Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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30 aprile 2012

“Visse, scrisse, viaggiò, cioè naturalmente fuggì”

“E’ stato un partigiano della verità”: la prefazione del libro La forza di Sisifo un volume interamente dedicato alla figura di Alberto Cavallari, inizia con una citazione del cardinale Achille Silvestrini, poche parole che racchiudono l’essenza e la personalità di una delle più autorevoli firme del giornalismo italiano della seconda metà del ‘900.
La forza di Sisifo è un’opera a cura di Marzio Breda che racconta, attraverso articoli di cronaca, reportage e interviste, ciò che Cavallari ha rappresentato per il giornalismo italiano: l’innovazione.
Alberto Cavallari, nato a Piacenza nel 1927, aveva un approccio molto semplice all’informazione e al mestiere di giornalista. Niente fronzoli, né retorica, ma i fatti riportati esattamente come li vedeva, con chiarezza, acume e obiettività, riuscendo allo stesso tempo a comunicare al lettore la passione dietro al suo lavoro. Leggendo gli articoli raccolti nell’antologia, emerge la capacità di Cavallari di raccontare i fatti di cui è testimone in maniera accurata e precisa, senza dimenticare di citare il dettaglio, a prima vista insignificante, che trasforma quello che potrebbe essere definito un freddo resoconto in un articolo che colpisce al cuore.
Questo accade, ad esempio, nel pezzo che inaugura l’antologia, E’arrivato Munsù Presidente, un articolo che parla del ritorno di Luigi Einaudi alla vita di normale cittadino dopo l’esperienza come presidente della Repubblica. Dalle parole del giornalista, che descrive Einaudi sulla soglia della sua fattoria di Dogliani, emerge il ritratto di un uomo quasi smarrito, che dopo sette anni ritorna alle origini e trova tutto uguale, ma tutto diverso. Questo passaggio è reso da Cavallari con un piccolo dettaglio che ai più sarebbe sfuggito, ma che descrive alla perfezione il cambiamento. Scrive infatti Cavallari: «Quando Einaudi e donna Ida si mossero per rientrare in casa, il presidente si passò, e non casualmente, il bastone dalla mano sinistra alla mano destra. Qualcuno gli ricordò, allora, che sette anni fa, quando fu eletto, aveva detto: “Nella mia vita cambierà una cosa sola: poiché ora dovrò sempre salutare, dovrò passare il bastone dalla mano destra alla mano sinistra”».
L’articolo su Einaudi è una delle tante perle presenti all’interno della raccolta, che include i reportages di Cavallari sulla rivolta in Ungheria - esperienza che mise a repentaglio la sua stessa incolumità, essendo rimasto intrappolato con una manciata di colleghi alla frontiera- sul disastro in Vajont, e la famosa intervista a Papa Paolo VI, la prima mai rilasciata da un pontefice.
Di particolare interesse è inoltre, a mio parere, il breve articolo su “Che cos’è il giornalismo”: scritto nel 1979, tratta un tema di grande attualità, e sembra prevedere ciò che avverrà alla professione circa trent’anni dopo con l’avvento della tecnologia. L’opinione di Cavallari, giornalista vecchio stampo, trapela dalle parole che Hubert Beuve-Méry, fondatore di "Le Monde" (quotidiano dove lo stesso Cavallari, durante i trascorsi a Parigi, ebbe una scrivania) rivolge a un giovane reporter che parla delle nuove frontiere del “giornalismo elettronico” durante una conferenza: “Che cos’è il giornalismo? E’ la scrittura, signori, non sono pulsanti. E’ riflettere, signori, dentro la scrittura”.
Gli scritti non sono sistemati in ordine cronologico, né seguono pedissequamente il percorso professionale di Cavallari - che per buona parte della sua carriera lavorò al "Corriere della Sera", giornale di cui dovette anche assumere la direzione, su invito dell’allora presidente Sandro Pertini, in seguito allo scandalo che travolse la testata nei primi anni ’80 - ma sono suddivisi in base alla tipologia: “Cronache e reportage“, “Le opinioni, il potere, l’Italia“, “Sul Giornalismo” e “Interviste, inchieste e idee”.
Marzio Breda interviene soltanto all’inizio, con la prefazione, e alla fine, quando in poche pagine riassume la vita di Cavallari: dagli esordi in “Italia libera” al ruolo di corrispondente e inviato speciale per “Stampa” e “Corriere della sera”, arrivando fino al ruolo di editorialista per “La Repubblica” alla morte datata 1998 a Levanto, cittadina della costa ligure di levante, all‘età di 71 anni.
Giornalista, scrittore, insegnante - per molto tempo visse a Parigi, e proprio all’Université Paris II insegnò metodologia dell’informazione - Cavallari fu un vero e proprio pionere del giornalismo, un uomo che, come il mito greco da cui prende il nome l’antologia, portava avanti una sorta di crociata, consapevole di dover ricominciare da capo ogni giorno, e che nonostante ciò non prese mai scorciatoie.
Alberto Cavallari fece suoi concetti come obiettività, imparzialità e professionalità, e per il suo modo di affrontare il mestiere ottenne numerosi premi e riconoscimenti, oltre che la stima di tutti coloro che ebbero la fortuna di conoscerlo.
Andrea Barsanti

Alberto Cavallari
La forza di Sisifo
a cura di Marzio Breda
Torino, Aragno, 2012, 253 pp.

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