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02 luglio 2011
Libri da ardere
E tu, quale libro salveresti dalle fiamme a costo della vita?
Si scatena il fuoco ed ecco materializzarsi l’inferno tragico della guerra scandito dai colpi di cannone. E come contrappunto si scatena il gelo con l’inverno pungente che penetra con cinismo nei corpi e nei cuori. Nessuna via d’uscita, tutto intorno è distruzione e morte. C’è una guerra da combattere ma il campo di battaglia non è l’unico “teatro” a vederla protagonista, si assiste ad un conflitto interiore, egoistico, un singolare ménage a trois: il professore, l’assistente e la giovane studentessa costretti dai sanguinosi eventi ad una convivenza forzata. Fabio Rivieccio con la Compagnia dello Scagno, al Teatro Instabile di Genova mette in scena l’unico testo teatrale di Amélie Nothomb, con sobrietà, ironia ed eleganza.
Una città sotto assedio, bombardamenti, spari risuonano come stridenti melodie per le strade al ritmo delle urla straziate e strazianti, un’università centro della più effervescente attività culturale ridotta ad un cumulo di macerie. Simboli di una realtà, di un’umanità disarmata, lacerata, offesa. La guerra spoglia gli animi, li mette a nudo in tutta la loro aggressività, ferocia quasi animalesca per godere di quel calore, unico sottile barlume di sopravvivenza, in un appartamento sempre più gelido e ostile. Ed è proprio quell’appartamento, strabordante di libri, il set dal quale si dipana la storia dei tre. Al centro della scena, il motore della vita e unica ancora di salvezza, una stufa metafora di esistenza per questi sopravvissuti e inferno distruttivo per la letteratura. Le drammatiche circostanze suggeriscono a Marina, fidanzata di turno di Daniel e amante per necessità, per istinto di sopravvivenza, dell’accademico, a bruciare i libri per riscaldare quelle fredde mura.
La selezione dei libri da ardere è inizialmente appannaggio della cattiva letteratura che paradossalmente non coincide con quella rigettata dai cattedratici: ironia della sorte, proprio quella letteratura oggetto di dissertazioni, commentata e celebrata durante le lezioni dal professore è la prima ad essere mandata al rogo, mentre un romanzetto d’appendice Il ballo dell’osservatorio, sottovalutato, deriso sarà destinato ad essere l’ultimo libro superstite.
Ed è proprio Marina, fautrice e ispiratrice dell’arsura dei testi universitari, ad aggrapparsi a quel romanzo. Lo difende con tutta la forza che gli è rimasta in corpo, a costo di esaurire le restanti energie come se fosse l’ultimo suo legame con la vita. D’altronde il valore di un libro non si misura dalla profondità dei temi trattati o dalla notorietà dello scrittore. C’è di più. Molto di più. C’è il valore umano che “trasuda” dalle sue pagine, c’è un ricorso ai propri ricordi, alle proprie fantasie, alle proprie emozioni. Il ballo dell’osservatorio è inquisito, sembra quasi un condannato a morte in attesa di essere giustiziato. Nessuna amnistia. È costretto ad ardere, questa è la sentenza, per soddisfare un bisogno, questa volta no, non della mente ma del corpo. La sua ultima fiammata, quel momentaneo calore sprigionato e poi il vuoto, implacabile cala il gelo. Scaffali vuoti. Nessun combustibile da bruciare per continuare a sperare, per vivere. È giunto il momento. Non rimane allora, che accelerare i tempi. Il loro tragico destino è segnato, la gelida grande piazza li attende. E quasi fosse una “litania” umana uno dopo l’altro vanno incontro alla morte per tornare cenere, in compagnia di quella stessa cenere che per antitesi li ha ancorati saldamente alla vita e che in quella stufa ha trovato il suo sepolcro.
Libri da ardere andato in scena, il 14 e il 15 maggio, può contare su un trio di interpreti molto affiatato e ben collaudato, a partire da Massimo Orsetti, che con grande ironia e spirito di immedesimazione ha reso al pubblico un’interpretazione magistrale del professore di letteratura. Le sue movenze sul palco erano naturali, il suo viso mascherava bene ogni emozione vissuta dal suo personaggio, a lui si contrappongono i due giovani. Lo scettico e irreprensibile Daniel, interpretato egregiamente dall’attore Andrea Scarel. Una prova di carattere la sua, ha “vestito” con assoluta naturalezza e carisma il giovane assistente universitario. Infine l’inquieta, profonda e nevrotica Marina, interpretata dalla bravissima Licia Di Cristina che con disinvoltura ha dato il giusto contributo al suo ruolo senza mai essere troppo scontata e melodrammatica.
In un Teatro Instabile pullulante di ricordi, si incontrano per le scale come antichi pezzi da mausoleo, abiti andati in scena a decretare il successo di una qualche rappresentazione, locandine incorniciate ai muri a rappresentare il passaggio di compagnie di attori. Accogliente e avvolgente l’aria che si respirava a pochi minuti dall’inizio del dramma teatrale.
Lucy Giovanna Principato
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