La parola chiave è “innovazione”. Per sopravvivere in un mercato sempre più competitivo è necessario individuare i “lettori tipo”, comprendere come attirare la loro attenzione, come fidelizzarli e come aumentare l’audience senza compromettere la qualità dell’informazione. Strategie di marketing e non solo. Serve anche attenzione alla grafica del web, saper trattare la vendita degli spazi pubblicitari e predisposizione a comprendere come fare la differenza in mezzo al continuo proliferare di nuovi concorrenti. Stare al passo con i tempi. Ma in questo quadro di figure specializzate nelle strategie di vendita e di diffusione del prodotto giornalistico che ruolo hanno i giornalisti? Senza di essi non vi sarebbe nulla da vendere, eppure in questo turbinio di novità talvolta viene meno il giornalista dipendente fisso, a favore del free lance, sogno di ogni imprenditore che desidera avere meno dipendenti possibili legati all’azienda.
La ricerca della Columbia University prende in esame anche i nuovi strumenti di condivisione sociale: Facebook, Twitter, Digg e Reddit. Vengono presi in considerazione i social network perché è ormai chiaro il ruolo che questi rivestono nella vita della gente. I ricercatori mostrano come non sia stata ancora individuata una strategia vincente per sfruttare le potenzialità di Facebook e Twitter in quanto l’utente non vi accede con lo scopo di informarsi. Forse l’ispirazione arriva proprio dai social network e le strategie vincenti risultano essere quelle dei blog attivati dai siti di informazione. Blog che invitano gli utenti a commentare e partecipare attivamente; cosa che permette al lettore di non sentirsi un fruitore passivo e non solo, i commenti e i consigli della gente consentono di apportare preziose migliorie al sito.
La ricerca mostra come siano cambiate le cose dalla diffusione delle edizioni cartacee alla fruizione di dispositivi mobili come tablet e smartphone, soffermandosi sull’importanza che le piattaforme digitali hanno per il brand aziendale. I ricercatori non mettono in evidenza solo le strategie positive adottate dalle varie imprese editoriali, anzi, all’interno del manuale si mette in primo piano più volte l’errore spesso compiuto dalle aziende: quello di calcolare i prezzi sui costi e non sul valore che ha il giornalismo digitale. Questo accurato lavoro vuole sottolineare l’importanza che rivestono le edizioni digitali per i fruitori del materiale, in quanto viene data la possibilità di avvalersi di strumenti utili come gli archivi e l’interattività.
Nella grandezza di internet chi non si sa muovere rischia di perdersi. Quando si hanno poche scelte a disposizione è difficile sbagliarsi, ma una piattaforma immensa come internet può rivelarsi dispensatrice di grandi possibilità o landa desolata dove nessun lettore poserà mai lo sguardo. Questo volume in un centinaio di pagine riesce a dare un’idea della situazione in cui si trova l’editoria digitale statunitense. Strategie di mercato, errori commessi dalle imprese più note e meno note e il rapporto storicamente simbiotico tra pubblicità e contenuto che nell’era digitale sta venendo meno. Un consiglio sussurrato lungo tutto il percorso del libro è che la strategia vincente è quella di saper reagire velocemente ai cambiamenti. Una lettura utile per comprendere il panorama del mondo digitale, anche se, considerata la velocità di mutamento dello “stato delle cose”, occorrerebbe leggerla tutta d’un fiato.
Report a cura della Columbia Journalism School, 2011, 104 pp.
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