi ricostruisce la storia recente dell'immigrazione nel nostro paese) hanno dato vita a una loro stampa e, piu' in generale, a un giornalismo multimediale. In questo volume, arricchito da un contributo di Elida Sergi sulle testate degli emigrati nel nostro paese, viene condotta un'indagine "a specchio", che puo' aprire nuovi spunti e inediti scenari di analisi per la storiografia sui movimenti migratori di massa, tra le pagine ingiallite dei periodici dell'emigrazione italiana e quelle fresche d'inchiostro dell'immigrazione in Italia. Sergi, infatti, ricostruisce la storia degli stessi giornali, degli uomini e delle donne che li hanno animati e li animano in funzione di autorappresentazione collettiva, autodifesa sociale e conservazione identitaria. Verificando consonanze e diversita', affiorano evidenti le identiche motivazioni e l'identico obiettivo che le comunita'immigratorie assegnano ai loro mezzi di comunicazione". (AGI)

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